DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Lettera a J. Bloch (21/9/1890)

Londra, 21 settembre 1890

[Dopo aver chiarito alcune questioni sollevate da Bloch relativamente al testo L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Engels così continua:]

Al Punto II, preciso così la Sua prima proposizione principale: secondo la concezione materialistica della storia la produzione e riproduzione della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce quell'affermazione in modo che il momento economico risulti essere l'unico determinante, trasforma quel principio in una frase fatta insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura - le forme politiche della lotta di classe e i risultati di questa - costituzioni stabilite dalla classe vittoriosa dopo una battaglia vinta, ecc. - le forme giuridiche, anzi persino i riflessi di tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi prendono parte, le teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose ed il loro successivo sviluppo in sistemi dogmatici, esercitano altresì la loro influenza sul decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo preponderante la forma. È un'azione reciproca tutti questi momenti, in cui alla fine il movimento economico si impone come fattore necessario attraverso un'enorme quantità di fatti casuali (cioè di cose e di eventi il cui interno nesso è così vago e così poco dimostrabile che noi possiamo fare come se non ci fosse e trascurarlo). In caso contrario, applicare la teoria a un qualsiasi periodo storico sarebbe certo piú facile che risolvere una semplice equazione di primo grado.

Ci facciamo da noi la nostra storia, ma, innanzitutto, a presupposti e condizioni assai precisi. Tra di essi quelli economici sono in fin dei conti decisivi. Ma anche quelli politici, ecc, anzi addirittura la tradizione che vive nelle teste degli uomini ha la sua importanza, anche se non decisiva. Lo Stato prussiano è nato e si è sviluppato anche per motivi storici, in ultima istanza economici. Ma sarebbe pressoché impossibile non cadere nella pedanteria affermando che tra i molti staterelli della Germania settentrionale proprio il Brandeburgo era destinato per una necessità economica e non anche per altri fattori (primo fra tutti il fatto di esser coinvolto, tramite il possesso della Prussia, con la Polonia e, attraverso questa, con tutta la situazione politica internazionale - la quale è certo decisiva anche nella formazione dei possedimenti privati della dinastia austriaca) a diventare quella grande potenza in cui si sarebbe incarnata la differenza economica, linguistica, e a partire dalla Riforma anche religiosa, tra nord e sud. Difficile sarebbe non rendersi ridicoli spiegando economicamente l'esistenza di ogni staterello tedesco del passato e del presente, o 1'origine della rotazione consonantica altotedesca, che ha fatto della barriera formata dalle montagne dai Sudeti al Tauno una vera e propria frattura che attraversa la Germania.

Ma in secondo luogo la storia si fa in modo tale che il risultato finale scaturisce sempre dai conflitti di molte volontà singole, ognuna delle quali a sua volta è resa quel che è da una gran quantità di particolari condizioni di vita; sono perciò innumerevoli forze che si intersecano tra loro, un gruppo infinito di parallelogrammi di forze, da cui scaturisce una risultante - l'avvenimento storico - che a sua volta può esser considerata come il prodotto di una potenza che agisce come totalità, in modo non cosciente e non volontario. Infatti quel che ogni singolo vuole è ostacolato da ogni altro, e quel che ne viene fuori è qualcosa che nessuno ha voluto. Così la storia, quale è stata finora, si svolge a guisa di un processo naturale, ed essenzialmente è soggetta anche alle stesse leggi di movimento. Ma dal fatto che le singole volontà - ognuna delle quali vuole ciò a cui la spinge la sua costituzione fisica e le circostanze esterne, in ultima istanza economiche (le sue proprie personali o quelle generali e sociali) - non raggiungono ciò che vogliono, ma si fondono in una media complessiva, in una risultante comune, da questo fatto non si può comunque dedurre che esse vadano poste = 0. Al contrario, ognuna contribuisce alla risultante, e in questa misura è compresa in essa.

Vorrei del resto pregarla di studiare questa teoria sulle fonti originali e non di seconda mano, è veramente molto piú semplice. Non c'è praticamente nulla di ciò che ha scritto Marx in cui essa non si faccia sentire. Ma in particolare Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, è un esempio davvero eccellente della sua applicazione. Anche nel Capitale ci sono molte indicazioni. E posso poi rimandarla anche ai miei scritti La scienza sovvertita dal signor E. Duhring e L. Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, in cui ho offerto la piú dettagliata esposizione del materialismo storico che a quanto ne so esista.

Del fatto che da parte dei piú giovani si attribuisca talvolta al lato economico piú rilevanza di quanta convenga, siamo in parte responsabili anche Marx ed io. Di fronte agli avversari dovevamo accentuare il principio fondamentale, che essi negavano, e non sempre c'era il tempo, il luogo e l'occasione di riconoscere quel che spettava agli altri fattori che entrano nell'azione reciproca. Ma appena si arrivava alla descrizione di un periodo storico, e perciò a un'applicazione pratica, le cose cambiavano, e nessun errore era qui possibile. Ma purtroppo è fin troppo frequente che si creda di aver capito a fondo una nuova teoria e di poterne senz'altro fare uso non appena ci si sia impadroniti dei suoi principi fondamentali, e anche questo non sempre in modo corretto. E questo rimprovero non posso risparmiarlo neanche a qualcuno dei recenti "marxisti", e ne è venuta fuori anche della roba incredibile.

[…]

Spero che i periodi terribilmente complessi che a causa della brevità di tempo mi sono usciti dalla penna non La spaventino troppo e resto

il Suo devoto F. Engels

 

Lettera a W.Borgius (25/01/1894)

Stimatissimo signore,

ecco la risposta alle Sue domande! 1

1. Parlando dei rapporti economici, che noi consideriamo come la base determinante della storia della società, intendiamo il modo in cui gli uomini di una determinata società producono il proprio sostentamento e si scambiano i prodotti (nella misura in cui esiste divisione del lavoro). Vi è dunque compresa l'intera tecnica della produzione e dei trasporti. Questa tecnica determina, secondo la nostra concezione, anche il modo dello scambio, quindi anche della distribuzione dei prodotti e, dopo la dissoluzione della società gentilizia, anche la divisione in classi, quindi i rapporti di signoria e di servitù, quindi lo Stato, la politica, il diritto, ecc. Sono inoltre comprese nelle condizioni economiche la base geografica sulla quale esse si manifestano e i relitti effettivamente trasmessi di stadi precedenti dell'evoluzione economica, che si sono perpetuati, spesso soltanto per tradizione o per forza d'inerzia, e naturalmente l'ambiente esterno che circonda questa forma di società.

Se è vero, come Lei dice, che la tecnica dipende in massima parte dallo stato della scienza, a maggior ragione questa dipende dallo stato e dalle esigenze della tecnica. Quando la società ha un'esigenza di natura tecnica, ciò favorisce lo sviluppo della scienza più di dieci università. Tutta l'idrostatica (Torricelli ecc.) è nata dal bisogno di regolare il corso dei torrenti nell'Italia dei secoli XVI e XVII. Dell'elettricità sappiamo qualcosa di razionale solo da quando è stata scoperta la possibilità della sua applicazione viva. Ma in Germania ci si è purtroppo abituati a scrivere la storia delle scienze come se queste fossero cadute dal cielo.

2. Noi consideriamo le condizioni economiche come l'elemento determinante, in ultima istanza, dell'evoluzione storica. Ma la razza è essa stessa un fattore economico. Vi sono qui però due punti che non si devono trascurare:

a) L'evoluzione politica, giuridica, filosofica, religiosa, letteraria, artistica, ecc. poggia sull'evoluzione economica. Ma esse reagiscono tutte l'una sull'altra e sulla base economica. Non è che la situazione economica sia causa essa sola attiva e tutto il resto nient'altro che effetto passivo. Vi è al contrario azione reciproca sulla base della necessità economica che, in ultima istanza, sempre s'impone. Lo Stato, ad esempio, agisce per mezzo dei dazi protettivi, del libero scambio, della buona o cattiva fiscalità. Perfino la mortale fiacchezza ed impotenza del filisteo tedesco, derivanti dalla situazione economica miserabile della Germania dal 1648 al 1830, che si espressero dapprima nel pietismo poi nel sentimentalismo e nello strisciante servilismo verso i principi e la nobiltà, non rimasero senza conseguenze economiche. Esse furono uno dei principali ostacoli alla rinascita, e vennero scossi solo dall'acuirsi della miseria cronica a seguito delle guerre della rivoluzione e di Napoleone. Non si tratta quindi, come talvolta si vorrebbe comodamente immaginare, di un effetto automatico della situazione economica; è che gli uomini fanno sì essi stessi la loro storia, ma in un ambiente dato, che li condiziona, sulla base di rapporti reali, esistenti in precedenza, tra cui i rapporti economici, per quanto possano venire influenzati dai rimanenti rapporti politici e ideologici, sono però in ultima istanza i decisivi e costituiscono il filo rosso continuo che solo permette di capire le cose.

b) Gli uomini fanno essi stessi la loro storia, ma finora neppure in una determinata società ben delimitata, non con una volontà collettiva, secondo un piano d'assieme. I loro sforzi si intersecano contrastandosi e, proprio per questo, in ogni società di questo genere regna la necessità, il cui complemento e la cui forma di manifestazione è l'accidentalità. La necessità che si impone attraverso ogni accidentalità è di nuovo, in fin dei conti, quella economica. Qui è il momento di trattare dei cosiddetti grandi uomini. Il fatto che il tale uomo, quello e non altri, sia comparso in quel momento determinato, in quel determinato paese, è naturalmente un puro caso. Ma sopprimiamolo, e c'è subito l'esi-genza di un sostituto, e questo sostituto lo si trova, bene o male, ma a lungo andare lo si trova. Che proprio Napoleone, questo còrso, fosse il dittatore militare reso necessario dal fatto che la repubblica francese fosse stremata dalle proprie guerre, fu un caso; ma che, in assenza di Napoleone, un altro ne avrebbe preso il posto, è provato dal fatto che ogni qualvolta era necessario si è sempre trovato l'uomo adatto: Cesare, Augusto, Cromwell ecc. Se Marx ha scoperto la concezione materialistica della storia, Thierry, Mignet, Guizot e tutti gli storici inglesi fino 1850 dimostrano che vi era una tendenza in questo senso, e la scoperta della stessa concezione da parte di Morgan prova che i tempi erano maturi per essa e che la si doveva necessariamente scoprire.

Lo stesso vale per tutti gli altri fatti casuali o apparentemente casuali nella storia. Quanto più il terreno che stiamo indagando si allontana dall'Economico e si avvicina al puro e astrattamente ideo-logico, tanto più troveremo che esso presenta nella sua evoluzione degli elementi fortuiti, tanto più la sua curva procede a zigzag. Ma se Lei traccia l'asse mediana della curva troverà che quanto più lungo è il periodo in esame, quanto più esteso è il terreno studiato, tanto più questo asse corre parallelo all'asse dell'evoluzione economica.

Il più grande ostacolo alla comprensione esatta delle cose è, in Germania, l'abbandono imperdonabile in cui, nella letteratura, è lasciata la storia economica. È così difficile, non solo disabituarsi dalle rappresentazioni storiche inculcate a scuola, e ancor più mettere assieme il materiale necessario allo scopo. Chi, ad esempio, ha anche soltanto letto il vecchio G. v. Gülich, la cui arida raccolta di materiali contiene tuttavia tanti elementi per la spiegazione di innumerevoli fatti politici.

Del resto, il bell'esempio che Marx ha dato nel 18 brumaio dovrebbe già fornirLe sufficienti ragguagli sulle questioni da Lei poste appunto perché è un esempio pratico. Inoltre nell'Antidühring, parte I, capitoli 9-11 e II, 2-4, come pure nella parte III, 1, o nell'“Introduzione”, e poi nell'ultimo capitolo del Feuerbach, credo di aver già toccato i punti principali.

La prego di non prendere alla lettera le parole che precedono, ma di badare al nesso; mi duole di non avere il tempo di scriverLe dopo aver elaborato la cosa con esattezza, come dovrei fare per il pubblico.

La prego di porgere i miei saluti al signor […] e di ringraziarlo a mio nome per l'invio della […], che mi ha molto rallegrato.

Con grande stima,

Suo devotissimo F. Engels

1Le domande di Borgius, nate a seguito di una discussione con il sociologo W. Sombart e riportate in una lettera a Engels del 19/2, erano le seguenti: “1) che cosa si debba intendere, nel senso più stretto del termine, per 'rapporti economici', se cioè soltanto la quantità e la qualità dei beni prodotti e consumati o anche il modo e il metodo di questi ultimi, che dipende in gran parte dallo stato della scienza; 2) se si debba ritenere che gli stessi, come le restanti condizioni, si limitino a condizionare, determinare ed influire nell'insieme, al modo che 'l'ambiente' condiziona e influenza l'individuo, nel qual caso le particolarità specifiche rimarrebbero sottoposte all'influenza della razza, delle individualità creatrici ecc., e ne sarebbero modificate, o invece la struttura economica generi come sola forza creatrice la statica della società, analogamente al detto di Feuerbach sulla personalità singola: 'L'uomo è ciò che mangia'”.

 

Partito comunista internazionale

                                                                          (il programma comunista)

 

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