La teoria costituisce la bussola, l'organizzazione sono le mani e le braccia che stringono il timone: con essi, il comando, l'agire politico, la tattica – è un tutto coeso e dialettico. Non può esistere un’organizzazione comunista, per quanto embrionale, che, in quanto dotata di una teoria del procedere storico, non svolga la funzione di preparazione e approntamento dei suoi obiettivi politici. Sarebbe assurdo immaginare delle fasi o tappe in rapporto all’organizzazione comunista, embrionale quanto si voglia, in cui la stessa organizzazione si riduca a fare opera di sola propaganda della sua dottrina o di proselitismo, mentre rimanda l’intervento esterno in mezzo alla classe e l’attività teorica rivolta a tale intervento a situazioni “migliori” o rivoluzionarie. L’acquisizione della cosiddetta leninista "tattica-piano" non può mai essere messa in discussione in rapporto a situazioni esterne o alla grandezza o esiguità dell’organizzazione comunista. La tattica-piano o “il piano della tattica” rappresentano l’azione storica del partito. Con essa, il partito non solo anticipa l’agire di classe, ma predetermina il proprio ruolo, la propria tattica e organizzazione, qualunque sia la realtà storica, comunque sfavorevole: il partito non rimanda la sua azione agli “eventi rivoluzionari”, perché essi non possono sorgere e svilupparsi senza che il partito di classe vi abbia influito in modo determinante. La situazione potrebbe essere sfavorevole, il numero dei militanti ridursi a poco, gli interventi nella classe divenire quantitativamente minimi: ma il partito non può rinunciare alla propria azione storica a guida della classe, perché rinuncerebbe a se stesso in quanto organo della rivoluzione. L’elaborazione della tattica deve significare la traduzione della teoria in arma di lotta, deve significare la traduzione delle "lezioni della controrivoluzione" in azione rivoluzionaria.