Ne riportiamo qui di seguito l’editoriale

Care lettrici e cari lettori,

ecco il secondo numero del nostro giornale, il „Kommunistisches Programm“. Nel primo numero abbiamo scritto che il nostro partito, dopo più di 30 anni di assenza dalle aree di lingua tedesca, ha ripreso il proprio lavoro. Come sezione berlinese ci siamo inizialmente occupati del consolidamento teorico ed organizzativo interno, sulla base delle posizioni della sinistra comunista, che altro non sono che le posizioni classiche del comunismo rivoluzionario. Successivamente, nel 2017, abbiamo acquisito una dimensione pubblica con le prime iniziative, i primi volantini, i primi numeri del nostro giornale, ecc., con l’obiettivo di dare nuova visibilità alle posizioni della sinistra comunista e a noi stessi in quanto Partito Comunista Internazionale e di portare avanti un lavoro pratico. Abbiamo quindi ottenuto i primi successi, stabilendo contatti e conducendo interessanti incontri pubblici (in proposito, si veda l’articolo „Sulla vita di partito“su questo numero).

Ovviamente, anche quando ci si muove in un ambiente ristretto che conta un numero limitato di persone (non parliamo insomma delle „grandi masse“!), scardinare l‘ideologia borghese, l’individualismo, la rassegnazione e la passività è un percorso lungo e difficile, un compito nient’affatto semplice a fronte di un periodo durato quasi un secolo, in cui si sono succedute la controrivoluzione stalinista, il fascismo, il grave tradimento della socialdemocrazia (che a 100 anni dalla “rivoluzione di novembre” si fa ancora sentire in tutte le sue sfaccettature) e la pressoché totale sottomissione (ideologica ed organizzativa) del proletariato e di una sinistra che si vorrebbe rivoluzionaria all’interno dello Stato e della società borghese.

I problemi con i quali ci dobbiamo confrontare in quanto comuniste e comunisti sono molteplici, e „sciogliere“ questi nodi non è certo cosa che possa realizzarsi nell’ambito di un unico contributo, ma anzi è parte del nostro lavoro politico quotidiano cui abbiamo dedicato già innumerevoli scritti (in proposito si veda l’articolo „Negatori, improvvisatori e costruttori del partito rivoluzionario“, su questo numero). Sono da avversare quei modelli orientati a forme di “socialismo reale”, il nazionalismo in tutte le sue sfaccettature (dal “comunismo” nazionale alla tragicamente ridicola e astorica celebrazione dei movimenti di liberazione nazionale), così come una mera negazione della „questione nazionale“ (in proposito, si veda l’articolo sul proletariato africano), i modelli orientati alla democrazia, all’antifascismo, al fronte popolare e ad altre costellazioni di alleanze borghesi, che hanno sempre come punto di riferimento lo Stato invece del proletariato, unico soggetto rivoluzionario, e delle sue battaglie concrete. Laddove si affronta la „questione sociale“, troppo spesso lo si fa nei modi moralisti propri del socialismo volgare („ingiustizia“, „indignazione“), solitamente commisti a un’abbondante porzione di volontarismo e ad illusioni pericolose (soprattutto nell’attuale fase controrivoluzionaria), senza che siano compresi all’interno di un quadro generale i limiti di queste battaglie e delle organizzazioni sindacali (sia dei sindacati di base che dei sindacati di regime).

Se parliamo di ideologia borghese però non possiamo certo dimenticare la questione più importante di tutte – quella dell’organizzazione politica rivoluzionaria. Possiamo forse rinunciare a un’organizzazione teoricamente rafforzata, compatta e autorevole, capace di richiamarsi a esperienze ormai centennali di vittorie e sconfitte, rivoluzioni e controrivoluzioni, e di trasmetterle da una generazione all’altra, e che dispone di un elaborato fondamento teorico che utilizza e mette alle prova nel vivo del lavoro quotidiano? E’ forse sufficiente fare politica nel senso dell’autocompiacimento di sinistra, ossia regolarsi a seconda dell’estro individuale, andando ora a una manifestazione antifascista, ora a una cena popolare, ora difendendo la democrazia contro “i cattivi”, ora “indignandosi” per gli attacchi del capitale, ecc.? C’è poi chi si limita alle battaglie sindacali e sociali nell’illusione che possano sostituire l’organizzazione politica o dare spontaneamente origine a forme di organizzazione rivoluzionaria…

Quando poi qualcuno sembra avvicinarsi alle nostre posizioni, per esempio esercitando una critica contro lo Stato e la nazione o addirittura richiamandosi alla Sinistra Comunista, per lo più quest’avvicinamento rimane fondamentalmente di superficie, individualista e senza prospettive, dunque privo di conseguenze reali (da questo punto di vista, è irrilevante se poi costoro si inchinino all’attivismo o all’accademismo!). Superare l’ideologia borghese non è una questione che si pone esclusivamente sul piano teorico, ma anche su quello pratico e organizzativo, e perciò coincide con la questione assolutamente reale della rottura rivoluzionaria. Per la maggior parte di noi, compiere con coerenza questo passo è un percorso lungo, che spesso passa per le deviazioni più disparate – riformismo, antifascismo, trotzkismo, stalinismo, ambienti della sinistra extraparlamentare, ecc. – finché non si riesce effettivamente a superare i diversi errori.

Questo difficile compito ci accompagna nel nostro lavoro quotidiano e proseguiremo su questa strada anche a fine 2018 e nel nuovo anno 2019: rafforzamento del Partito Comunista Internazionale nelle aree di lingua tedesca, approfondimento del lavoro teorico interno in linea con i principi del comunismo rivoluzionario, nonché presenza pubblica con iniziative, volantini, ecc.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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