Le tre lettere, che abbiano pubblicato sul n°6/2015 di questo giornale, datano dal 15 novembre al 7 dicembre 1857. Si tratta di lunghe lettere nelle quali si entra nel merito della crisi industriale. Nella prima del 15 novembre, di Engels, i commenti si soffermano ampiamente sui dati, sull’estensione e sulla durata della crisi della seta, “che ha già tolto il pane alla maggior parte dei tessitori e ridotto l’orario di lavoro”. Nell’ovest americano, in particolare, l’ingorgo delle riserve dei manufatti è evidente: interi carichi vengono rispediti verso Liverpool dove tre quarti delle filature lavorano solo per riempire i magazzini. Segue un brano pieno d’ironia in cui Engels riferisce della rabbia dei capitalisti di fronte alle sue profezie più nere e al suo augurio che la crisi diventi cronica, “per riscaldare il proletariato che in questo caso colpisce meglio”. Nella lettera del 24 novembre 1857, Marx scrive a sua volta del panico monetario che si sta scatenando con la crisi, e che a tratti sembrava essersi calmato, per riprendere subito dopo. “E’ quasi sicuro che, in conseguenza della crisi, in America prenderanno il sopravvento i protezionisti”. Con la lettera del 7 dicembre, Engels riferisce della colossale caduta dei prezzi delle merci, il 35% per lo zucchero e il 33% del cotone delle Indie orientali. “I prezzi delle merci in generale cadranno ancor più, mentre i salari sono ridotti di un terzo o della metà”. E ancora: “Alcuni proprietari sono andati a gambe all’aria, altri hanno venduto i cavalli e anche i cani per la caccia alla volpe, uno ha venduto anche i suoi servitori. Ad Amburgo non c’è ancora mai stato un panico così perfetto. Nulla ha più valore ad eccezione dell’oro e dell’argento. La crisi ha l’effetto di spingere questi filistei a bere parecchio, il consumo di alcool cresce parecchio…”. Proseguiamo ora nella lettura del carteggio.

8 dicembre1857 - 31 dicembre 1857

Con la lettera dell’8 dicembre 1857, Marx informa Engels che, secondo l’Economist, “quelli di Mincing Lane e di Mark Lane” (strade di Londra: una, centro del commercio di generi coloniali, l’altra dei cereali, NdR) hanno ricevuto nel commercio dei coloniali e cereali i prestiti per i loro prodotti, ma presto questi sono cessati. E aggiunge che dopo qualche giorno di una tendenza al rialzo il prezzo del grano è crollato in conseguenza dei decreti francesi che autorizzavano l’esportazione di grano e farina e nello stesso tempo a causa del crollo del grano del Baltico. I grandi carichi americani arriveranno in primavera ma nel frattempo i francesi bombarderanno l’Inghilterra con grano a qualsiasi prezzo non appena la pressione diverrà molto più seria. E poi: “Secondo la mia opinione […] se ora seguiranno buoni raccolti, gli effetti [dell’abolizione della legge sul grano] in Inghilterra sui proprietari fondiari e sui contadini si faranno sentire soltanto adesso, sicché la vecchia crisi dell’agricoltura riprenderà in pieno. A questo punto Marx confida ad Engels di aver pronosticato, commentando su la “Tribune” il 6 novembre con un suo articolo- editoriale dal titolo “La legge bancaria del 1844 e la crisi monetaria in Inghilterra”, che “entro qualche giorno si sarebbe avuta la farsa della sospensione della legge, ma che non bisognava esagerare troppo il panico monetario”. Al che il “New York Times” e il “Times” di Londra tre giorni dopo avevano risposto che la sospensione non ci sarebbe stata; il 24 avevano aggiunto che questa possibilità era solo una diceria: l’idea di un crac industriale in Inghilterra era semplicemente assurda. Il giorno seguente, per telegramma dall’“Atlantic”, arriva la notizia che la Banca aveva sospeso i pagamenti dando nello stesso tempo notizie della crisi industriale. E Marx: “E’ proprio bello che i capitalisti che gridano tanto contro il diritto al lavoro ora pretendano dappertutto pubblico appoggio dai governi e ad Amburgo, a Berlino, a Stoccolma, a Copenaghen e nella stessa Inghilterra (nella forma di sospensione della legge) facciano insomma valere il diritto al profitto a spese della comunità. Ed è altrettanto bello che i filistei di Amburgo si siano rifiutati di dare ulteriori elemosine ai capitalisti”.

La cosa più sorprendente in tutta questa storia – scrive ancora Marx – è il rimpallo d’incapacità che si fanno Francia, Usa e Inghilterra. Il corrispondente dell’“Economist” chiarisce ai suoi lettori che “non c’era a Parigi la minima predisposizione a diffondersi di un panico, sebbene sembrasse che le circostanze lo giustificassero, e sebbene la Francia finora fosse stata sempre pronta a cadere nel panico per il più piccolo motivo. La borghesia francese, malgrado il suo temperamento ottimista, sta provando effettivamente cosa significhi questa volta il panico”. L’“Observer” racconta che essendosi sparse le voci allarmistiche contro il Credit mobilier, tutti si precipitarono in Borsa per disfarsi ad ogni costo delle loro azioni. “Il capitale francese è rimasto, nel vero e proprio commercio, pauroso, taccagno e sospettoso, la speculazione, premessa del commercio e dell’industria seri, esiste propriamente soltanto in quei settori dove lo Stato è direttamente o indirettamente l’effettivo datore di lavoro. E’ certo che anche un capitalista della grandezza del governo francese, fallito in sé, si tiene a galla un po’ più a lungo di un capitalista privato”. In quanto ai metalli preziosi, la “proibizione governativa dell’esportazione dei metalli preziosi, che era in pieno vigore in Francia, ma ancor più l’esportazione di grano, di seta e di vino a qualsiasi prezzo, ha impedito per qualche settimana il deflusso dalla Banca Centrale. Ma ciononostante il deflusso comincerà, e, purché lo si faccia per vie traverse come nel 1856 (ottobre), tutto andrà a farsi fottere. […] D’altro lato, grazie al signor Bonaparte [Napoleone III, NdR] la banca è diventata impresaria delle costruzioni ferroviarie che avevano subito un arresto. Appena comincerà il deflusso per prima cosa avremo certamente gli assegnati [certificati di credito, sostitutivi della moneta, NdR]. E ancora:Le tue informazioni sulla situazione di Manchester sono di enorme interesse per me, dato che i giornali le nascondono pudicamente”. Segue la comunicazione sul lavoro teorico in corso, sullo sviluppo dei Grundrisse:Lavoro come un pazzo le notti intere a riordinare i miei studi economici per metterne in chiaro almeno le grandi linee prima del Diluvio”.

Nella lettera di Engels a Marx, del 9 dicembre 1857, continuano le informazioni. In un N.B., egli raccomanda a Marx di non far trapelare, nel citare i nomi delle ditte interessate, da dove gli arrivino le notizie: “Potrei passare dei guai del diavolo, se si venisse a sapere un simile abuso di notizie confidenziali”. Si tratta – spiega – di alcune ditte protagoniste degli avvenimenti ad Amburgo, dove la vecchia e famosa Banca di sconto ha peggiorato enormemente la crisi: una storia di cambiali della Banca d'Inghilterra, rimandate indietro protestate come carta straccia: “soltanto l'argento aveva ancora qualche valore!”. E prosegue: “Le ditte commerciali di Londra e di Liverpool andranno presto a gambe all'aria. A Liverpool le cose vanno malissimo, la gente è proprio al verde e ormai non ha neanche la forza di fallire. Le facce alla Borsa di laggiù […] sono tre volte più lunghe che qui. Del resto la tempesta si va ammassando sempre più nera. I proprietari di filande e di fabbriche tessili spendono il denaro che incassano coi loro prodotti per i salari e il carbone, e appena sarà finito salteranno. […] Qualcuno mi diceva di conoscere cinque o sei ditte indiane che con le loro merci dovevano per forza andare al diavolo in questi giorni. Soltanto adesso questi tipi si accorgono che la speculazione finanziaria era la cosa meno importante della crisi, e quanto più se ne rendono conto, tanto più scure diventano le loro facce”.

Nella lettera del 11 dicembre 1857, Engels scrive (ne riportiamo un brano tanto lungo quanto illuminante): “In questa crisi la sovrapproduzione è stata generale come non lo era stata prima, è innegabile anche nei generi coloniali e anche nel grano. Il bello è questo, e avrà delle conseguenze enormi. Finché la sovrapproduzione si limitava soltanto all'industria, le cose stavano solo a mezzo, ma da quando si è estesa anche all'agricoltura, e nei tropici tanto quanto anche nella zona temperata, la cosa assume proporzioni grandiose. La forma sotto cui la sovrapproduzione si nasconde è sempre, più o meno, l'estensione del credito, ma questa volta, in modo tutto particolare, gli imbrogli con le cambiali. Il sistema di far denaro spiccando cambiali su di un banchiere o su una ditta […] e di coprirle prima della scadenza […] secondo come si mettono le cose, è di regola sul continente e per le ditte continentali in Inghilterra. […] Questo sistema è stato spinto all'estremo ad Amburgo, dove avevano corso più di 100 milioni di marchi di cambiali bancarie. Ma anche altrove imperversano questi imbrogli con le cambiali […] molte case di Londra sono andare in malora per questo. […] Qui nell'industria inglese e nel commercio interno [...] invece di pagare in contanti entro un mese, lasciavano trarre cambiali su di loro con scadenza a tre mesi e pagavano gli interessi. Nell'industria della seta questo sistema si sviluppava nella stessa misura in cui crescevano i prezzi della seta. Insomma, ciascuno ha lavorato oltre le proprie forze. […] Ma fare del commercio al di sopra delle proprie capacità non è proprio sinonimo di sovrapproduzione; però è identico nella sostanza. Un'associazione commerciale, che possieda un capitale di 20 milioni di sterline, ha in questo una certa misura della sua capacità di produzione, di commercio e di consumo. Se con questo capitale, attraverso gli imbrogli con le cambiali fa un affare che presuppone un capitale di 30 milioni di sterline, aumenta la produzione del 50%; il consumo sale anche grazie alla prosperità ma in misura di gran lunga inferiore, diciamo 25%. Alla fine di un qualsiasi periodo si verifica necessariamente un'accumulazione di merci superiore del 25% al bisogno vero, cioè a quello medio anche di un periodo di prosperità. Basterebbe questo a provocare lo scoppio della crisi, anche se il mercato monetario, l'indice del commercio, non la segnalava già in precedenza. Lascia dunque che venga il crac e vedrai che, oltre questo 25%, un altro 25% almeno dello stock di tutti i beni di prima necessità diventa una merce invendibile sul mercato. Questo verificarsi della sovrapproduzione insieme all'estensione del credito e al commercio oltre le possibilità lo si può studiare in tutti i suoi particolari nella crisi attuale. Non c'è nulla di nuovo nella cosa in sé, ma nella chiarezza straordinaria in cui ora la cosa si sviluppa. Nel 1847 e nel 1837-1842 non è stato affatto così evidente. Ecco la bella situazione in cui si trovano ora Manchester e l'industria cotoniera: i prezzi sono abbastanza bassi per consentire quello che il filisteo chiama un commercio sano. Ma appena si verifica un minimo aumento di produzione, il cotone va alle stelle perché a Liverpool non se ne trova. Sicché bisogna continuare a lavorare a orario ridotto, anche se ci fossero commissioni. Ed ora a dire il vero, ordini ce ne sono, ma da località che non hanno ancora provato l'intensità della crisi, e i commissionari lo sanno, e perciò non comprano; avrebbero dei fastidi senza fine e brutti debiti sulle spalle. Oggi il mercato è di nuovo a terra. I filati, che avevano un valore di 14 pence, 14 pence e mezzo, vengono offerti a 11 pence e un quarto, e chi offre 10 e tre quarti li ottiene. Gli indiani non si vedono sul mercato. I greci son fermi col grano, nel quale lavoravano quasi tutti loro; è la loro risorsa principale (da Galati a Odessa). […] Le ditte specializzate nel commercio interno hanno proibito ai loro acquirenti di effettuare anche la minima compera. L'America è fuori questione. L'Italia risente della caduta di tutte le materie prime. Altre quattro settimane e ci sarà una bella baraonda. Tutti i giorni falliscono piccoli proprietari di filande e di fabbriche tessili. I Merck [commercianti, NdR], ad Amburgo, hanno retto soltanto grazie ai 15 milioni di anticipo avuti dal governo”.

Ancora Engels a Marx il 17 dicembre 1857: “La crisi mi tiene maledettamente in sospeso. I prezzi scendono ogni giorno […] Manchester vi è coinvolta sempre più. La continua pressione sul mercato ha degli effetti grandissimi. Nessuno riesce a vendere. Ogni giorno si sente dire di offerte più basse, chi ha ancora un po' di dignità non offre neanche più le sue merci. Tra i filatori e i tessitori le cose vanno malissimo. Nessun agente in filati vende più un filo alle fabbriche tessili se non contro denaro contante o dietro garanzia. Alcuni dei piccoli sono già andati a gambe all'aria, ma questo non è ancora niente. I Merck sono del tutto al verde, sia qui che ad Amburgo, malgrado le due forti sovvenzioni ricevute. Ci si aspetta che vadano all'aria in questi giorni. Soltanto delle circostanze straordinarie potrebbero salvarli. Si dice che la sede di Amburgo abbia 22 milioni di obbligazioni con 4 o 5 milioni di marchi di capitale in banca (13 marchi=1£). Secondo altre informazioni, pare che la crisi abbia fatto scendere il loro capitale a 600 mila marchi. Avremo ancora quattro diverse crisi: 1) i generi coloniali, 2) grano, 3) filande e fabbriche tessili, 4) commercio interno, quest'ultimo al più presto in primavera. Nei distretti lanieri comincia sin d'ora, e a dir vero è proprio carina. […] La tua opinione sulla Francia è stata in seguito confermata quasi alla lettera dai giornali: il crac è sicuro laggiù e coinvolgerà per primi gli speculatori della Germania centrale e settentrionale. […] La Germania settentrionale, ad eccezione di Amburgo, non è ancora coinvolta nella crisi. Ora comincia anch'essa. […] I tedeschi del nord finora non hanno avuto quasi altro che perdite; da loro, come qui, lo scombussolamento del mercato monetario non ha un effetto così disastroso come questo protrarsi della difficoltà di vendita delle merci. Poi verrà la volta di Vienna […]. Anche per il proletariato cominciano guai. Per il momento non ci sono ancora molti sintomi di rivoluzione da notare: la lunga prosperità ha avuto un effetto molto demoralizzante. Per ora i disoccupati nelle strade mendicano e stanno con le mani in mano. Gli assassinii a scopo di furto aumentano, ma non troppo. […]

Le notizie del mercato di Manchester stanno sempre sul Guardian del sabato e del mercoledì. Oggi ne faccio partire tutto un mucchio per te. Poi, oggi, ci sono di nuovo delle statistiche sugli operai. Mi congratulo per la profezia circa la legge sulla banca”.

Marx ad Engels, 18 dicembre 1857: “Ho ricevuto proprio in questo momento degli avvisi di pagamento, il terzo e ultimo avviso da quel porco dell'esattore […] Se perciò ti è possibile mandami qualche sterlina per lunedì. […] Lavoro moltissimo. Per lo più fino alle 4 del mattino. Perché è un lavoro doppio:1) elaborazione delle linee fondamentali dell'economia 1. (E' assolutamente necessario andare a fondo della questione per il pubblico, e per me, personalmente, liberarmi da questo incubo). 2) La crisi attuale. Su di essa, oltre agli articoli per la “Tribune”, mi limito a prendere appunti, cosa che però richiede un tempo notevole. Penso che all'incirca in primavera, potremo scrivere insieme un pamphlet sulla faccenda, a mo' di riapparizione davanti al pubblico tedesco, per dire che siamo sempre qui, sempre gli stessi. Ho progettato tre grossi volumi: Inghilterra, Germania, Francia. Per la storia dell'America tutto il materiale si trova sulla“Tribune”. Lo si può elaborare in seguito. Del resto desidererei che se possibile, tu mi mandassi il “Guardian” giornalmente. Dovermi guardare tutto insieme una settimana intera o pressappoco è una cosa che mi raddoppia il lavoro e mi porta delle complicazioni. In Francia saranno probabilmente i ‘tedeschi’ – che ora in generale bisogna cominciare a prendere in considerazione – specialmente a Le Havre, ad aprire la danza nel commercio. Inoltre - a prescindere dalla putrefazione generale dello Stato che fa bancarotta – c'è del marcio perfino nel commercio a Marsiglia e a Bordeaux, e dovunque i miserabili rospi sono stati spinti, dagli elementi stranieri, che si sono intrufolati e messi in mezzo, ad andar oltre la loro meschina miserabile spilorceria e paura. In fondo un Credit mobilier era possibile e necessario soltanto in un paese così immobile[…] Scrivimi ogni volta che ne hai tempo, perché altrimenti ritardando finisci per dimenticare tutta questa ‘cronaca scandalosa’ della crisi che è così necessaria; io faccio estratti dalle tue lettere e li trascrivo nei miei volumoni”.

Nella lettera ad Engels del 25 dicembre 1857, interamente dedicata alla situazione francese, Marx scrive che è necessario “veder chiaro sulla situazione di crisi riguardante commercio e industria”. In sei punti, la lettera affronta tutti i temi della realtà francese: “1) Le crisi inglese, americana e nordiche non hanno mai provocato direttamente una ‘crisi francese’, ma soltanto delle conseguenze passive, miseria, limitazione della produzione, stagnazione del commercio e disagio generale. Cause: La bilancia commerciale francese è favorevole nei confronti degli Usa, delle città anseatiche, dell'Inghilterra e della Danimarca, mentre è sfavorevole nei confronti della Svezia e della Norvegia. Per questo motivo queste crisi non possono produrre in Francia un deflusso di metallo prezioso, dunque un vero e proprio panico monetario. Se tuttavia la banca alza il tasso di interesse, lo fa per impedire ai capitalisti di investire più vantaggiosamente il loro denaro in questi paesi. Finché questo deflusso non è la conseguenza necessaria della bilancia commerciale ma soltanto dell'avidità di guadagno dei profittatori può essere impedito per mezzo della polizia. Se, il paese, con una bilancia commerciale favorevole, non ha accordato crediti a lungo termine, né accumulato prodotti da esportare nelle località più toccate dalla crisi, avrà da affrontare perdite, ma non una crisi acuta. 2) Ammesso ciò, la prima fase della crisi ha avuto sull'industria e sul commercio francesi un effetto peggiore di quanto si sia mai avuto in simili occasioni. 3) Come primo effetto della crisi in Francia limitazione di spese e affari. Quindi accumulazione di denaro nella Banca di Francia insieme all'enorme caduta della circolazione nelle operazioni di sconto. A causa della crisi e dei possibili torbidi politici alla fine dell’anno, se si dovesse elevare il tasso di interesse all'atto del regolamento dei conti, ribasso del tasso d'interesse a dicembre. […] 4) Il fatto che si renda disponibile del capitale nell'industria e nel commercio provocherà nello stesso tempo una maggiore tendenza al rialzo nella Borsa. 5) La vera e propria crisi francese non scoppia se non quando la crisi generale è giunta ad un certo livello in Olanda, Belgio, nello Zollverein, in Italia (inclusa Trieste), nel Levante e in Russia (Odessa) perché in questi paesi la bilancia commerciale è notevolmente sfavorevole alla Francia e quindi la pressione ha come suo effetto diretto un panico monetario in Francia. E appena è scoppiata in Francia essa si ripercuote in modo veramente ammirevole su quei paesi. 6) Quando scoppia la vera e propria crisi francese, il mercato dei titoli e la garanzia di questo mercato, cioè lo Stato, se ne vanno al diavolo (e questo potrà anche avere effetto sull'Inghilterra che al momento specula splendidamente sui titoli stranieri). La speculazione praticata ad Amburgo, in Inghilterra, negli Usa, da capitalisti privati, in Francia l'ha praticata lo Stato stesso e i mercantuncoli francesi nel commercio erano tutti giocatori di Borsa. Già il contraccolpo della crisi angloamericana ha portato le ferrovie al ristagno. Cosa ha fatto il signor Bonaparte? Costringe la Banca di Francia a diventare di fatto impresario ferroviario […] il piano è quello di fare della Banca di Francia l'imprenditore generale di tutte le sue truffe per mezzo del capitale che essa non possiede ma che è soltanto depositato presso di essa, e che se ne andrà, al primo segnale nei paesi vicini. Questo in realtà, va benissimo per mandare all’aria anche la banca. Quello che non può venirgli in mente è quello di far pagare alla Banca le richieste degli azionisti. A questo punto, Marx enumera tutte le compagnie e le richieste di denaro dei tedeschi, olandesi, svizzeri e grandi proprietari di titoli. E continua: “Alla malora se i francesi saranno mai in grado di pagare queste richieste di denaro. Gli stessi li svenderanno a qualsiasi prezzo al primo serio allarme di depressione o in Francia o a casa propria. Così pare difficile che Bonaparte possa superare il 1858, a meno che non si regga per un tempo maggiore per lo stato d’assedio e gli assegnati. Tutta la vecchia merda se ne va al diavolo, e quello slancio ridicolarmente audace che il mercato dei titoli aveva preso in Inghilterra, ecc, farà una brutta fine”.

Segue una lettera del 31 dicembre 1857 di Engels a Marx, in cui si legge: “Sulla Francia, per quanto ne posso giudicare io, tu hai ragione in ogni particolare. Anche là finora lo sviluppo degli avvenimenti è normale […] Qui, nel commercio interno la faccenda comincia adesso; le ditte di Londra che commerciano con Manchester appartengono a questa categoria. Ma questo non è che il principio; questa sarà trascinata nel gorgo, in modo serio, soltanto se la pressione durerà da otto a dodici mesi. Mi sembra che lo sviluppo di tutta la crisi si avvicini a quello del 1837-1842 più che a qualsiasi altra, a prescindere dal fatto che questa di ora è magnifica e generale e diffusa in ogni dove. Per il momento la gente di qui si culla nell'illusione che la crisi è finita, perché la prima fase, la crisi finanziaria con le sue conseguenze immediate, è passata. In fondo ogni singolo borghese crede ancor sempre che il suo particolare ramo d'affari e soprattutto la propria azienda sia stata assolutamente sana, e, dato che hanno degli speculatori standard […] si lusingano di essere virtuosissimi.[...] fra marzo e aprile tutti i faticosi tentativi di risollevare il mercato dei prodotti falliranno regolarmente con i bastimenti in arrivo. Pare che ora ci sia gelo e vento dell'est, di modo che nessuna nave può entrare. Se dura così una o due settimane, tutti i prodotti saliranno di sicuro, per cadere tanto più pazzamente al primo vento dell'ovest che porterà qui una flotta intera. Ecco che cosa si chiama offerta e domanda in tempo di crisi. […] io credo che qui avremo [nel mercato del cotone, NdR] dei leggeri alti e bassi con una tendenza complessiva al ribasso, forse anche un po’ al rialzo, non lo si può dire di preciso, finché non cada un altro fulmine, in qualche parte. In ogni caso verrà una brutta annata per i filatori e i tessitori, se non altro per la scarsezza di domanda e per l’eccesso di importazioni: pressione stagnante, ecco quel che c’è di più pericoloso per i borghesi di qui. Qui le crisi monetarie non fanno gran che, perché tutti i crediti sono a brevissima scadenza (da due a sei settimane)”.

Alla fine dell’anno, dunque, la crisi morde ancora e l’economia non accenna a riprendersi. Industriali e speculatori continuano a illudersi e a sperare, ma, dall’oscillazione dei prezzi, si avverte l’incertezza degli avvenimenti. Il lavoro di Marx sul Capitale continua: una sua lettera a Engels del 2 aprile 1858 chiarirà la dimensione che sta prendendo questo lavoro. E segnerà in un certo modo anche "lo scioglimento della crisi".

(continuazione e fine al prossimo numero)

1 Dall’agosto del 1857 al giugno del 1858, Marx stendeva il manoscritto che doveva costituire l’abbozzo del futuro Capitale. I manoscritti del 1857-58 furono pubblicati per la prima volta a Mosca nel 1939-41, sotto il titolo di Grundrisse, o Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.