DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

«Il diritto» - scriveva Marx nel 1875 - «non può mai elevarsi al disopra del regime economico e dello sviluppo culturale condizionato da questo regime»:
in altre parole, la legge non può che codificare i rapporti economici e sociali esistenti di fatto, e rispecchiantisi nelle fredde e apparentemente astratte e «sanzionali» clausole dei codici scritti.

È stato pubblicato in questi giorni a Mosca (e lo recensisce l'«Unità» del 28 dic.) il volume dal titolo «Principi di diritto civile e di procedura civile» approvato dall'ultima sessione del Soviet Supremo. Leggiamovi rispecchiata la società i cui rapporti interni il nuovo codice così delineato intende regolare, e vi troveremo l'ennesima conferma che l'URSS all'insegna del krusciovismo non solo non va verso il socialismo, ma confessa ogni giorno più la propria natura di società capitalistica, anche se - come di dovere - i giuristi e i politici la rivestono dell'appellativo contrario.

Scrivono gli autori:
«La legislazione civile sovietica regola i rapporti di proprietà e quelli personali di non proprietà ad essi legati».
Due prime importanti ammissioni: esistono rapporti «di proprietà» ed esistono «rapporti personali» - le due basi su cui sta o cade ogni società borghese. Il testo spiega:
«Secondo l'articolo 9 il cittadino ha la proprietà sui valori personali, il diritto di usufruire dell'abitazione e del diritto di proprietà, di ereditare e di lasciare in eredità la proprietà, di avere i diritti d'autore delle opere di scienza, letteratura ed arte, diritti di scoperta, invenzione e di proposta di razionalizzazione della produzione ed altri».

Che razza di avvio verso il socialismo è questo? Si dice (commento della «Pravda») che
«la proprietà privata non può essere utilizzata per ricavare entrate che non siano frutto del lavoro».
Ma chi eredita una proprietà fruisce per ciò stesso di entrate che non sono frutto del suo lavoro; le proprietà che egli eredita e che sono state accumulate da altri, possono a loro volta - se mobili - trovare impiego fruttifero (titoli industriali, di stato, buoni risparmio, ecc.) e quindi procurano all'erede entrate derivanti non solo dal lavoro passato ma anche del lavoro presente di altre persone, e se immobili possono dare anch'esse luogo a entrate «non di lavoro». L'esistenza di diritti d'autore e di scoperta è, in secondo luogo, il principio più borghese e quindi anticomunista che si possa immaginare; esso è legato al cardine borghese della personalità individuale, è antisociale ed antisocialista per eccellenza, essendo il comunismo una società in cui, fra l'altro, si dona con gioia ciò che si crea e non si rivendica su di esso nessun diritto perché ciò che si crea è di tutti e di nessuno; meno che mai se ne trae o si pretende di trarne una vera e propria rendita, per giunta trasmissibile.

Il diritto di eredità presupposto l'eternità dell'istituto familiare - altra bestemmia in chi si dice «socialista»; e i nuovi principi lo allargano per eternizzare anche le appendici borghesi della famiglia monogamica, se è vero che
«a differenza del vecchio codice che prevedeva solo in caso di morte dell'erede diretto (genitori, coniuge, figlio, persona a carico incapace di lavorare) una diversa destinazione dell'eredità, i nuovi criteri danno la possibilità al cittadino di lasciare tutta la sua eredità ad estranei, con un'unica limitazione: se tra gli eredi vi sono dei minori o degli inabili al lavoro i due terzi sono riservati a questi ultimi».
(Non vogliamo fare i maligni, ma questa clausola sembra fatta apposta per gli alti e piccoli papaveri della nuova borghesia sovietica, dotati di sacrosanta famiglia e non meno sacrosanto pied-à-terre per la... ragazza).

Essendo sacra la famiglia, il codice proclama la proprietà privata della casa, ennesimo mostro borghese, e, siccome non c'è per ora modo di dare la casa a tutti, il nuovo codice ammette la possibilità per i privati di
«AFFITTARE, tutto o in parte, l'appartamento ricevuto dallo Stato o dai soviet locali e la stessa dacia».
Qui al redattore dell'«Unità», perfino a lui, è venuto il dubbio che questa storia del dare la casa in affitto puzzi di borghesia, e ha interpellato dei giuristi. Risposta degna del nuovo codice:
«La violazione del principio [secondo cui ogni reddito deve derivare dal lavoro] e della legge che lo garantisce, si ha solo nel caso che quest'attività assuma un carattere sistematico e manifestamente speculativo: se, per esempio, il prezzo dell'affitto è molto alto, più alto del livello medio previsto da ogni Repubblica; nel caso in cui l'affitto di una sola stanza sia più alto di quello di tutto l'appartamento; se la sub-locazione diviene una fonte permanente cospicua di reddito».

Oh, magnifico: dunque, la differenza fra capitalismo e socialismo si ridurrebbe al carattere speculativo degli utili non di lavoro nel primo, e al carattere... onesto degli stessi nel secondo!!!

Ma queste teorie lasciatele a Proudhon, ai socialisti cristiani, ai laburisti, e al salumiere qui all'angolo; non fatele passare per «socialiste»!

E potremmo andare avanti: leggi severe che difendono «l'onore e la dignità del cittadino» anche e addirittura in campo penale - col che il sacro individuo borghese è tutelato sotto il triplice aspetto della proprietà ereditaria, della famiglia, e della sua «onorabilità»! -; leggi che istituiscono il diritto di proprietà sull'oggetto acquistato a rate dal momento della sua consegna al cittadino (all'«Unità», questo pare un grande successo: in realtà, si tratta di spingere al massimo una tipica forma di acquisto borghese, e di legare permanentemente il disgraziato compratore all'obbligo di pagare fino all'ultimo le rate); e infine una serie di leggi di cui l'«Unità» sottolinea la caratteristica... «socialista di classe» (!!), e che stabiliscono l'esenzione dalle spese processuali nei casi in cui:
«1) gli operai, gli impiegati e i colcosiani si rivolgano ai giudici per la riscossione dei salari o per altre esigenze che derivino dai rapporti di lavoro;
2) si accenda una causa per diritti d'autore e di scoperta
3) si chieda riscossione di alimenti
4) si chieda risarcimento per mutilazioni o per danni alla salute o per la morte della persona che rappresentava il sostegno finanziario della fa miglia»
Socialismo questo che presuppone il salario, il diritto di possedere in privato l'invenzione o la scoperta, la NON automaticità del sostegno da parte della società del mutilato o infermo e dei suoi figli, e l'esistenza di contestazioni sugli elementari diritti di vita? Eh via, raccontatelo ad altri!

Cari signori, avete confessato un altro po' di più di quello che noi sappiamo da tempo e che sarebbe ancora più chiaro se conoscessimo tutto il nuovo monumento giuridico eretto dagli «esperti socialisti»: che siete fino ai capelli dentro la melma della più gretta, onorabile, codina società borghese. Siete peggiori dei vostri padri staliniani: per ciascuno di voi c'è il mausoleo di famiglia assicurato dopo morte, è l'inviolabilità del sacrario personale e familiare in vita!

 

«Il Programma Comunista» - 4 gennaio 1962 - N. 1

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