DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Un giovane lettore che ci segue da qualche tempo ci ha rivolto alcune domande relative alla futura società senza classi, alla dittatura del proletariato, alla famiglia com’è oggi e come si trasformerà nel comunismo… Gli abbiamo risposto in maniera naturalmente molto sintetica, rimandandolo a numerosi testi di partito per approfondire questioni tutt’altro che semplici e invitandolo a continuare la corrispondenza. Ecco le nostre risposte.

Eccoci a cercare di chiarire i tuoi dubbi.

Per “abolizione della proprietà privata” si intende, come prima cosa, la socializzazione della proprietà privata borghese dei mezzi di produzione e della proprietà borghese della terra (la cosiddetta “proprietà fondiaria”).

Questo passaggio permetterà, per la prima volta nella storia umana, di togliere al prodotto del lavoro umano associato il carattere di merce e di attribuirgli, finalmente, solo il suo carattere di valore d’uso, cioè di oggetto che deve servire alla soddisfazione di un bisogno umano senza avere alcuna contropartita, se non quella di concorrere con il proprio lavoro (che a sua volta avrà perso la caratteristica capitalistica borghese di essere “merce forza lavoro”) alla soddisfazione dei bisogni di tutti i membri della specie umana.

Ti ricordiamo che obiettivo del lungo lavoro dei comunisti è quello di guidare il processo rivoluzionario verso quella nuova società dove vigerà il principio “A ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità”.

In questo nuovo contesto, quel che definisci, nella tua domanda, “…il diritto di possedere nulla, come casa, tutti gli oggetti personali che ci circondano…” avrà cambiato completamente natura e tutti avranno soddisfatto il diritto a USARE una casa, gli oggetti personali e simili. E siccome la loro produzione sia come “bene durevole” (un’abitazione) che come “oggetto di consumo immediato” (un alimento, un abito) sarà garantita e programmata proprio perché nessuno ne sia “privato”. Nessuno la potrà portare via a chi la starà usando.

In questo senso, non solo sarà socializzata la produzione, ma anche la ripartizione della produzione e la distribuzione della produzione e, come conseguenza, anche l’uso personale della produzione perderà il carattere “privato” ed assumerà un carattere di consapevolezza sociale.

Il passaggio tra la contemporanea società capitalistica e la società comunista di domani è un processo rivoluzionario che presuppone, proprio perché il comunismo non è la realizzazione di un’utopia scaturita dal cervello di uno o più “geniali pensatori”, ma il famoso “movimento che cambia lo stato di cose presente”, dei metodi e dei mezzi ben definiti. Il primo passaggio indispensabile è la distruzione dello stato borghese, anzi degli stati borghesi. Ma non è di questo che questa volta ci hai chiesto…

Il secondo, ancor più necessario, è l’organizzazione di uno strumento nuovo, lo stato della dittatura del proletariato, che servirà alla realizzazione del processo.

In una prima fase, dunque, il proletariato che con la guida del partito comunista si sarà organizzato come classe dominante accentrerà nelle mani del nuovo stato la proprietà di terra e mezzi di produzione.

Sarà un primo momento di statizzazione della proprietà, una sorta di “censimento attivo” di quel che è sopravvissuto alle distruzioni che accompagneranno la guerra civile scatenata dalla borghesia contro il proletariato insorto, e di riorganizzazione della produzione e distribuzione dei prodotti.

In questo momento, mentre la direzione politica verso il comunismo è ben chiara, così come devono essere ben chiari gli strumenti di questa direzione (il partito che dirige gli organi, per esempio i consigli, attraverso cui il proletariato impara a esercitare il potere… ma anche di questo parleremo un’altra volta), la struttura economica è ancora capitalistica: si producono ancora merci, si distribuiscono ancora merci, si ripartiscono ancora merci, e il lavoro è ancora forza lavoro scambiato contro denaro.  Da qui, il processo continua e, man mano che la produzione generale viene stabilizzata e si può cominciare una vera e propria sua pianificazione, si può anche cominciare la trasformazione e socializzare la produzione, cominciando per esempio a eliminare le fabbriche in eccesso, e a controllare la ripartizione dei prodotti, sostituendo il denaro (che si può spendere o non spendere o addirittura risparmiare) con un buono che serve ad avere in cambio ciò che serve in un quantitativo limitato, da usare in un tempo stabilito, e che non si può scambiare con altri soggetti e che varia secondo il lavoro di ognuno o il carico familiare di ognuno, fermo restando che comunque si deve provvedere al rinnovo e all’accantonamento di quel che serve per mantenere una produzione decente e per la fornitura dei servizi che assumeranno subito un carattere, se non ancora sociale, per lo meno collettivo: sanità, mezzi di trasporto, cultura ecc. Si mette in pratica il principio socialista di “Da ciascuno secondo il suo lavoro, a ciascuno secondo il suo lavoro”.

Questo periodo sarà quello durante il quale, man mano che la produzione si farà più razionale, il proletariato imparerà a gestire la “macchina” generale della produzione e la borghesia sarà, dal punto di vista sociale, definitivamente annientata; le funzioni dello stato andranno via via semplificandosi, finché andrà ad estinguersi, essendo “sostituito” da strumenti di una generale, semplice, alla portata di tutti amministrazione, gestione, programmazione SOCIALE.

Presupposto fondamentale e scopo della dittatura del proletariato è l’estinzione della società divisa in classi e la scomparsa della stessa classe proletaria; quindi, lo strumento stato/dittatura del proletariato avrà dentro di sé i presupposti della sua estinzione.

A questo punto, le risposte diventano “semplici”.

Tu chiedi: “Lo statalismo, ovvero dittatura del proletariato, durerà per sempre o è una fase transitoria?”.

Risposta: Sarà transitoria, ma non possiamo sapere quanto durerà. E porterà a una nuova organizzazione sociale della specie umana, senza proprietà privata, senza classi e dunque senza la necessità di un qualsivoglia stato.

A questo punto, non possiamo e non dobbiamo aggiungere altri “dettagli”: non siamo utopisti e non forniamo le “ricette dell’osteria dell’avvenire”.

E veniamo alle ultime due questioni. “Famiglia (o meglio, rapporto genitori/figli) e Nazione”.

Per approfondire questi argomenti, dovrai affrontare i due principali lavori di partito che ne trattano: L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato e I fattori di razza e nazione nella teoria marxista.

Ma relativamente alla affermazione che “noi come classe non abbiamo patria”, la si deve intendere nel suo senso di grido di guerra e di sfida alla mistificazione (ideologia/falsa coscienza) nata dalla rivoluzione francese: la pretesa che la società divisa in classi frutto del modo di produzione capitalistico possa trovare una mediazione del conflitto di classe nel concetto di “Patria, Popolo, Nazione”, cioè di una “comunità che pensa al bene di tutti”.

Un testo fondamentale dell’economia politica, che espone al meglio ciò che la borghesia pensa del modo di produzione capitalistico, si chiama per l’appunto La ricchezza delle nazioni

La critica comunista, anche in questo caso, storicizza quel che per l’intelligenza borghese è un assoluto idealistico: la Nazione, di cui nell’800 si parla, è la nazione borghese, che è una sovrastruttura del modo di produzione capitalistico – o, per meglio dire, una “forma” del modo di produzione capitalistico, e come tale transitoria.

Dialetticamente, nel lavoro di organizzazione della nostra classe come classe per sé, attraverso l’esperienza delle lotte economiche, sociali, politiche, il partito comunista pone la necessità del superamento del concetto di nazione/patria, nel quale la nostra classe rimane confinata nel ruolo di “classe in sé”, cioè come dato socio-economico della società borghese, “classe per il capitale”. Nella fattispecie, carne da cannone da sacrificare nelle guerre…

Se e quando il processo rivoluzionario andrà a buon fine, la società nuova, senza classi e senza stato, trasformerà l’organizzazione delle sue comunità. E come gli individui saranno tutti uguali nel concorrere al benessere di tutti, ma tutti diversi nel modo in cui vi concorreranno, ciascuna potrà sviluppare caratteristiche diverse, ma complementari e finalizzate ad esaltare le caratteristiche positive della nostra specie.

Quanto alla famiglia, in estrema sintesi, anche questa istituzione non è mai stata nei secoli sempre uguale a se stessa. Ma è sempre stata funzionale al tipo di organizzazione socio-economica del tempo e del luogo.

La nostra critica comunista considera un modo di produzione dato (per esempio, quello feudale, quello orientale, quello schiavistico…) come un modo di produzione e riproduzione degli umani che vi concorrono.

Dunque, è vero che i comunisti vogliono l’abolizione della famiglia borghese. Il che non vuol dire abolizione della famiglia in generale, in astratto, in assoluto. Ma il suo superamento, che si accompagnerà ad una migliore comprensione delle caratteristiche “etologiche” che le società divise in classe hanno distorto.

Oggi tocchiamo un abisso di questa distorsione: la famiglia nell’epoca dell’imperialismo è ridotta a una monade, spesso monoparentale. In questo senso, il rapporto genitori-figli è ultra-privatizzato e con lo sviluppo delle tecniche di fecondazione assistita si toccano i vertici della reificazione più totale della riproduzione umana.

Noi lavoriamo perché l’umanità nuova sappia ritrovare il senso sociale del rapporto di riproduzione della specie, che è l’esatto opposto di quegli orrendi, borghesissimi esperimenti di educazione collettiva inventati nella Russia e nella Cina staliniana e maoista, che per di più copiavano le modalità di educazione dei collegi e degli orfanotrofi degli altri paesi imperialisti.

Noi lavoriamo affinché nel domani della società senza classi, in una modalità che non possiamo né dobbiamo descrivere (di nuovo, non siamo “costruttori di utopie”), le madri e i padri, ma anche i nonni, le nonne, le zie e gli zii, gli amici e le amiche, insomma tutti gli adulti (sia che biologicamente si siano riprodotti o che non lo abbiano fatto) possano realizzare quello che per ora è solo un poetico proverbio: “Per fare un essere umano è necessario un intero villaggio”.

Speriamo di aver risposto a tutti i tuoi dubbi. Comunque, scrivici ancora.

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.