DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Tempo prima di morire, Giovanni XXIII rivolse una lettera apostolica ai vescovi delle nazioni slave. Giacché in essa si dice che «la voce del tempo è la voce di Dio», e giacché noi siamo convinti che la voce di QUESTO TEMPO di controrivoluzione totale e di sfruttamento inaudito del proletariato internazionale, non potrebbe essere altro che la «voce di Dio», vogliamo far sentire ai proletari che sudano sudore e sangue sotto la sferza del capitale COME parla questo dio per la bocca della chiesa di Roma.

La lettera apostolica prendeva occasione dall'undicesimo centenario dei santi Cirillo e Metodio, e iniziava con una ditirambica esaltazione dei POPOLI SLAVI, che si potrebbe ritrovare tale e quale sulle labbra di Krusciov, L'AMICO DEL POPOLO. Ecco le DOTI DEI POPOLI SLAVI, nelle parole del Papa: «Il senso vivo delle cose di Dio, l'indole generosa, la versatilità dell'ingegno, la inclinazione al vivere cortese, una ricca attitudine alle arti, la liberalità ospitale ed altre ottime qualità che giustificano ogni più bella speranza a loro riguardo». In verità, non pare di vedere Nikita Krusciov in mezzo ai kolkosiani, raccontare la parabola del pane, del sale, della liberalità ospitale? Non pare di vedere la santa Russia del popolo e tutti i suoi sacri ingredienti: le betulle, la balalaika, l'isba, e i rubli nascosti sotto la pietra del focolare o dietro l'icona?

La lettera continuava ricordando il concilio vaticano II  «al quale con nostra grande soddisfazione e lietissimo auspicio furono presentati anche osservatori delegati delle chiese separate», ed afferma, a ragione, che «nell'una e nell'altra parte CIO' CHE UNISCE E' BEN MAGGIORE DI CIO' CHE DIVIDE» (Il corsivo è PROFANO , ma corrisponde alle sacre intenzioni papali).

«Io maledissi al papa or son dieci anni / oggi col papa mi concilierei».

Nikita Serghievic, voi non avete mai «maledetto al papa», come i borghesi massoni di cent'anni or sono: conciliatevi dunque con Roma! Avanti, Nikita, in Vaticano: non voi piglierete a braccio il pontefice, ma egli abbraccerà voi! Giovanni XXIII aveva idealmente proteso la mitria e il pastorale oltre i confini della santa Russia di Cirillo e Metodio (del che gli ha fatto merito Togliatti): il giorno forse non lontano in cui secondo l'auspicio papale, «mutate in meglio le idee dei governanti, come vogliamo sperare, la procella si converta in brezza leggera», non solo Agiubei e Nikita si inginocchieranno in Vaticano, ma soprattutto il sommo moderatore della chiesa romana, chiunque egli sia, percorrerà trionfalmente le contrade della santa Russia e pontificherà nella cattedrale di San Basilio. Già, gli occhi inumiditi, Giovanni XXIII antivedeva questo grande trionfo: «Il Signore... a coloro che confidano  nel suo aiuto e nella sua protezione preparerà UN CONFORTO TANTO PIU' LIETO QUANTO MENO ATTESO».

Che coloro i quali confidano nell'aiuto del Signore NON ABBIANO ATTESO E NON ATTENDANO QUESTO CONFORTO, è dubbio a dir poco. Ma noi, che NON confidiamo nell'aiuto del Signore, abbiamo lungamente atteso e attendiamo con fiducia e certezza il GRANDE CONFORTO dell'abbraccio fra Mosca e Roma. Ma i proletari, che NON confidano nell'aiuto del Signore e nella sua protezione bensì SOLTANTO NEL LORO PROPRIO AIUTO E NELLA LORO PROPRIA PROTEZIONE : ma i proletari, che sanno di potersi aiutare soltanto con l'aperta e violenta lotta di classe e di potersi proteggere soltanto con la loro propria forza; i proletari da lungo tempo attendono questo conforto, i proletari da lungo tempo attendono questa gioia; la grande gioia di vedere i bonzi sindacali che definiscono «teppisti» gli operai in sciopero, di vedere gli esaltatori della patria, di vedere i deputati e i senatori vincitori di battaglie elettorali e costituiti a difesa dell' eternità del parlamento, di vedere i massacratori del proletariato a Varsavia e a Berlino, a Poznam e a Budapest, in una parola di vedere tutti coloro che quotidianamente li tradiscono abbracciati e benedetti dal papa.

* * * * *

Di fronte a così meraviglioso spettacolo, di fronte alla benedizione pontificia, gli operai di tutto il mondo non possono rispondere che con la bocca del proletariato russo sul quale questa benedizione, nelle intenzioni di Krusciov e di chiunque salga alla cattedra di Pietro, dovrebbe cadere. La risposta del proletariato internazionale per la bocca degli operai russi, non può dunque essere che questa:

«IL PROLETARIATO RUSSO non fa parte dei POPOLI SLAVI, né di alcun altro popolo. IL PROLETARIATO E' UNO SOLO nel mondo intero, al di sopra di ogni confine di razza e di nazione, unito dal suo comune sfruttamento, dalla sua lotta comune, e dal suo unico fine: LA DISTRUZIONE DEL CAPITALISMO.

L'acqua benedetta dell'aspersorio papale può dunque ben raggiungere Nikita Krusciov e IL SUO POPOLO SLAVO, costituito di preti, intellettuali, avvocati, affaristi, contadini arricchiti, politicanti e sfruttatori. Quest'acqua benedetta non può invece raggiungere in alcun modo il PROLETARIATO RUSSO.

IL PROLETARIATO RUSSO NON ha «il senso vivo delle cose di Dio» ma possiede al contrario il senso vivo dei prodotti del proprio lavoro, che gli vengono quotidianamente estorti da quei governanti che la Chiesa benedice.

IL PROLETARIATO RUSSO NON ha «la versatilità dell'ingegno», perché il proprio sviluppo intellettuale gli viene impedito da coloro che in Russia come altrove detengono il privilegio della cultura e ne fanno un  MONOPOLIO DEL CAPITALE: possiede al contrario LA FORZA DELLE PROPRIE BRACCIA con le quali intende appunto spezzare il MONOPOLIO DELL'INGEGNO BORGHESE.

IL PROLETARIATO RUSSO NON ha «l'inclinazione al vivere cortese» ma è costretto a vivere in modo tanto inumano da manifestare oggi la propria inclinazione alla scortesia ala durezza e alla violenza nei confronti dei propri sfruttatori, e da manifestare domani la ferma intenzione di esercitare la dittatura e il terrore più spietati nei confronti di coloro che VIVONO CORTESEMENTE sulle loro spalle.

IL PROLETARIATO RUSSO NON ha «una ricca attitudine alle arti» ma vede al contrario mutilata la propria natura umana dalla divisione sociale del lavoro esasperata dal capitalismo, così che è costretto ad avvitare bulloni da mane a sera nella galera della fabbrica; ritiene quindi che l'affermazione secondo la quale esso «possiede una ricca attitudine alle arti» sia una beffa atroce, e manifesta la propria intenzione di far cadere un giorno su chiunque abbia il coraggio di irridere gli schiavi del capitale e di benedire i loro sfruttatori la più implacabile delle vendette.

IL PROLETARIATO RUSSO NON può essere né «liberale» né «ospitale», dal momento che con la propria prole e con le proprie donne deve vivere ammassato nella misura di cinque famiglie per alloggio.

PER TUTTE QUESTE RAGIONI, IL PROLETARIATO RUSSO NON possiede «altre ottime qualità che giustificano ogni più bella speranza a suo riguardo», ma riconosce apertamente di essere dotato di «pessime qualità» e avverte i propri sfruttatori, e i preti che li benedicono, di volerle fermamente usare per la propria rivoluzione.

IL PROLETARIATO RUSSO NEGA inoltre che il «conforto» della riconciliazione con la chiesa di Roma sia per la cricca capitalista del Cremlino «tanto più lieto quanto meno atteso». IL PROLETARIATO RUSSO sopporta ormai da troppo tempo gli effetti della riconciliazione del Cremlino con la chiesa ortodossa, effetti nei quali la sferza del capitale si unisce alla preghiera del pope; e ricorda troppo bene l'opera svolta nella II guerra imperialista dalla chiesa ortodossa, quando d'accordo con tutte le altre chiese, incitò gli operai a massacrarsi sui fronti della patria, per credere che l'incontro del Cremlino con il vaticano sia «un conforto tanto più lieto quanto meno atteso».

IL PROLETARIATO RUSSO afferma al contrario che «il Signore ha preparato a coloro che confidano nel suo aiuto e nella sua protezione», vale a dire a Krusciov e compagni, «UN CONFORTO TANTO PIU' LIETO QUANTO PIU' ATTESO».

A coloro che «confidano nell'aiuto e nella protezione del Signore» si servono in realtà dell'aiuto e della protezione degli operai per poterli meglio sfruttare, vale a dire ai sedicenti comunisti falsi e bugiardi del Cremlino, e ai preti che li benedicono, IL PROLETARIATO RUSSO ANNUCIA DAL PROPRIO CANTO DI PREPARARE LORO UNA FINE TANTO PIU' MALINCONICA QUANTO MENO ATTESA.

Infine: mentre i capitalisti i preti e i governanti di tutto il mondo si rallegrano per il fatto che «la procella si converte in una brezza leggera», IL PROLETARIATO RUSSO GRIDA LA PROPRIA CERTEZZA di potersi riunire in un giorno non lontano al proletariato internazionale, al fine di convertire la brezza leggera della coesistenza pacifica dei preti dei capitalisti e dei governanti  NELLA VIOLENTA BUFERA DELLA RIVOLUZIONE COMUNISTA.

 

il programma comunista, n.12, 12-26 giugno 1963

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