DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

E' caratteristica della nostra corrente non aver fatto mai grande affidamento sull'individuo, per quanto dotato di grandi qualità, e aver sempre sostenuto che la sola forza in grado di contrastare l'influenza nefasta di una società marcia è il corpo organico del partito, la forza della sua tradizione a contatto con la classe operaia. Per noi il “più grande dei nostri capitani” vale quanto il nostro “militante più oscuro”, e proprio i “più grandi capitani” del passato avvertivano di non identificare il partito con il suo leader, per quanto grande fosse. Il partito, in quanto anticipazione della società futura, vive delle differenti capacità individuali dei suoi militanti che si compongono nella comune e incondizionata adesione al programma. Gli individui eccezionali sono essi stessi prodotto delle differenze di classe, dei condizionamenti ideologici e materiali che esaltano l'individuo o lo mortificano. Solo il salto alla società futura, senza classi, permetterà la piena realizzazione delle potenzialità umane, individuali come di specie, rompendo finalmente il bozzolo individualistico che impedisce al singolo di realizzarsi in quanto uomo sociale e il vincolo economicistico che non permette all'umanità di elaborare un piano di specie che si avvalga di tutte  le conoscenze di cui dispone il cervello sociale.

 

La nostra diffidenza nei confronti di professori, intellettuali, artisti, esponenti del mondo della “cultura” si fonda sulla certezza che anche i migliori tra questi, quelli non organicamente al soldo del capitale, quelli animati da sincera idealità, non sfuggono al condizionamento delle potenti forze materiali che agiscono nella società di classe. Perfino il partito è sottoposto a questa pressione, e solo l'interno lavoro organico che ne preserva e fa vivere il programma a contatto con la classe operaia lo può mantenere immune. Al di fuori del partito, del suo programma, la società offre un immenso campionario di esistenze perdute, di successi effimeri, di fallimenti, di sofferenza materiale e spirituale. Non c'è da stupirsi se, di fronte al processo di dissoluzione che attraversa il mondo del capitale, molti riscoprono la religiosità e si affidano alla fede in Dio. Se non c'è salvezza in questo mondo, la si cerca altrove.

Non suscita quindi grande sorpresa la notizia che il cantante leader di un gruppo punk italiano degli anni Ottanta, massima espressione della musica ribelle, colto da crisi mistica è passato in via definitiva al cattolicesimo tradizionalista. E' l'epilogo di un lungo e travagliato cammino spirituale che l'ha portato dalla evocazione della Rivoluzione d'Ottobre e della sua sconfitta a confidare i suoi turbamenti al vecchio parroco del paese della nonna, in un viaggio a ritroso alla ricerca delle cosiddette “radici”. Il personaggio non è banale, e gli va riconosciuta una originale vena artistica e una certa forza espressiva; il nome originario del gruppo (CCCP) gli attribuiva poi una inequivocabile collocazione politica “a sinistra” (con tutte le riserve del caso) tanto da farlo diventare un vero e proprio oggetto di culto per generazioni di “alternativi” più o meno ribelli che si riconoscevano nell'energia della musica e nel lirismo evocativo delle parole.

Se ne parliamo, non è certo per giudicare chicchessia, ma come occasione per guardare al presente da diversi punti di vista. Questa società è tremenda. Se è raro invecchiare restando comunisti lo è ancora di più per chi comunista non lo è mai stato davvero, ma forse ha creduto di esserlo abbracciando con sincerità i simboli di una generica causa di giustizia sociale. Quell'adesione era legata al mondo “sovietico”, all'esperienza fallimentare di quel “socialismo realizzato” che celava dietro i simboli gloriosi della storia rivoluzionaria la sua natura genuinamente capitalista. Di questo fallimento gli artisti ribelli di cui parliamo avevano un confuso sentore che traspare dai testi di alcune canzoni e che dava loro il carattere di una critica radicale, un po' disillusa, ma non rassegnata. Poi, un mondo di false certezze che crolla assieme ai muri, il trionfo delle forze economiche che riportano in auge il denaro e i profittatori e umiliano i proletari privandoli perfino della loro identità di classe... tutto ciò sarebbe già abbastanza per spiegare simili conversioni, senza tener conto di drammi individuali, delusioni private, malattie. All'artista ribelle va riconosciuta anche una certa resilienza: in fondo, ci sono voluti trent'anni perché la pressione dell'ideologia dominante nella sua forma più oppiacea – la religione – portasse al crollo. Un crollo che, come avviene quando in una diga si apre una piccola breccia, si trasforma in frana incontenibile. Ecco allora l'ex ribelle ospite di consessi di Fratelli d'Italia, dove si compiace di incontrare vecchi fascistoni che gli confessano di essere suoi fans: anche loro in qualche modo sono stati ribelli al “sistema! Eccolo dichiarare la sua ammirazione per la Meloni e il Salvini, sostenere il diritto della Nazione a difendere i propri confini, e tanto basta e avanza. Ma è proprio qui che, in tanta tristezza, si comincia a intravedere il filo conduttore, l'invarianza, la continuità nella storia individuale del Nostro e di tanti altri. L'antica adesione al “comunismo sovietico” si rivela per ciò che è sempre stata: nasce dalla visione popolare e nazionale propria del PCI togliattiano, si radica senza remore nel sistema democratico, concepisce la Nazione come lo spazio del riscatto dei ceti popolari, ammette la violenza come difesa della democrazia e della Patria più o meno “socialista”. E' disposto anche a sacrificare spazi di libertà democratica in nome di un ordine che garantisca maggiore giustizia sociale. Accantonati i simboli, che cosa c'è di sostanzialmente diverso tra questa visione e il fascismo?

Non sappiamo quanto l'artista ribelle abbia consapevolezza del fatto che la sua conversione in realtà è un ritorno alle origini, “arricchito” da una maturazione spirituale e religiosa che attribuisce senso a un'esistenza altrimenti arida e materiale. L'ordine sociale prospettato nella visione fascio-“comunista”, rossobruna o, per usare un termine attuale, sovranista non può soddisfare tutte le esigenze dello spirito umano. E' un semplice adattamento delle condizioni materiali della vita sociale che contiene le contraddizioni, equilibra i contrasti, stempera le ingiustizie... Più che un salto in avanti è un passo indietro rispetto al grado di avanzamento delle forze produttive indotto dallo sviluppo incontrollato del capitalismo e dei suoi “spiriti vitali”. E' una variante della ricerca del “meno peggio”, che presuppone un'umanità incapace di coesione e armonia senza l'intervento esterno della forza dello Stato. Ma se ordine, sicurezza e un accettabile grado di giustizia bastano al corpo, lo spirito anela a Dio... La conversione del ribelle chiude il ciclo, è la chiusura coerente di un percorso iniziato nel frastuono sedicente sovversivo e concluso nel silenzio del confessionale. Niente di eccezionale, superuomo..! Lo salutiamo con sincero affetto e lo lasciamo alle sue legittime derive, ricordandogli un verso di una sua bella canzone dedicata a Sarajevo sotto assedio durante la guerra civile jugoslava, città martire di quel nazionalismo che oggi si vorrebbe salvifico: “... ti fottono i preti, i pope, i mullah, l'ONU, la NATO, la civiltà”.  Appunto...

Ben altro è l'orizzonte del partito di classe: la società futura nasce nel grembo del capitalismo morente, scioglie le forze produttive dalle catene dei rapporti di produzione, libera l'umanità dalla schiavitù del lavoro salariato, scardina i rapporti sociali fondati su merce e denaro, svelle i confini tra nazioni, crea le condizioni perché il singolo realizzi la sua piena umanità in quanto uomo sociale. Il passaggio non è indolore, è segnato dalla catastrofe rivoluzionaria innescata dalla ribellione alla schiavitù di masse di sfruttati e guidata dall'azione cosciente del Partito. La sconfinata platea di disillusi e intellettuali prezzolati liquida la visione grandiosa con un ghigno irridente e corsivi sprezzanti: “è la fede di un pugno di sopravvissuti sconfitti dalla Storia!”. Ebbene sì, se c'è una possibilità che l'umanità abbia un futuro, essa si realizzerà solo col superamento della primitiva società di classe e il passaggio alla società di specie, la sola capace di stabilire un rapporto armonico con la natura. E' una fede, certo, ma fondata scientificamente sulle dinamiche e le contraddizioni della società presente, non su una fragile speranza. Se così non è, perché allora i padroni tremano solo ad evocare quella prospettiva e attivano tutti i loro potenti strumenti umani e materiali perché sia scongiurata? Essi sanno che è lì, viva e presente nel seno della loro mostruosa società, ormai matura a nascere. La prima loro missione è farla dimenticare ai vivi...

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.