DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Fra le lettere che abbiamo ricevuto in ricordo di Ottorino Perrone nessuna poteva essere più calda e vibrante di quella di Antonio Natangelo vecchio organizzatore metallurgico.

Egli non ha dimenticato i tempi in cui a Milano il comitato sindacale centrale comunista era diretto dalla Sinistra e in particolare dal suo segretario Ottorino; i tempi in cui si trattava di difendersi non solo dal disfattismo socialdemocratico, ma dall'attacco fascista nella duplice veste dello squadrismo bastonatore e del subdolo sindacalismo che presentava le sue liste nelle elezioni per le commissioni interne e brigava per conquistare le roccaforti proletarie nelle fabbriche; i tempi in cui gli organizzatori sindacali rossi conducevano «uniti fraternamente nella loro fede» una battaglia su più fronti, e, malgrado tutto, si beffavano del bestione dominante (all'ultima elezione per le CI, la lista comunista ottenne una maggioranza schiacciante: era alla direzione sindacale la Sinistra, ma lo stesso Profintern dovette inviarle il suo plauso). Ma c'è nella lettera, un episodio che mette conto di riportare tale e quale - come dice Natangelo - soprattutto per i giovani.

«Dopo il Congresso di Lione del 1926 noi della sinistra non accettammo le false impostazioni date alla lotta proletaria: già vedevamo che, come purtroppo dovevano dimostrare i fatti, sarebbe stato necessario ricominciare daccapo: i partiti erano divenuti gli strumenti diplomatici dello Stato russo, e questo stava scivolando sempre più nelle braccia della borghesia internazionale.

Ebbene, a Milano, il compianto Ottorino era rimasto segretario del Comitato sindacale, di cui facevo parte anch'io come rappresentante dei metallurgici, e, siccome egli era infermo e abitava in una camera ammobiliata in corso Garibaldi, le riunioni si tenevano in camera sua. Povero Ottorino, aveva avuto un attacco polmonare , e buttava catinelle di sangue!

Quella sera, Germanetto e altri gli consegnarono, noi presenti, il deliberato della centrale del partito: O accettare gli ordini o dar le dimissioni. Come sempre, noi della Sinistra accettammo le nostre responsabilità, e Ottorino rispose per tutti: "La Sinistra non gioca la sua funzione storica contro lo stipendio: non accettiamo l'ultimatum". La sera stessa, fra lo stupore del vecchio Serrati, che pur faceva parte del comitato sindacale e non riusciva a capacitarsi che vigessero "metodi come neanche i borghesi userebbero", gli furono tolte tutte le cariche, e gli fu ... dato il benservito. Ma non ci fu ombra di rimpianto, in  Ottorino: la battaglia doveva essere condotta a qualunque costo. Poco dopo i fascisti gli saccheggiarono la casa; egli e il cognato se la svignarono per i tetti, e ripararono all'estero. Fu l'ultima beffa che il sempre sorridente ed entusiasta «Vercesi» poté concedersi in Italia. E cominciò la dura vita della emigrazione.

Altri tempi, altre battaglie. Ma Ottorino non aveva conti da presentare: ha combattuto ed è morto sulla breccia, la stessa di trent'anni fa. Non lo dimenticheremo».

«Il programma comunista», n. 2 , 22 gennaio - 5 febbraio 1958 

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