DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Nel gran Luna Park dell’ideologia dominante, un posto di rilievo è occupato dal baracchino dove si premia chi le spara più grosse: e questa volta la bambolina è andata a Loretta Napoleoni, “economista internazionale che si è formata alla Johns Hopkins University e vive tra Londra, Roma e il Montana”, c’informa il Venerdì di Repubblica del 23/4. Al quale la Napoleoni concede un’intervista illuminante, intitolata “Vi spiego perché, con la Cina, ha vinto Marx”. Un titolo che ci ha fatto sobbalzare: ohibò, vuoi vedere che qualcuno finalmente comincia a capire?! Macché: “Illusion, dolce chimera sei tu”, cantava Aurelio Fierro tanti anni fa, quando la nostra Loretta era ancora troppo piccola per immaginare di vivere un giorno fra Londra, Roma e il Montana...

Insomma, intervistata a proposito del suo libro appena uscito (Maonomics – ghiotta lettura, immaginiamo), la Napoleoni ne infila una dietro l’altra. Ci dice – bontà sua! – che in Cina vige il “capi-comunismo”, modello cui in Occidente bisognerebbe guardare, e naturalmente si affretta a spiegarci di che si tratta e da dove viene fuori. Struttura economica e sociale? Succedersi dei modi di produzione? Lotte di classe? Macché! Avete presente il sangue di S. Gennaro, che basta esporlo ai fedeli adoranti perché si liquefaccia? Be’, qualcosa di simile è successo all’economia cinese: è bastato esporre il “comunismo” al mercato mondiale e – miracolo! – dalla rigidità maoista si è passati alla flessibilità capitalistica modello Hu Jintao... Così, “il modello applicato dalla Cina [sempre a caccia di modelli, questi economisti!], ben diverso da quello sovietico, ha dimostrato la flessibilità necessaria per trarre vantaggio dai profondi mutamenti dell’economia mondiale, e cioè dalla globalizzazione”, sentenzia la Napoleoni. Eravamo quasi tentati di spedirle in pacco dono tutto quanto abbiamo scritto sulla struttura economica e sociale russa e cinese: ma sarebbe stato un po’ come buttare perle agli... esperti!

Le chicche d’altra parte non sono tutte qui. Alla domanda se in realtà poi in Cina non continui a esistere lo sfruttamento, la nostra “romana de Montana” risponde cristallina: “Il libro inizia proprio con una serie di storie di sfruttamento della classe lavoratrice che appartengono agli anni Ottanta e spiega come questo fenomeno sia stato necessario [!!!] per attrarre capitali esteri e modernizzare il Paese [!!!]. Purtroppo la Cina è ancora un Paese in via di sviluppo [???], dove lo sfruttamento perdura, anche se con frequenza e intensità minore rispetto al passato. Come per l’Inghilterra della Rivoluzione industriale, questo fenomeno [udite! udite!] continuerà fino a quando il Paese non sarà pienamente modernizzato”. Capita l’antifona? La modernizzazione elimina lo sfruttamento – come si può ben vedere a Londra, a Roma, e anche nel Montana!... E noi ingenui che credevamo che fosse parte integrante del modo di produzione capitalistico - o almeno così ci era parso di leggere in Marx...

Subito dopo arrivano le ultime chicche napoleoniche. Primo punto: “Marx spiega che anche questa fase [la fase maoista, che sarebbe stata quella della... dittatura del proletariato!] poggia sullo sfruttamento, non più da parte di un’élite, e cioè i capitalisti”. E già qui c’è da restare a bocca aperta. Non basta, però. La nostra ineffabile Loretta, pur di portare a casa la bambolina-premio per chi le spara più grosse, aggiunge: “Dopotutto Marx non ha mai voluto distruggere il capitalismo, ma riformarlo, la sua è un’analisi critica. Deng Xiaoping non ha fatto altro che applicare questa metodologia al sistema economico cinese e ha dato vita a un capitalismo sui generis, riformando il sistema di produzione comunista cinese”... 

E, dopo tutto questo pastrocchio, c’è ancora chi si stupisce che gli esperti borghesi non riescano a capirci un’acca di quanto sta succedendo nel loro modo di produzione capitalistico?!

Un modesto consiglio alla Napoleoni: se ne stia pure nel Montana, magari nell’angolino più lontano e isolato, e lasci perdere Marx e l’economia...


 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°04 - 2010)

 

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