DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

1/12/1922

 

Presenti: Bordiga, Gennari, Longo, Gramsci, Tresso, Scoccimarro, Germanetto, Natangelo, D’Onofrio, Lunedei, Marabini, Arcuno, Ravera, Gorelli, Giulianini, De Meo.

 

Bordiga. Riferisce sulle comunicazioni fattegli dalla piccola commissione dopo che questa ha discusso con i massimalisti. La piccola commissione è disposta a fare queste concessioni: la commissione di fusione sarà composta di sette membri: due maggioranza comunista, uno minoranza comunista. Tre socialisti. Per tutte le altre commissioni non si parlerà di maggioranza o di minoranza ma solo di rappresentanti comunisti nominati dalla commissione centrale. Zinoviev ha esposto le concessioni fatte ai massimalisti. Questi hanno dichiarato che non avendo mandato imperativo chiedono che la commissione funzioni qui con Serrati e Maffi mentre i loro compagni andranno in Italia e provocheranno una risposta della Direzione del P.S.I.; firmeranno però il manifesto comune. Al testo della risoluzione furono apportate delle modificazioni di forma. Si dice fiducia nel P.S. epurato anziché: negli elementi proletari. I riformisti saranno detti strumenti e non agenti della borghesia. Nelle commissioni si parlerà solo di terzinternazionalisti perché tutti sono per la Terza Internazionale. Il congresso di fusione si terrà il 15 marzo. I comunisti delegati saranno organizzati dalla Commissione Centrale. Le direzioni dei due partiti funzioneranno sotto il controllo della commissione comune. In Italia andrà subito il rappresentante dell’Internazionale. Nella risoluzione si dice di escludere tutti quelli che aderiranno al discorso Vella. Delle due questioni importanti a noi poste quella della maggioranza e minoranza viene a mancare. Ma non abbiamo nessuna garanzia per la stampa. Vi è per la questione Vella un’aggravante della situazione. Mi è stato chiesto una risposta che non potevo dare a nome della Delegazione. Personalmente riconfermai di rinunciare a parlare nel Plenum, di invitare il Partito alla disciplina, di non partecipare ai lavori della commissione. La rinuncia alla questione della maggioranza e la minoranza non cambia granché la situazione. Vi sono del resto anche le concessioni fatte a Serrati. L’Internazionale non ci concederà di fare il nostro congresso che un giorno prima di quello per l’unificazione. A mio parere la delegazione dovrà astenersi di votare al Congresso. La delegazione non dovrà fare proposte per la composizione della Commissione. La delegazione credo che sia incompetente a nominare dei rappresentanti in questa commissione. La nomina non viene dal Partito ma dal Congresso, quindi la delegazione non può votare su una questione su cui si astiene. Per accettare o meno di far parte della Commissione è quindi un caso di coscienza di chi vi verrà chiamato. Per conto mio mi sento di prendere la responsabilità di non restare nella commissione.

La mozione deve essere formulata su questi punti: non accettazione delle risoluzione; astensione dal voto al Congresso, l’impegno alla disciplina. Le concessioni ci sono state fatte in linea ufficiosa; prima che esse siano introdotte nella risoluzione si vorrà sapere se noi accettiamo o no i deliberati della piccola commissione.

Gennari. La proposta Bordiga è la più logica. La variazione sulla questione Vella è una attenuazione perché dà modo a Vella di rientrare nell’Internazionale. Non credo che la nostra astensione al congresso porti al ritiro delle concessioni fatteci. L’Internazionale vuol essere certa che la maggioranza lavorerà nella commissione. Noi dobbiamo dire senz’altro che di fronte ad un voto di congresso ogni discussione e opposizione cesserà da parte nostra. Noi dobbiamo subito dire alla commissione che quelli di noi che verranno nominati accetteranno e lavoreranno.

Scoccimarro. Il rifiuto di entrare o no nella commissione è un atto politico che implica la responsabilità politica della maggioranza. Si deve quindi considerare la questione come una questione politica cui si trova di fronte la maggioranza. Quando l’Internazionale ci obbligasse di accettare il rifiuto sarebbe un atto di indisciplina. È possibile lasciare arbitri di decidere i compagni che vengono nominati nella commissione? Io credo di no. Perché i compagni non rappresentano se stessi ma il partito.

Bordiga. La delegazione è incompetente di decidere questa questione. Dobbiamo lasciare il singolo responsabile di fronte al partito.

Arcuno. C’è un aspetto della questione che è pregiudiziale: la convocazione del congresso del P.C.I. I massimalisti non si impegnano definitivamente che dopo l’approvazione del loro partito. Noi dobbiamo proporre di rimandare la nomina dei nostri rappresentanti a dopo il congresso del P.C.I.

Azzario. La delegazione deve rifiutare di nominare i propri rappresentanti nella commissione e assumersi collegialmente la responsabilità.

Bordiga. Sono disposto a rinunciare alla questione di lasciare personalmente responsabili i compagni. Dobbiamo fondere le nostre responsabilità. Dobbiamo indicare noi i nostri rappresentanti nella commissione.

Arcuno propone il seguente o.d.g.: La maggioranza della delegazione delibera di invitare la piccola commissione a decidere che il congresso del P.C.I. sia convocato il più presto; e che la nomina della commissione socialcomunista che dovrà precedere la fusione sia rimandata a dopo il Congresso del P.C.I.

Gramsci. Nella ultima riunione noi abbiamo fatto una grande discussione sulla maggioranza e minoranza, ora non possiamo non accettare. Saremmo dei sabotatori. Il più che può farsi è l’astenersi dal voto.

Gennari. Non c’è tempo di attendere il congresso del Partito né il parere del C.C. O siamo disciplinati solo formalmente o noi dobbiamo arrivare alle conseguenze ultime della disciplina. Quando l’Internazionale nomina la commissione chi sarà chiamato a farvi parte sarà disciplinato.

Azzario. Quando l’invito dell’Internazionale sarà un ordine allora ci sottometteremo. Ora abbiamo il dovere di esprimere il nostro parere e quindi rispondere no all’invito di far parte della commissione.

Bordiga. Fino a che noi siamo nei quadri dell’Internazionale ogni ordine diventa esecutivo. Ma la fusione esula dai quadri dell’Internazionale: essa trasforma il nostro partito in modo tale che il nostro C.C. non avrebbe mai potuto fare. Il C.C. può anche non cedere il suo potere alla nuova commissione. Io chiedo che la maggioranza della delegazione chieda che nella commissione non siano compresi i membri dell’Esecutivo che a Roma hanno dichiarato di non voler far parte della direzione del nuovo partito.

Gramsci. La nostra risposta alla commissione deve essere affermativa. Noi non possiamo fare soltanto la questione personale ma solo politica. Le questioni personali si possono risolvere con azioni di carattere privato.

Scoccimarro. Il rifiuto di non partecipare alla commissione non può essere interpretato che come una mancanza di disciplina.

Infine Bordiga propone due risoluzioni approvate da tutti tranne che da De Meo.

 

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