DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Quanto si sta abbattendo sulle spalle della nostra classe, in termini di sofferenze, perdita di sicurezza nel futuro, migliaia e migliaia di licenziamenti mensili, massiccia crescita di disoccupati, cassintegrati e precari, è destinato a generare uno scontro salutare con tutte le illusioni democratiche e legalitarie. Sarà un bagno rigeneratore che spingerà a far sempre meglio da sé, ad accollarsi tutte le asprezze che le lotte comportano, la responsabilità della propria autodifesa, il rischio dell’urto diretto con le forze del nemico nelle più diverse sfaccettature (polizia, partiti, organizzazioni sindacali collaborazioniste, gerarchie di aristocrazia al soldo dei padroni, lavoratori collaborativi) – un nemico che finalmente si vede in viso, duro e intransigente. Contro di esso, si tornerà a scoprire il compagno della catena di montaggio, del reparto, dell’azienda, che non demorde, che urla il proprio disprezzo contro la polizia che attacca la manifestazione e contro gli stessi compagni che, educati al servilismo dalle organizzazioni sindacali corporative, rivendicano un “diritto al lavoro” e la “libertà di non scioperare”. Nulla di nuovo sotto il cielo della lotta di classe!

 Sarà la lotta di una minoranza combattiva a cominciare a corrodere il muro della paziente sopportazione dell’abitudine, della solitudine individuale, dell’autodifesa a colpi di leggi e leggine sul lavoro. Già le lotte che abbiamo visto nel corso degli ultimi due anni hanno manifestato questa necessità di non restare isolati. Anche se si tratta di un numero esiguo, il bisogno di sentirsi uniti (su un tetto, su un carroponte, in un’azione di parziale autodifesa) è il segnale della necessità sempre più sentita di una reale unità fra i lavoratori. Tuttavia, quel numero esiguo non può non mostrare, in modo esemplare, tutte le contraddizioni recenti e passate, sia nelle rivendicazioni sia nei metodi di lotta. Anche qui, novità nessuna.

 E’ certo che il muro del silenzio, quel silenzio che in anni di grandi lotte sociali veniva contrastato dalla trasmissione orale, dal tam-tam spontaneo, organizzato dalle forze operaie stesse sul territorio, nelle (ormai scomparse) Camere del lavoro, nelle associazioni di mutuo sostegno, oggi è riempito dai media, da valutazioni nazionalistiche, moralistiche, pietistiche, statistiche, prodotte dai vari reggicoda del potere.

L’abbandono delle illusioni democratiche e legalitarie seguirà il suo percorso con l’evolversi della crisi stessa. Quello che, in Italia, viene presentato come il caso esemplare della Fiat è solo una proiezione mediatica a uso propagandistico, mentre si combatte una battaglia di difesa quasi “porta a porta”, contro i licenziamenti e la disoccupazione in crescita. A centinaia si contano gli attacchi della polizia che infiltra i suoi agenti nelle manifestazioni per contrastarle: ma la Fiat fa notizia, le altre situazioni non appaiono, non esistono. Le migliaia di cooperative dei servizi con i loro salari di merda, i tempi e i rimi di lavoro ossessivi, l’assenza di qualunque contratto, di qualunque minima difesa sindacale, il ricambio continuo di manodopera come metodo, tutto questo non esiste. Il processo di scomparsa delle aziende per chiusura è continuo, quelle che si spostano dove più bassi sono i salari e più alti gli straordinari e il cottimo sono innumerevoli, quelle in stato di agitazione giornaliero non si contano. La struttura dei servizi (scuola, ospedali, commercio, ferrovie) è allo stato d’improvvisazione organizzativa, di caos generalizzato, e gli scioperi per carenza di manodopera, per blocco delle assunzioni precarie, escono fuori dalle statistiche. In questo enorme paese devastato (ma la situazione è analoga in Francia come in Gran Bretagna, o altrove), si fa dunque passare un battibecco mediatico fra Confindustria e Fiom come se si trattasse di... una vera lotta. La grande macchina produttrice di illusioni non si logora mai: deve continuare con tutti i mezzi a sfornarle, all’unico scopo poi di ingigantirle. Nel tempo della crisi, la produzione di plusvalore si accompagna in forma massiccia alla produzione di illusioni.

La magistratura rinvia in fabbrica i tre operai licenziati della Fiat di Melfi, perchè “non hanno bloccato la produzione” e “non hanno arrecato danni alla produzione”, come riconosciuto dal Pretore del lavoro. E gli operai, seguiti passo passo dai legulei della Fiom e da un codazzo di giornalisti, confermano di non aver fatto... nulla di male: loro non hanno bloccato i carrelli durante il corteo interno, ci mancherebbe altro. Che cosa non si farebbe dire agli operai!? Portavoce com’è della ditta sindacale, c’è da pensare che la Fiom li abbia esposti alle Tv con il loro consenso per dimostrare il loro attaccamento al lavoro e la loro fedeltà all’azienda. Come si obbliga il bambino sorpreso a rubare la marmellata a dichiararsi assolutamente innocente, mentre vorrebbe mostrare con orgoglio la soddisfazione di avere affondato le dita nel dolce proibito, così i tre operai con facce tristi rientrano da innocenti, da anime candide, nella fabbrica e... vengono rinchiusi in un gabbiotto per essere umiliati da tutti – nemmeno il sostegno di uno sciopero da parte degli altri operai. Invece di organizzare ad oltranza il blocco dei carrelli, della linea di montaggio, richiamando gli operai a un’azione di classe, la Fiom ha castrato l’azione di lotta, e non solo quella precedente, ma tutte le possibili azioni di lotta in questo momento. E qual è l’azione conseguente per il torto fatto alla magistratura? Chiamare la mamma-presidente a far da consolatrice. Signori, non esageriamo con la castrazione!

Ecco dunque la Fiom impegnata a elaborare illusioni, a coltivarle e alimentarle! Da queste organizzazioni sindacali, tenersi alla larga! In questo contesto, l’unica alternativa che offrono è il lamento degli agnelli sgozzati per indurre pietà. Via da queste tribune di idioti! Meglio fare da sé, meglio difendersi con le proprie forze, con i compagni più leali e decisi. Queste mucillagini sindacali, che affondano nella palude sociale, hanno in serbo altre azioni gloriose? L’ultima è difendere il vecchio contratto del lavoro, messo da parte come uno straccio per far posto a un altro già firmato dai compari di merendine Cisl e Uil, che sono un’organizzazione di difesa dei lavoratori quanto un boia lo è di un condannato a morte. “Non è possibile – grida il malcapitato agente del lavoro Fiom – i contratti si rispettano!”. Questi venditori di fatica umana dovrebbero essere sì licenziati in tronco e gli operai dovrebbero cacciarli a pedate, perché come “manager del commercio” della forza-lavoro non sanno nemmeno fare il loro mestiere. Chiedono il rispetto delle leggi, degli accordi, della democrazia, della correttezza istituzionale, mentre in massa folle di licenziati, disoccupati, cassintegrati cominciano a muoversi come zombi perché non sanno più cosa fare dopo essere stati lobotomizzati con chiacchiere, con prediche contro la violenza, con la religione del lavoro, con la difesa del sacrosanto rispetto per i “succhiatori di lavoro”.

Nel corso di una crisi di sovrapproduzione, tutti i mezzi per ricominciare il ciclo infernale dell’estrazione di plusvalore sono in atto: aumento della giornata lavorativa, aumento della produttività e dell’intensità di lavoro, ritmi, straordinari, cottimi, ristrutturazioni, diminuzione dei salari, licenziamenti, risparmi su mense e su pause, cambiamenti di livelli, eliminazione di ogni base contrattuale nazionale e dispersione sul territorio, azienda per azienda, riduzione degli ammortizzatori sociali, degli assegni di disoccupazione, delle pensioni... Nulla si salva dal frullatore sociale capitalistico. E gli imbecilli cosa fanno? Invece di dimostrare come sia importante colpire il nemico nel portafoglio, e quanto valga il metodo della lotta ad oltranza, del disfattismo economico, del blocco della produzione, degli scioperi a tempo indeterminato, si crogiolano a dimostrare la “correttezza” del loro agire, della “costituzionalità” della loro azione, della “fede nella democrazia e nella legalità”: questa è la catena massiccia delle illusioni che andrà spezzata, per tornare a far sentire al capitale, ai suoi servi in abito civile e militare, ai suoi tirapiedi e leccapiedi, la forza reale di un proletariato che torni a lottare.

                

                                                                                                             Il Programma comunista, n°5, 2010

 

INTERNATIONAL COMMUNIST PARTY PRESS
ARTICOLI GUERRA UCRAINA
RECENT PUBLICATIONS
  • Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella
    Il proletariato nella seconda guerra mondiale e nella "Resistenza" antifascista
      PDF   Quaderno n°4 (nuova edizione 2021)
  • Storia della Sinistra Comunista V
    Storia della Sinistra Comunista V
  • Perchè la Russia non era comunista
    Perchè la Russia non era comunista
      PDF   Quaderno n°10
  • 1917-2017 Ieri Oggi Domani
    1917-2017 Ieri Oggi Domani
      PDF   Quaderno n°9
  • Per la difesa intransigente ...
    Per la difesa intransigente
NOSTRI TESTI SULLA "QUESTIONE ISRAELE-PALESTINA"
  • Israele: In Palestina, il conflitto arabo-ebreo ( Prometeo, n°96,1933)
  • Israele: Note internazionali: Uno sciopero in Palestina, il problema "nazionale" ebreo ( Prometeo, n°105, 1934)
  • I conflitti in Palestina ( Prometeo, n°131,1935)
  • Gli avvenimenti in Palestina (Prometeo, n°132,1935)
  • Israele: Fraternità pelosa ( Il programma comunista, n°21, 1960)
  • Israele: Il conflitto nel Medioriente alla riunione emiliano-romagnola (Il programma comunista, n°17, 1967)
  • Israele: Nel baraccone nazional-comunista: vie nazionali, blocco con la borghesia ( Il programma comunista, n°20, 1967)
  • Israele: Detto in poche righe ( Il programma comunista, n°18, 1968)
  • Israele: Spigolature ( Il programma comunista, n°20, 1968)
  • Israele: Un grosso affare ( Il programma comunista, n°18, 1969)
  • Incrinature nel blocco delle classi in Israele(Il Programma comunista, n°17, 1971)
  • Curdi palestinesi(Il Programma comunista, n°7, 1975 )
  • Dove va la resistenza palestinese? (I)(Il Programma comunista, n°17, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (II)(Il Programma comunista, n°18, 1977)
  • Dove va la resistenza palestinese? (III)(Il Programma comunista, n°19, 1977)
  • Il lungo calvario della trasformazione dei contadini palestinesi in proletari(Il Programma comunista, n°20-21-22, 1979).
  • In rivolta le indomabili masse sfruttate palestinesi ( E' nuovamente l'ora di Gaza e della Cisgiordania)(Il Programma comunista, n°8, 1982)
  • Cannibalismo dello Stato colonialmercenario di Israele(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Le masse oppresse palestinesi e libanesi sole di fronte ai cannibali dell'ordine borghese internazionale(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • La lotta delle masse oppresse palestinesi e libanesi è anche la nostra lotta- volantino(Il Programma comunista, n°13, 1982)
  • Per lo sbocco proletario e classista della lotta delle masse oppresse palestinesi e di tutto il Medioriente(Il Programma comunista, n°14, 1982)
  • La lotta nazionale dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°12, 1982)
  • Sull'oppressione e la discriminazione dei proletari palestinesi(Il Programma comunista, n°19, 1982)
  • La lotta nazionale delle masse palerstinesi nel quadro del movimento sociale in Medioriente(Il Programma comunista, n°20, 1982)
  • Il ginepraio del Libano e la sorte delle masse palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1984)
  • La questione palestinese al bivio ( Il programma comunista, n°1, 1988)
  • Il nostro messaggio ai proletari palestinesi ( Il programma comunista, n°2, 1989)
  • Una diversa prospettiva per le masse proletarie (Il programma comunista, n°5, 1993)
  • La questione palestinese e il movimento operaio internazionale ( Il programma comunista, n°9, 2000)
  • Gaza, o delle patrie galere (Il programma comunista, n. 2, 2008)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • A Gaza, macelleria imperialista contro il proletariato ( Il programma comunista, n°1, 2009)
  • Il nemico dei proletari palestinesi è a Gaza City ( Il programma comunista, n°1, 2013)
  • Per uscire dall’insanguinato vicolo cieco mediorientale (Il programma comunista, n° 5, 2014)
  • Guerre e trafficanti d’armi in Medioriente (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • Gaza: un ennesimo macello insanguina il Medioriente-Volantino (Il programma comunista, n°5, 2014)
  • L’alleanza delle borghesie israeliana e palestinese contro il proletariato (Il programma comunista, n°6, 2014)
  • Israele e Palestina: terrorismo di Stato e disfattismo proletario  ( Il programma comunista, n°3, 2021)
  • A fianco dei proletari e delle proletarie palestinesi! ( Il programma comunista, n°5-6, 2023)
  • Il proletariato palestinese nella tagliola infame dei nazionalismi ( Il programma comunista, n°2, 2024)
We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.