DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Fase dell’organizzazione del proletariato in Partito (Inghil­terra).

 

Premessa.

Nella riunione di Firenze (novembre '63), di cui abbiamo dato i resoconti su questo giornale, si è mostrato il ruolo storico della violenza rivoluzionaria del proletariato durante il grande svolto della Rivoluzione francese. II suo pro­dotto più importante fu il distacco del proletariato dalla borghesia trionfante al cui fianco aveva combattuto in una serie di memorabili "giornate" sostenendone il peso maggiore costituendone la forza motrice, contro le forze reazionarie interne ed esterne. Durante lo stesso processo di sviluppo della lotta armata e attraverso i suoi risultati, sopratutto sul piano politico, il proletariato andò via via acquisendo una più chiara coscienza di classe e una più netta visione dei suoi destini storici. Di qui la sua finale contrapposizione anche alla borghesia, che dei suoi sacrifici sanguinosi aveva raccolto i frutti.

Di qui dunque il suo tentativo di organizzazione autonoma: la nascita del partito di classe col programma sostanzialmente comunista di Babeuf.

Nell'ultima riunione tenuta a Milano nello scorso aprile, abbiamo svolto lo stesso tema del ruolo della violenza ai fini della costituzione del proletariato inglese in "classe per sé", da completarsi prossimamente con il proletariato tedesco. La sintesi dei risultati dei movimenti operai dei tre paesi più avanzati dell'Europa occidentale: Inghilterra, Francia e Germania, troverà la sua affermazione definitiva nella nascita storica del socialismo scientifico di Marx, ovvero del partito mondiale della classe operaia. Alla coscienza di "classe per sé", cioè alla sua teoria ed al suo programma storico, il proletariato perviene attraverso le sue stesse lotte che, è vero, hanno la stessa causa determinante ma rivivono un'impronta diversa a seconda delle condizioni ambientali e storiche dei vari paesi.

Lo studio della "questione militare", che è per noi - fra l'altro - lo studio del ruolo della violenza rivoluzionaria della storia per gli insegnamenti da trarre ai fini della rivoluzione comunista, e, in primo luogo, la ricerca dei più diretti motivi propulsori della guerra di classe.

E, per trattare della guerra di classe che il proletariato ingaggia contro la borghesia, non c’è mezzo migliore che addentrarsi nella situazione della classe rivoluzionaria ove questa e sorta per prima con le sue caratteristiche moderne.

Nella prefazione del 1845 a "La situazione della classe operaia in Inghilterra", Engels parla così in generale: "La situazione della classe operaia  è il terreno reale ed il punto di partenza di tutti i movimenti sociali del nostro tempo, poiché è la punta più alta e più evidente della nostra miseria sociale. II comunismo degli operai francesi e tedeschi è il suo prodotto diretto: il fourierismo ed il socialismo inglese, come pure il comunismo della borghesia colta tedesca, ne sono il prodotto indiretto". (Nel seguito citeremo spesso questa meravigliosa opera di Engels contraddistinguendo le citazioni con un semplice asterisco (*), e riferendoci alle edizioni Rinascita 1955).

Ma I’Inghilterra non è stata solo, come banalmente si crede, il modello per la descrizione scientifica del modo di produzione capitalistico da parte di Marx: è stata soprattutto il modello della lotta del proletariato per distruggere la società borghese.

Se per "questione militare" intendiamo soprattutto quella che riguarda la lotta rivoluzionaria delle masse oppresse, organizzate o no in veri e propri eserciti, non è detto che questa lotta sia rivoluzionaria solo quando assume l'aspetto violento con impiego di armi e versamento di sangue. Come la "guerra fredda" (o la sua attuale variante di "coesistenza pacifica") e la "guerra calda" degli imperialismi moderni sono strumenti complementari della lotta contro il proletaria­to mondiale per tenerlo ancora soggetto e prolungare un infame regime di sfruttamento, così la lotta che il proletariato conduce in tempo di "pace" e con mezzi "pacifici" contro la borghesia, è anch'essa efficace e di grandi risultati come la lotta svolta in modo rivoluzionario. L'Inghilterra, nel periodo storico da noi preso in esame, è appunto teatro di una lotta in cui il mezzo pacifico mostra altrettanto bene la frattura che si va delineando fra classi nemiche e non va quindi per nulla confuso con la "via legalitaria" dei vecchi revisionisti e dei falsi marxisti di oggi. I Cartisti l'avevano capito ancor prima che nascesse il socialismo di Marx.

 

 

Modello francese e modello inglese

 

Engels in un articolo del "New Moral World" di Owen del 4/11/1843, dice che in Francia ogni trasformazione dal 1789 è venuta grazie alla violenza: "Tutte le Costituzioni, dalla democrazia radicale al dispotismo aperto, e tutte le leggi possibili sono state, dopo una breve esistenza, messe da parte e rimpiazzate da altre".

La nozione che lo Stato, nella realtà sociale, agisce come violenza organizzata della classe dominante e quindi chiara al proletariato francese come a nessun altro; perciò il comunismo francese, a cominciare da quello di Babeuf, ha radici (immediate e dirette) essenzialmente politiche; i proletari francesi, dice Engels nell'articolo citato: "sanno che ciò che sono lo devono alla violenza ed essi rispondono con violenza alla violenza... L'esperienza da essi fatta sotto la democrazia, di cui la Francia è la patria, ha insegnato loro che essa, come qualunque altra forma di governo borghese, deve essere fatta a pezzi... La libertà politica non e che una sembianza di libertà ed è la peggiore forma di schiavitù".

Sempre nello stesso articolo, parlando dell'Inghilterra, Engels scrive che "da 150 anni (dal 1688 - NdR) la Costituzione inglese è senza interruzione la legge del paese: ogni cambiamento vi è ottenuto con mezzi legali e realizzato in forma costituzionale. Ciò spiega come gli Inglesi abbiano una così alta idea delle loro leggi... Questa reverenza ver­so la legge e lo Stato trova la sua spiegazione in determinati fattori storici. La borghesia inglese, dopo la sua prima rivoluzione cruenta nel 1648 e dopo la breve parentesi di restaurazione stuardista, poté insediarsi al potere in modo pacifico con la "gloriosa rivoluzione" del 1688. La nobiltà terriera si era ormai convertita in gran parte alla nuova religione del mercantilismo e del denaro, e da "feudale" era divenuta o stava divenendo ormai tutta moderna". In parole povere, essa si attivizzava negli affari della produzione agricola e poi anche del commercio, e non rimaneva oziosa come quella francese. Ciò permise la sua alleanza con la borghesia e, grazie ad essa, l'aristocrazia terriera poté conservare nelle sue mani molte leve del potere politico e continuare a svolgere molte di quelle funzioni pubbliche di amministrazione locale e centrale che in Francia erano invece demandate a funzionari statali. Grazie ancora a questo compromesso poli­tico, alla borghesia fu possibile "trasformare senza rivolu­zione e con mezzi conciliativi la monarchia assoluta in monarchia borghese" (Marx). In Francia, come si sa, la borghe­sia, per trasformare il re reazionario in roi bourgeois (Luigi Filippo), dovette invece fare una nuova rivoluzione: quella del luglio 1830.

Ma, come vedremo, anche in Inghilterra l'operaio finirà per deporre il rispetto per la santità della legge: segno che è diventato rivoluzionario. Ma come perverrà a comprendere che "la legge è per lui una sferza fabbricata dal borghe­se" (*) ed a sfidare il bastone del poliziotto che in fondo

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è il bastone del borghese? Non lo imparerà dalla politica, come è avvenuto per il sanculotto ed il proletario francese: lo apprenderà dall'economia, e quando è già un proletario nel senso più completo e moderno... Con la soppressione dell'antico artigianato, con l'annientamento della piccola borghe­sia, è stata tolta all’operaio ogni possibilità di diventare egli stesso un borghese. Fin allora egli aveva sempre la prospettiva di potersi sistemare in un posto qualsiasi come maestro artigiano stabile e di poter forse assumere, col tempo, dei garzoni; ora che gli stessi maestri venivano soppiantati dagli industriali, ora che per gestire un'azienda indipendente erano necessari i grandi capitali, ora soltanto il prole­tariato divenne una classe reale e stabile della popolazione, mentre prima non rappresentava che uno stadio di passaggio verso la borghesia. Ora colui che nasceva operaio non aveva altra prospettiva che seguitare a vivere come un proletario per tutta la vita. Ora soltanto il proletariato fu dunque in grado di intraprendere movimenti autonomi". (*)

Dicendo che l'operaio inglese acquista coscienza "dall’economia", vogliamo dire dalla violenza propria dei fatti economici, connaturata cioè alle leggi del modo di produzione capitalistico, e dalla violenza extraeconomica dello Stato che, con la sua legislazione sanguinaria e con ogni altro mezzo di coercizione, si adopera per diffondere il nuovo modo di produzione.

In ciò anche diremo in seguito chiariremo ancor meglio le differenze fra i due "modelli", l’inglese ed il francese, ma per ora ci preme rilevare che la storia del movimento operaio nei due paesi, non si svolge senza influenze reciproche. Al contrario: le lotte e la violenza rivoluzionaria del proletariato francese contagiano il proletariato inglese, e viceversa. In genere, ogni rivoluzione in Francia ha avuto il suo contraccolpo in Inghilterra, dove però, disgraziatamente, il rapporto di forze non ha permesso ai proletari di dare l’"assalto al cielo".

La "borghesia inglese ha saputo intervenire in tempo e, attraverso concessioni varie, ha gettato acqua nel fuoco prima ancora che esso assumesse dimensioni pericolose. Come vedremo, ciò è accaduto sia durante la Grande Rivoluzione che durante quelle del 1830, 1848, ecc.

 

 

Esperienze di lotta del proletariato durante il movimento democratico

 

La rivoluzione industriale iniziata in Inghilterra dopo la meta del l8° secolo non fu solo una rivoluzione tecnica: l'economia e la composizione sociale della popolazione ne furono profondamente modificate. La richiesta di "liberi lavoratori” da parte dell'industria nascente accelerava e portava a termine la rivoluzione agricola iniziata molto prima. Un enorme numero di produttori indipendenti della campagna e della città vennero così trasformati in salariati.

Di contro alla miseria di costoro stavano gli industriali arricchiti: la loro proprietà borghese fondata sullo sfruttamento del lavoro salariato si era costituita a spese della proprietà privata fondata sul lavoro personale.

Ma alle aumentate forze produttive ed alla diversa ripartizione sociale della ricchezza non s'accompagnò nessun cambiamento nelle strutture politiche. II potere restava diviso fra le vecchie classi formate da grandi proprietari terrieri e da ricchi armatori e finanzieri della City. La nuova classe dei capitalisti industriali ne restava esclusa e ciò doveva condurre presto o tardi alla fine della vecchia stabilita politica come avvenne infatti quando iniziò l'agitazione per le riforme democratiche. Come sempre, dalla Grecia antica in poi, la democrazia è richiesta dai ceti sociali che hanno già raggiunto una potenza economica e intendono farla progredire afferrando una parte del potere politico. In questo caso però, la parola d'ordine della democrazia e ancora una parola d'ordine rivoluzionaria. II capitale industriale, forma più avanzata del capitale produttivo, reclamava dunque di essere rappresentato in parlamento. Occorreva un completamento della rivoluzione politica borghese che, come sappiamo, aveva avuto in Inghilterra due momenti - uno cruento nel 1648 ed uno pacifico nel 1688.

II terzo momento si concluderà nel 1832. Alla lotta politica ingaggiata dagli industriali per ottenere gli stessi diritti degli altri borghesi al maneggio di quelle che Marx chiama le leve violente dello Stato, il proletariato da il suo con­tributo e fa le sue prime e preziose esperienze di lotta per conoscere il suo "compagno di strada", e imparare, attraverso i suoi stessi sacrifici, che la sua liberazione dallo sfruttamento del vecchi e nuovi padroni deve essere opera esclusiva mente sua. Gli operai partecipano alle lotte democratiche nella speranza che ogni loro risultato positivo porti a migliorare le condizioni di enorme miseria in cui la forza coercitiva delle leggi economiche e la forza extra-economica dell'apparato statale li hanno cacciati: la "marry England" di un tempo era ormai solo un pallido ricordo.

Non ricorderemo qui tutti gli episodi di questa lunga battaglia che, a cominciare dalla sommossa del 10/5/1768, in cui portuali di Londra sostennero la parte più importante, va fino

all'approvazione del Reform Act del 1832. Ci preme rilevare però che ognuno di questi episodi di lotta, in cui vi è stato impiego della violenza rivoluzionaria proletaria, ha avuto una funzione acceleratrice del processo storico già in corso. Più gli urti erano violenti, più la borghesia industriale si rafforzava politicamente, mentre all'interno stesso delle forze conservatrici e tradizionali del partito tory e del partito whig prendeva piede e si allargava quella scissione che un giorno ne cambierà addirittura il volto. Come in ogni processo rivoluzionario, attraverso lo sviluppo dialettico della lotta - articolantesi in offensive del movimento democratico-popolare e in repressioni da parte delle forze opposte - lo slittamento a sinistra di certe forze radicali borghesi e del proletariato precede verso traguardi sempre più avanzati. Ma il processo di sviluppo della coscienza rivoluzionaria del proletariato si potrà meglio comprendere ricordando che gli industriali osteggiati politicamente erano in fondo quelli che più di tutti beneficiavano economicamente di ogni legge dello Stato, in primo luogo delle leggi dirette contro le prime organizzazioni sindacali nate spontaneamente dal seno stesso dell'industrialismo.

 

 

Alti e bassi del radicalismo borghese: altri insegnamenti per il proletariato

 

A) - 1789/1815.

Parlando delle lotte democratiche o di quelle più propriamente proletarie inglesi, non si può ignorare l'influenza su di esse esercitata dalle lotte rivoluzionarie all'estero.

La guerra di indipendenza americana dette il primo avvio allo sviluppo delle idee e dei movimenti democratici sviluppando i germi diffusi dal "non rispettabile" Wilkes (come è definito da Trevelyan questo riformatore borghese che aveva guidato la violenta sommossa del 1768).

La rivoluzione francese naturalmente influì in modo ancor più decisivo sugli avvenimenti interni dell'Inghilterra e sul suo giacobinismo.

Quest'ultimo ebbe un momento di euforia in coincidenza del "periodo bello" della rivoluzione francese, e già fece udire i primi scricchiolii del monopolio politico delle vecchie classi. Ma col "periodo brutto" della caduta della monarchia francese dello sviluppo della violenza in Francia, i borghesi che avevano fin allora guidato il movimento democratico, furono presi da sgomento, e non solo abbandonarono la lotta contro l’aristocrazia e la corona, ma passarono a far blocco con queste forze del privilegio mettendosi a disposizione del governo tory di Pitt, vero governo di guerra all'interno e al­l’estero.

Ma questa ritirata degli industriali o dei loro rappresentanti democratici è un vero monito, un nuovo insegnamento per gli operai, che vanno convincendosi sempre più che gli scopi perseguiti dagli industriali non coincidono affatto con i loro interessi: per quelli la riforma del vecchio sistema parlamentare e lo scopo finale della. lotta, mentre per i proletari dovrebbe essere solo un mezzo, se non per abolire il salariato (cui ancora non pensano) almeno per alleviare i mali più gravi del nuovo modo di produzione capitalistico, quali la forte concorrenza fra lavoratori, la troppo lunga giornata di lavoro, i terribili effetti delle crisi ricorrenti, ecc..

Sul terreno della lotta democratica in Inghilterra, non restavano quindi alleati agli operai che pochi giacobini della piccola borghesia. Tra le organizzazioni politiche del radicalismo borghese (per esempio la "Società degli amici del popolo") e quelle del radicalismo delle "classi inferiori" (es. la "Società di corrispondenza di Londra" fondata per iniziativa di alcuni operai nel 1792), vediamo infatti realizzarsi frequenti alleanze nella lotta armata contro le forze nemiche interne che non cessano la loro opera di persecuzione. E' durante questo periodo che si hanno le più pesanti misure repressive: salvo le condanne a morte e il sangue, ogni forma di violenza viene adoperata, e non è eccessivo parlare di terrore anche se trattasi di "terrore freddo". A cominciare da Tom Paine, il democratico inglese autore dei "Diritti dell'uomo", e dai leaders politici (es. T. Handy) ed ai più oscuri prole­tari, tutti furono attaccati, processati, deportati - non importa se la loro attività era più o meno pacifica e più o meno legale. Notevoli le repressioni del 1791 e 1792 a Birmin­gham, centro di intensa attività sindacale e politica. Memorabile la sommossa del 1795 al grido di "abbasso il Re" e "abbasso il governo", e quella degli "Irlandesi Uniti" del 1798, tutte represse con largo impiego di forze militari.

La brutalità con la quale venivano osteggiate e respinte anche le più semplici e pacifiche richieste era un altro fatto che insegnava ai proletari che il solo mezzo idoneo per raggiungere i loro scopi era l'insurrezione armata. II punto culminante di questa fase di lotte sindacali e politiche era raggiunto nel 1799, quando con i Combination  Acts del gover­no tory si mettono fuori legge e le società di corrispondenza e ogni altra combination o coalizione. Naturalmente, se in teoria la legge vietava anche le organizzazioni degli indu­striali, in pratica queste avevano libero campo.

E’ indiscutibile che queste misure eccezionali dettero un rude colpo al movimento sindacale e politico-democratico. Ma ciò non bastò a spegnere le lotte. Sotto la spinta della fame, dovuta anche allo sforzo bellico inglese contro la Francia rivoluzionaria giacobina e napoleonica, gli operai non disarmarono; cambiarono le forme di lotta per adattarsi alle nuove condizioni di clandestinità. Quando non è più permesso di organizzare e di appoggiare uno sciopero, occorrono altri mezzi per far resistenza ai padroni: di qui la tattica del sabotaggio della produzione e del sabotaggio delle macchine attraverso le organizzazioni segrete dei luddisti che agirono soprattutto fra gli anni 1811/1814.

Come si vede, la classe operaia, già sperimentata nella lotta legale e pacifica, si va forgiando anche in quella illegale e violenta. E tutte queste esperienze sono altrettante "scuole di guerra", come Engels le chiama, ed il loro valore ai fini della costituzione in "classe per sé" del proletariato è inestimabile.

 

 

Partito Comunista Internazionale
(
il programma comunista, n. 13, 1964)

 

 

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