Proletari! Compagni!

L’offensiva padronale, scatenata da tempo, colpisce uno dopo l’altro gli stabilimenti della FIAT. Dapprima ha segnato, come monito per tutti, il destino di Termini Imerese. Dopo aver rinchiuso i lavoratori nell’angusto recinto rivendicativo della fabbrica, dopo aver raccontato che, se fossero stati più produttivi dei loro compagni polacchi, il posto di lavoro sarebbe stato salvo, i padroni hanno promesso pochi spiccioli in busta paga in cambio di un altro pezzo di ciò che rimane della nostra vita e della nostra salute. Con la complicità di sindacati ossequiosi che si fingono risoluti solo per condurre i lavoratori più combattivi ad accettare l’inaccettabile, la direzione aziendale ha imposto, attraverso il ricatto e l’ennesima farsa referendaria, la capitolazione prima di Pomigliano d’Arco, poi di Mirafiori, e si concentra ora sugli altri stabilimenti. Ma la morsa della crisi dell’economia borghese non lascia scampo e le pesanti rinunce che abbiamo dovuto subire potrebbero non essere sufficienti: le nostre condizioni di vita, già peggiorate in maniera drammatica, potrebbero farsi ancora più dure. Allo scopo di salvare i profitti, i padroni chiederanno sempre di più.

 

Proletari! Compagni!

La nostra classe sopporta immani sofferenze in ogni angolo del mondo. Ancora diviso, ancora legato a pregiudizi e ideologie borghesi, al carrozzone-feticcio dello Stato Nazionale, a strutture ormai apertamente padronali come i partiti parlamentari e i sindacati corporativi e nazionali, il proletariato, pur inconsapevole della propria forza e dei legami che lo affasciano in tutto il mondo, comincia appena a muoversi spinto dalla forza della disperazione. Dalle rivolte d’inizio 2011 nel Nord Africa (nate come ribellione all’affamamento: altro che lotte per la democrazia!) alla rabbia cieca che cerca sfogo nelle periferie delle città britanniche, dagli scioperi e dai tumulti in Grecia alle sommosse degli immigrati rinchiusi nei campi di concentramento (tali sono i CIE), fino ai mille angoli del globo in cui i lavoratori tentano di alzare la testa, oscurati dalla censura della stampa borghese, l’oppressione del capitale inizia appena a trovare la risposta della classe sfruttata.

Per evitare di soccombere, per sfuggire al massacro (ora “solo” economico ma domani anche militare) verso cui la borghesia ci spinge, per riconquistare un futuro che oggi ci viene negato, al momento la parola d’ordine è quella di intensificare ed allargare la lotta, che deve uscire dalla galera della fabbrica e dall’angustia dei confini nazionali, per riversarsi nelle strade e nelle piazze di tutto il mondo.

 

Le nostre rivendicazioni devono rispondere soltanto ai nostri bisogni di vita e di lavoro e si possono ottenere solo se ci daremo organizzazioni territoriali di lotta economica e sociale, chiuse ai padroni e ai loro servi e capaci di combattere con intransigenza, coraggio e continuità, riorganizzando il nostro fronte di classe:

 

  • Forti aumenti salariali per tutti, maggiori per le categorie peggio pagate
  • Drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario
  • Salario pieno ai licenziati, disoccupati, immigrati, precari
  • Aumento generalizzato delle pensioni
  • Unità di classe senza distinzione di razza, sesso, religione, età, nazione
  • Scioperi ad oltranza senza limiti di tempo e di spazio
  • Blocchi della produzione e dei servizi
  • Allargamento delle lotte oltre il recinto della categoria e della azienda, fuori dell’angustia della località e della nazione

 

 

Soltanto da una lotta economica di difesa così determinata, da metodi di lotta e forme organizzative così decisi e compatti, si potrà allora sviluppare la forza necessaria per passare a una vittoriosa offensiva contro il modo di produzione capitalistico, unica vera causa di queste crisi e di queste sofferenze.

 

 

  Versione stampabile

 

Partito Comunista Internazionale
              
                                                                  (Supplemento al n°05/2011 de " Il programma Comunista")

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