DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Le tesi presentate da Zinoviev ebbero lo scopo principale di distinguere la posizione dei comunisti marxisti da quella dei revisionisti di destra: riformisti, socialdemocratici, laburisti, e dei revisionisti di sinistra: sindacalisti rivoluzionari, anarchici; e in questo senso rimangono storicamente fondamentali, oggi tanto più che il più vasto opportunismo piccolo-borghese ha dovunque dilagato.

La prima tesi, per stabilire che il partito politico rivoluzionario non può identificarsi con la totalità della classe dei lavoratori, usa la formula famosa, più volte da noi indicata come non perfetta, che il partito è una parte o frazione della classe operaia. La formula così ridotta si presta all’equivoco di far considerare dello stesso peso gli operai membri del partito e gli altri: era un pericolo, ma non era certo il pensiero di Zinoviev, né del congresso.

La seconda tesi chiarisce che prima della conquista del potere il partito non può organizzare nelle sue file che una minoranza della classe operaia. Perché tutti gli operai possano entrare nel partito, bisognerà che la rivoluzione vittoriosa abbia distrutto le cancrene borghesi: stampa, scuola, parlamento, chiesa, amministrazione statale.

La tesi terza chiarisce le nozioni di partito e classe mostrando come esse non debbano mai andar confuse. Era un’idea menscevica quella che il partito si dovesse sempre adagiare sulla tendenza prevalente tra i lavoratori, e ad esempio non fare la questione politica contro lo zar, ma solo quella economica contro gli industriali. La formula è soddisfacentissima: il compito del partito proletario è di reagire contro la mentalità operaia generale, e difendere contro tutto gli interessi storici del proletariato. E’ posizione più che chiara, anche se noi avremmo atteso che si dicesse che solo col nascere del partito rivoluzionario si può dire che il proletariato esiste storicamente come classe, il partito è l’organo di classe del proletariato.

La tesi quarta è diretta contro gli errori degli anarcoidi, che dopo il fallimento della II Internazionale pretendevano che fosse storicamente fallita la forma partito. Erano falliti i partiti traditori socialnazionali, ma si andava forgiando il partito rivoluzionario della dittatura.

La tesi quinta afferma nettamente che la rivoluzione proletaria è impossibile senza la forma partito. Si afferma il principio della centralizzazione proprio dell’organo partito, facendo la critica del sindacalismo industriale, frammentato in piccoli organismi locali e di categoria. Viene ricordata l’idea menscevica di un congresso operaio al di sopra del partito (“operaisti gialli”). Parimenti si critica la formula vuota del KAPD tedesco, che diceva di non essere un partito nel senso corrente della parola; e la posizione è definita recisamente reazionaria: A proposito delle debolezze sindacaliste, è affermato che lo sciopero generale come atto passivo non basta, ma occorre l’insurrezione armata il cui organo è politico, centralizzato e disciplinato. Gli stessi sindacalisti rivoluzionari parlano di una minoranza risoluta: questa non può essere che il partito.

La tesi sesta stabilisce che il compito del partito è un lavoro sistematico in organismi a più larga base, come sono i sindacati ed altre forme anche contingenti come allora i comitati per la difesa della Russia. Si capisce che un tale lavoro è preparato nel seno del partito e non subordina mai la sua organizzazione alle gerarchie di organizzazioni estranee.

La tesi settima riguarda il metodo fondamentale di respingere il boicottaggio delle organizzazioni gialle (dirette dai riformisti e, come il testo ammette, anche cristiane). Non è una questione di pura terminologia, ma è bene ricordare che per i socialisti italiani erano gialle le camere del lavoro repubblicane di Romagna, e bianche le organizzazioni cattoliche nelle quali non si entrava, ma si cercava di strappare loro gli aderenti in quanto proletari per condurli alle organizzazioni rosse. Il senso di questa tesi, a suo luogo chiarito nelle tesi sindacali, è che, di fronte ai sindacati diretti da socialisti di destra, non si predica l’uscita degli operai, ma si conduce la conquista interna.

La tesi ottava è notevole per la condanna della famosa formula ternaria di equipollenza tra partito-sindacato-cooperative, che imperversò nella vecchia Internazionale e anche in Italia prima e dopo la guerra in forme varie (patto paritetico tra partito e confederazione e proposte analoghe). La terna per Zinoviev è, con netto ordine di preferenza: partito-soviet-sindacato. Se il soviet è nuova forma storica per lo stato di transizione, esso però non scavalca il partito né gli toglie il compito dirigente. Anche notevole è la condanna di altra formula del KAPD, che dichiara che il partito debba adattarsi all’idea sovietica e assumere carattere proletario. Errata e reazionaria è l’idea che il partito debba assorbirsi nei soviet per esserne sostituito. Come sempre affermato da Lenin, vi è la possibilità storica che i soviet cadano sotto l’influenza della borghesia e degli opportunisti: in tal caso il partito tenderà al potere contro di essi.

La tesi nona ribadisce che il partito ha notevoli funzioni dopo la conquista del potere.

La tesi decima elenca tali funzioni di lotta non solo contro i borghesi ma anche contro i socialisti (soppressione di tali partiti e di tutti quelli che avversano il partito comunista). Questo organizza l’armata rossa, lotta contro ogni tendenza corporativa che rompe l’unità proletaria, contro il patriottismo regionale e il campanilismo che insidiano quella dello stato dittatoriale.

Per la tesi undicesima il partito non sparirà che quando saranno sparite le classi (società comunista integrale). Solo quando il comunismo non sarà più uno scopo, e tutta la classe operaia sarà divenuta comunista, il partito potrà sciogliersi nel seno della classe operaia. Più precisa è la formula di Marx che parla di umanità, dato che il proletariato, col completo sviluppo della società comunista, abolisce con le altre classi soprattutto se stesso. Il partito avrà una funzione fino a che non saranno sradicate tutte le tradizioni morbose delle società classiste.

La tesi tredicesima ribadisce i concetti di centralizzazione, disciplina di ferro, e di tipo militare nella guerra civile.

La tesi quattordicesima così definisce il centralismo democratico: elezione dei comitati secondari da parte dei primari  -  subordinazione obbligatoria di ogni comitato a quello superiore  -  centro con pieni poteri, non contestabili tra congresso e congresso. Notiamo solo che, nella concezione della sinistra del centralismo organico, gli stessi congressi non devono decidere sul giudizio dell’opera del centro e la scelta di uomini, ma su questioni di indirizzo, in modo coerente alla invariante dottrina storica del partito mondiale. In ogni modo lo schema della tesi è tutt’altro che demoelettorale.

La tesi quindicesima prevede la sospensione delle garanzie democratiche interne, nei periodi di lotte illegali.

La tesi sedicesima scolpisce il concetto essenziale che ogni autonomia non è che concessione all’anarchismo piccolo-borghese.

La tesi diciassettesima stabilisce l’integrazione tra azione legale e illegale ed il controllo del centro del partito  -  anche se di struttura illegale  -  sull’eventuale gruppo parlamentare.

La tesi diciottesima vuole che la rete dei gruppi comunisti nei sindacati ed altri organismi sia ovunque subordinata al partito comunista. Giustamente la Sinistra combatterà l’organizzazione per cellule che volevano essere, secondo la bolscevizzazione degli anni successivi, non un organo articolato ma la base stessa del partito.

La tesi diciannovesima prescrive che il partito esista identico nelle città e nelle campagne, secondo la tradizione del movimento italiano fortemente appoggiato sul glorioso bracciantato rurale, fratello non minore del proletariato industriale.

Altra tesi difesa negli anni seguenti dalla Sinistra, sempre fedele alle origini, è che vi deve essere in ogni paese un partito, e un solo partito in ogni paese, cosa che escludeva l’equivocqa formula di partito simpatizzante. La fine della tesi, quando vuole che vi siano nuclei comunisti in tutte le organizzazioni apolitiche, esclude, come sempre voluto dalla Sinistra, che sia tollerabile fare il noyautage in altri partiti. Le tesi concludono rivendicando il collegamento con le masse, sempre dalla sinistra affermato, e scartando tanto il settarismo, quanto la mancanza di principii.

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Da “Il Programma Comunista”, n. 19 del 1965.

 

 

 

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