DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

La questione militare e il proletariato  (Progr. Com., n. 13, 1963)

 

Nel corso dell’esposizione di cui abbiamo dato nell’ultimo numero le linee generali, vedremo come il proletariato - la classe più rivoluzionaria della storia, perché lotta per nascere fisicamente fino al momento della sua dissoluzione - si batta per formarsi nelle tre fasi del suo sviluppo storico: nascita fisica, nascita come classe che si costituisce in partito politico, formazione in classe dirigente che si costituisce in Stato dittatoriale. Storicamente esso combatte per esistere materialmente lottando a fianco della borghesia, poi per costituirsi in classe e, infine, per estendere la proletarizzazione della società prendendo con la violenza il potere politico (per es. Russia 1917). E’ quindi attraverso queste tre fasi storiche che dobbiamo seguire il fenomeno della nascita della classe proletaria.

 

Il problema delle alleanze

Data la struttura locale e nazionale della borghesia ed i suoi interessi antagonistici, le sue lotte si muovono in modo sinuoso e contraddittorio, e le diverse rivoluzioni borghesi, pur avendo la stessa natura, non presentano gli stessi caratteri, per il fatto che avvengono successivamente nello spazio e nel tempo, quindi in diverse condizioni di maturità delle forze produttive locali e generali. Inoltre, le zone che via via entrano nella lotta possono avere forme sociali di produzione differenti: in Europa, la lotta rivoluzionaria della borghesia si svolge contro rapporti sociali feudali poggianti sulla base della proprietà privata, mentre nel resto del mondo prevale la proprietà comune.

Dovunque, però, la ruota della storia gira irresistibilmente, sia pure con velocità diversa. Nelle stesse fasi di rinculo controrivoluzionario, le forme sociali continuano a svilupparsi, preparando nel sottosuolo potenzialità superiori a quelle che le forze reazionarie avevano potuto vincere precedentemente, cosicché la possibilità di marcia in avanti della storia diventano sempre maggiori.

Poiché i proletari si trovano coinvolti nella maggior parte delle lotte rivoluzionarie borghesi, il loro obiettivo segue, in questa fase, il corso sinuoso del movimento borghese.

Assistiamo quindi a situazioni storiche che possono sembrare, a chi non abbia una visione chiara del moto della storia, paradossali, ingarbugliate, assurde, perfino contro natura.

Così avviene che le due classi antagoniste per natura - la borghesia ed il proletariato - abbiano interessi “comuni” contro forze sociali precapitalistiche e quindi possano allearsi per separarsi in seguito o approfittare l’una della vittoria dell’altra, in quella che noi chiamiamo “rivoluzione doppia”: il trionfo sulle forze assolutiste è allora strappato non dalla borghesia, che pur avrebbe interesse a farlo, ma dal proletariato, che più tardi può dalla stessa borghesia essere battuto senza che la sua sconfitta sia stata storicamente vana.

In quanto dall’urto armato può dipendere la vittoria di una forza sociale o dall’altra, è evidente qui l’importanza che assume il gioco delle alleanze per l’affermazione e l’egemonia dell’una o dell’altra classe e dei relativi scopi. E’ dunque vitale sapere se il proletariato si mette al servizio della borghesia come suo strumento lasciandole la direzione ed i benefici del moto rivoluzionario, o se conserva la sua autonomia per realizzare le finalità sue proprie. Ma quando il proletariato può avere finalità sue proprie e disporre dei mezzi corrispondenti per realizzarli? Quando è divenuto una classe, cioè quando si è sviluppata una nazione capitalistica evoluta, il che non è vero solo del proletariato in questione, ma anche degli embrioni di strati proletari (industriali e contadini) in cui il proletariato non è ancora “classe nazionale”. Non è questo un punto di “tecnica rivoluzionaria”, ma un punto fondamentale che deciderà l’esito della lotta: l’internazionalismo della battaglia proletaria e dei suoi fini.

Ricordiamo però che anche quando il proletariato lotta apparentemente senza coscienza alcuna di classe e per scopi non suoi, sotto l’ala della borghesia, esso prepara già il terreno del proprio sviluppo e della propria esistenza e che, soprattutto, in quello stadio storico della stessa borghesia è ancora rivoluzionaria nel duplice senso che: a) abbatte le forze reazionarie che intralciano lo sviluppo di una produzione moderna; b) favorisce la formazione sociale del proletariato liberando il lavoro da ogni vincolo feudale e opponendolo direttamente al capitale. E’ quindi nell’ordine delle cose che il marxismo abbia il suo punto di partenza non nella prima rivoluzione proletaria, ma nel momento in cui la borghesia lancia il suo primo attacco rivoluzionario all’ancien regime: è da tutta questa lotta immensa che si sviluppa il suo programma.

 

Prime rivoluzioni borghesi e proletariato nascente

Più che lo sviluppo del primo Stato capitalista del mondo nell’Italia del Sud - nel 13° secolo, ed il suo prolungamento nei Comuni cittadini, dove il mercantilismo crea le basi di una prima forma di produzione capitalistica - ci interessa qui delinearne gli aspetti sociali, ricordando: 1) come il capitale accumulato in Italia poggiasse, prima che sul commercio, sulla grande proprietà fondiaria controllante l’approvvigionamento delle città, ed esportatrice di derrate alimentari; 2) come le ricchezze monetarie così accumulate si riversassero in una piccola industria soprattutto tessile che attingeva le sue materie prime prevalentemente nel Nord (Inghilterra per la lana, Fiandra per il lino e per le tele grezze da trasformare e tingere), ed era quindi vitalmente legata al mercato internazionale sul quale tornavano i suoi prodotti finiti (fiere della Champagne); 3) come, contrariamente agli artigiani, gli operai non lavorassero per una clientela diretta, ma per dei mercanti imprenditori che possedevano gli strumenti di lavoro, disponevano del monopolio del lavoro salariato, fissavano arbitrariamente i salari ed i fitti escludevano gli operai da ogni partecipazione alla vita politica, negavano loro il diritto di coalizione, colpivano di pena di morte lo sciopero. Nell’impossibilità di migliorare gradualmente

 

Partito Comunista Internazionale
(
il programma comunista, n. 13,1963)

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