DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

 

 

Nei giorni 28-29/11/2009, s’è tenuta la nostra Riunione Generale, da sempre un momento particolarmente importante nella vita del nostro partito. Nell’insieme, per i temi toccati, i contributi portati dai compagni e dalle sezioni e l’atmosfera di intenso lavoro solidale, si è trattato di un incontro molto positivo, che dovrà ora tradursi nel miglior modo possibile nell’attività del partito tutto.

Dopo un rapporto politico-organizzativo, che ha fatto il punto sullo “stato del partito”, dando a compagni e sezioni indicazioni sul lavoro futuro da svolgere, internamente ed esternamente, sono stati svolti due diversi rapporti (un terzo, sulla “questione nazionale”, è stato rimandato per motivi di tempo): uno sulle “questioni organizzative nel movimento comunista” e uno sugli “aspetti generali della crisi economica”.

Il primo rapporto ha ripercorso la “questione dell’organizzazione” (cioè, la necessità del partito centralizzato e disciplinato) attraverso i dibattiti e gli scontri che storicamente si sono svolti intorno a essa: la polemica nei confronti degli anarchici, la nascita e la struttura della Prima e della Seconda Internazionale e i problemi a esse connessi, la polemica di Lenin con Trotsky e Luxemburg sulla questione del partito, del centralismo, del ruolo direttivo nella rivoluzione e nella dittatura del proletariato, l’apporto della Sinistra Comunista su questo tema contro tutti i “negatori” occidentali del partito (non solo anarchici e sindacalisti rivoluzionari francesi e americani, ma anche ordinovisti torinesi, KAPDisti tedeschi, tribunisti olandesi), la soluzione adottata dalla Terza Internazionale (organizzazione ancora basata da partiti nazionali e incardinata sul partito bolscevico, a discapito di una formazione realmente omogenea di sezioni di un vero partito mondiale), la lotta della Sinistra Comunista in Italia e all’estero contro lo smantellamento anche organizzativo imposto dallo stalinismo nascente e poi trionfante e il bilancio che ne trasse negli anni del secondo dopoguerra (con la riaffermazione del concetto – teorico e pratico – di centralismo organico, contro ogni visione democratica dell’organizzazione interna di partito e delle sue funzioni nei vari campi in cui si esplica la sua attività). Ampio rilievo è stato poi dato all’insistenza del nostro partito nel riaffermare, nell’epoca profondamente controrivoluzionaria che dura ormai da ottant’anni, lo stretto legame dialettico fra princìpi, teoria, programma, e tattica e organizzazione – questi ultimi non essendo campi indipendenti e autonomi (o, peggio, da “inventare” via via) rispetto ai primi; e alle crisi interne che si sono succedute in questi decenni difficili, tutte – non a caso – nate da questioni tattico-organizzative e poi subito riflessesi su un piano teorico-politico, e alle risposte che a esse si sono via via date, nella strenua battaglia per restare aderenti al nostro programma e avvicinare sempre più “partito storico” (la dottrina, la teoria, la tradizione ed esperienza del movimento comunista) e “partito formale” (l’organizzazione che, in termini operativi, deve tradurre quel bagaglio teorico-politico nelle realtà dell’oggi e del domani).

Per quanto riguarda la relazione sugli “aspetti generali della crisi economica”, il relatore ha voluto premettere alcune considerazioni sul rapporto tra astrazione e fenomeno, affermando che non ci deve meravigliare che i cosiddetti parametri, indici, dati, grafici, che vengono forniti dagli economisti borghesi, non abbiano una rispondenza con quelli del Capitale di Marx: la teoria marxista non è una critica della fenomenologia economica, il cui scopo sia di rimettere a posto le relazioni economiche borghesi dando a esse una giusta impostazione (sicché ciò che non è ancora scienza diventi veramente scienza), ma un’arma politica di lotta contro una classe nemica, una “scienza di classe” (di partito) – dunque, orientata ad abbattere il modo di produzione borghese. Tutta la cosiddetta economia della classe dominante è viziata “senza rimedio” proprio da ciò che Marx chiama i “feticci della merce e del denaro”, che nascondono la realtà (in quanto tale, l’economia borghese è profondamente controrivoluzionaria). Lo sforzo dei comunisti rivoluzionari, pertanto, è quello di smascherare il “bagliore” della realtà fenomenica, affinché non venga ad annebbiare la nostra mente. Così, la vera realtà del valore non è situata nella singola merce, nella quantità di denaro, negli scambi, ma nel carattere sociale che quei rapporti fra cose nascondono. Per questo Marx, all’interno del percorso di  estrinsecazione del valore-lavoro (il tempo socialmente necessario alla produzione delle merci), ci fa uscire di tanto in tanto a prendere una boccata d’aria fuori dalla “socialità alienata”, per farci respirare il futuro, il comunismo, in cui non valgono più i valori di scambio.

Dopo questa premessa, le argomentazioni teoriche su cui la relazione si proponeva di diffondersi erano quelle classiche del marxismo, rimandando l’esame dei dati (i nostri dati!) ai prossimi incontri di partito. In estrema sintesi, gli argomenti da affrontare erano: 1) Il legame dialettico tra crisi produttiva e crisi monetario-finanziaria e la critica della loro scissione; 2) La sovrapproduzione di merci e di capitali – e non di prodotti e denaro; 3) La rottura dell’equilibrio dinamico, nel corso delle crisi periodiche, tra forze produttive e rapporti di produzione (o rapporti di appropriazione), la svalorizzazione continua e costante delle merci (il tempo socialmente necessario di produzione contenuto in esse) e gli effetti dirompenti delle crisi; 4) La caduta tendenziale del saggio medio di profitto: aumento della composizione organica del capitale e riduzione del margine di plusvalore nel tempo; 5) Le controtendenze alla caduta del saggio medio, mai scisse dalla tendenza alla caduta: aumento del saggio medio di profitto per attenuare o ritardare la caduta tendenziale, a parità dei costi di produzione e aumento della produttività; 6) La sovrapproduzione totale e parziale di merci e di capitali: l’instabilità sistemica del capitalismo;7) La socializzazione crescente delle forze produttive (composizione organico- tecnica e produttività) e l’appropriazione di classe (rendita, interessi, profitto industriale, profitto commerciale); 8) La crisi odierna: pletora di liquidità e assenza di credito (la funzione del credito come una delle cause delle crisi); 9) Il vulcano della produzione e la palude del mercato (consumo produttivo-improduttivo e velocità di circolazione); 10) La guerra come soluzione estrema (distruzione di capitale costante e fisso, distruzione di impianti e di popolazione operaia attiva e di riserva); 11) Rapporto tra lavoro non pagato e pagato (saggio di sfruttamento) come foriero delle crisi: ovvero, mineralizzazione dell’economia (crescita del plusvalore per produzione di manufatti – mezzi di produzione e di spreco) e riduzione relativa del lavoro necessario – salari (riduzione relativa dell’alimentazione umana); 12) La divaricazione crescente tra i prezzi di produzione nell’industria (in diminuzione) e nell’ agricoltura (in crescita); la funzione della popolazione proletaria; 13) Come si è prodotta la cosiddetta crisi finanziaria: riduzione dei margini di profitto e dei margini d’interesse; la ricreazione delle bolle finanziarie; il sostegno statale al sistema finanziario (l’aumento della liquidità prodotta dal debito pubblico); gli effetti della crisi: l’arresto della produzione e degli investimenti, l’aumento della disoccupazione, inflazione e deflazione; 14) I parametri di Marx: il salario, il plusvalore assoluto e relativo,  il saggio di sfruttamento, il saggio medio di profitto, la massa del profitto, la composizione organica e tecnica, i sovraprofitti (nelle materie prime e nei mezzi di sussistenza), la popolazione proletaria (attiva e di riserva); 15) La centralizzazione e la concentrazione, le fusioni produttive e finanziarie, il crescente parassitismo finanziario; 16) La sovrapproduzione permanente e continua (con il bassissimo saggio medio di profitto, l’altissima composizione organica, l’elevata massa totale di profitti, il bassissimo contenuto di lavoro vivo e i margini ridotti di plusvalore) come indicatore della vicina catastrofe.

Come si vede, la carne al fuoco era davvero tanta e dunque alcuni di questi temi sono solo stati accennati: inevitabile doverci tornare su, nei prossimi incontri e lavori di partito. Ma la relazione è stata utile e importante per mettere a fuoco tutte le questioni e per creare una solida base su cui lavorare, per tenere costantemente aggiornato il... polso della situazione, senza cadere in un approccio puramente statistico, ma sempre ancorandoci alla teoria economica e politica marxista.

La Riunione Generale s’è poi conclusa dopo aver esaminato lo stato della nostra stampa internazionale e programmato a grandi linee i prossimi numeri del giornale in italiano.

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2010)

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