DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Nell’armamentario ideologico con cui i paesi vincitori del secondo conflitto mondiale inaugurarono un dopoguerra all’insegna di “pace e libertà per tutti”, un ruolo centrale ebbe la creazione del “vinto come mostro” – un procedimento peraltro ben noto alle società di classe. Il nazismo venne così dipinto come una sorta di “buco nero” della storia, come l’emergere di un artiglio ferrato dalle oscure profondità del Male Assoluto, come lo scatenamento degli istinti più crudeli e primordiali. Le prove a sostegno di questa interpretazione erano sotto gli occhi di tutti: i lager, le camere a gas, gli esperimenti del dottor Mengele e colleghi…

Noi comunisti, per prima cosa, lasciamo la disputa oscena sulla contabilità dei morti ai “revisionisti-negazionisti” da un lato e ai “democratici depositari di verità” dall’altro; in secondo luogo, invece di attribuire quelle “piacevolezze” alla follia e crudeltà di uno o più uomini (o, peggio, di un popolo), li riconduciamo alla loro vera radice: a un modo di produzione (quello capitalistico) che, nella sua fase estrema (quella imperialista), porta al parossismo la tendenza alla violenza, alla prevaricazione, alla distruzione, all’annichilimento dell’“altro” (il nemico, il concorrente) che ha sempre avuto, proprio in quanto società di classe. La tremenda sequela di massacri e distruzioni che da due secoli accompagna l’affermarsi prima e il dominio poi del modo di produzione capitalistico è lì a dimostrarlo: dalle sanguinarie espropriazioni dei contadini inglesi e irlandesi fra ‘700 e ‘800 al genocidio degli indiani d’America nel corso di tutto l’800, dalla distruzione di intere popolazioni d’Africa e Asia sotto il giogo coloniale alla violenza incessante del regime di fabbrica in tutto il mondo, dalla repressione feroce dei moti operai in Europa e America culminante in quella dei comunardi parigini del 1871 al genocidio armeno d’inizi ‘900, dalle due guerre mondiali con i loro milioni di morti fra militari e civili ai genocidi di ebrei prima e palestinesi poi, dai massacri della Vecchia Guardia bolscevica nella Russia e dai gulag degli anni ’30 ai furori  polpotiani nella Cambogia anni ’60 e ’70 del ‘900 (sì, signori: piacevolezze, anche queste, del dominio borghese! altro che socialismo, come qualche idiota continua a sostenere!), dallo stato di guerra permanente del secondo dopoguerra a tutti i disastri non naturali prodotti da un modo di produzione che si regge sulla legge del profitto… E scusate se abbiamo lasciato fuori qualcosa.

Ai primi di ottobre, i mezzi di comunicazione hanno riportato una notizia (che, come al solito, s’è subito spenta, a mo’ di lucciola), che non aggiunge molto a quanto già si sapeva di molti altri casi simili, ma che vale la pena di riprendere. Citiamo da La Repubblica del 2/10: “Centinaia di persone infettate con la sifilide e la gonorrea. Bambini presi dagli orfanotrofi e usati come cavie. Prostitute accoppiate ai detenuti per trasmettere il virus. Malati di mente infettati senza saperlo. […] L’infezione fu programmata in due tempi. Prima si tentò con le prostitute (infettando anche quelle sane). Ma la trasmissione via sessuale era troppo lenta e così si passò all’infezione diretta: anche nel pene. Gli esperimenti non portarono neppure a una conclusione e furono abbandonati dopo due anni. Le 700 cavie furono lasciate al loro destino: una su tre senza cure”.

Mengele? No: “Uno ‘studio’ [sulla trasmissione delle malattie sessuali] pagato dal servizio sanitario degli Stati Uniti e condotto naturalmente a migliaia di chilometri da casa: nel Guatemala allora posseduto e controllato dalla potentissima United Fruit Company, la multinazionale USA che verrà ribattezzata Chiquita”… Tutto ciò, fra il 1946 e il 1948 – sì, proprio gli anni in cui gli Stati Uniti celebravano il proprio trionfo come “faro della democrazia”, come “paese della libertà”.

Dirà qualcuno: “Vabbe’, gli errori si fanno… erano anni particolari… la ‘guerra fredda’, ecc.”. Torniamo allora indietro nel tempo di una quindicina d’anni, nel 1932, e trasferiamoci in un paesino del profondo Sud statunitense: Tuskagee, Alabama – celebre nella storia degli afro-americani perché qui venne istituita, negli anni ’80 dell’800, la prima scuola professionale per ex-schiavi. A Tuskagee, lo stesso servizio sanitario degli Stati Uniti di cui sopra condusse un esperimento (durato fino al 1972: fate voi i necessari riferimenti storici!) sulla diffusione della sifilide su 400 mezzadri neri malati: non solo essi non vennero curati con la penicillina (che era già nota come cura negli anni ’30) e furono abbandonati a se stessi, ma l’intera popolazione nera del paese fu tenuta all’oscuro dell’esperimento ed esclusa dalle cure. I risultati sono facili da immaginare: sofferenze, pazzia, morte, diffusione e trasmissione (anche ai nascituri) della malattia. Poi, nel 1972 (l’anno dell’“affare Watergate”), la notizia filtra sulle pagine del “New York Times” – e naturalmente è subito scandalo. Il programma viene precipitosamente chiuso. Qualche decennio dopo, il presidente Clinton chiederà… scusa alla popolazione di Tuskagee (oggi, a chiedere scusa al Guatemala, è il segretario di Stato, Hillary Clinton: una cosa in famiglia).

Come prossimo capitolo, vi proponiamo: “gli esperimenti nucleari nel Nevada”.

 

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°06 - 2010)

 

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