DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè, la classe che è la potenza materiale dominante è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio. Gli individui che compongono la classe dominante posseggono fra l’altro anche la coscienza, e quindi pensano; in quanto dominano come classe e determinano l’intero ambito di un’epoca storica, è evidente che essi lo fanno in tutta la loro estensione, e quindi fra l’altro dominano anche come pensanti, come produttori di idee che regolano la produzione e la distribuzione delle idee del loro tempo; è dunque evidente che le loro idee sono le idee dominanti dell’epoca”.

 

Non è mai abbastanza noto (e soprattutto assimilato) questo brano tratto da L’ideologia tedesca, scritto a quattro mani da Marx ed Engels e pubblicato nel 1846: la classe dominante esercita il proprio potere su quella dominata anche attraverso il monopolio delle “idee”, vale a dire delle concezioni, convinzioni, opinioni, vulgate, la cultura in senso lato come pure i luoghi comuni e gli stereotipi – il tutto trasmesso e diffuso attraverso i “canali” saldamente in suo pugno, dall’istituto familiare alla chiesa, dalla scuola ai mezzi di comunicazione di massa, e via dicendo. La borghesia sa quindi di poter controllare il modo di pensare della grande massa del proletariato, assoggettandola al proprio, grazie allo strapotere esercitato da tutte le sue istituzioni, laiche o religiose, scientifiche o letterarie, accademiche o giornalistiche. La Divina Opinione Pubblica, cui ogni giorno vengono tributati onori e omaggi di ogni genere, è in realtà il prodotto, più o meno abilmente confezionato, dei rapporti materiali dominanti.

 

La quotidianità ci offre esempi a non finire, di questa subordinazione. Ne abbiamo colti al volo alcuni fra i più spassosi – che fra l’altro dimostrano anche il fatto che, via via che la classe dominante diviene nei fatti sempre più superflua (e dunque le va strappato il potere per evitare che continui a far tragici danni), via via che nella fase imperialista del dominio del capitale gli ideologi agiscono sempre più da miserabili parassiti, la loro produzione “intellettuale” scade a livelli infimi: ma non per questo è meno invasiva e manipolatrice, alla faccia del tanto celebrato Individuo Sovrano capace di discernere e dell’altrettanto venerata Democrazia come felice universo di eguali. Tanto più è allora necessario il partito rivoluzionario, vera scienza condensata dell’esperienza di lotte fisiche e teoriche di generazioni su generazioni di proletari.

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Primo esempio. Sempre preoccupato del benessere materiale e intellettuale del Cittadino, il quotidiano della Confindustria, Il sole-24 ore, da qualche tempo pubblica inserti intitolati “L’economia per la famiglia”, in cui, per l’appunto, “ti erudisce il pupo”, come si diceva ironicamente un tempo. Fra le tante cose gustose che vi si possono leggere, ce n'è una davvero bella. Fabrizio e Claudia Galimberti, autori di uno di questi inserti intitolato “Agricoltura, industria e servizi”, riassumono il cammino che portò la specie umana alla tecnologia: “Pensiamo a una famiglia che vive dei frutti del campo [!]. Se questa famiglia coltiva il grano e mangia il pane utilizzando tutto il grano raccolto, cosa mangerà il prossimo anno? Come farà a seminare altro grano? Il primo elementare surplus è dunque il ‘grano da semina’: una parte del grano deve essere messo da parte per la prossima semina. Ma questo surplus ancora non basta ad assicurare lo sviluppo dell’economia. Quella famiglia l’anno prossimo avrà un altro raccolto e potrà così sopravvivere. Ma, anno dopo anno, il campo e il raccolto saranno sempre quelli: il reddito della famiglia non migliora. Cosa ci vuole perché migliori?”. Attenti, è la domanda-chiave, in questa “ricostruzione” che tanto ci ricorda le “avventure di Paperino”. La risposta? Giunto a questo punto, l'“uomo” si trova in un’impasse, in un vicolo cieco: non basta sgobbare utilizzando lo strumento a propria disposizione, ci vuole uno scatto in avanti, uno slancio d'immaginazione. Ci vuole (testuale!) l’“ozio”, ma un “ozio creativo, per intenderci”. Infatti, può forse farlo, questo slancio d’immaginazione, il rozzo contadino che non ha tempo, risorse, intelletto per vedere al di là del solco che sta scavando? Certo che no! Parandosi le spalle con l'autorità di Adamo Smith, eterna stella polare del pensiero borghese (ma come?! non saremmo noi marxisti gli iguanodonti?!), i due avventurosi autori dicono che ci vuole qualcuno che pensi, ci vuole un ozioso dal cervello fino – in una parola, ci vuole un “filosofo”! Ecco spiegato l'arcano della sperimentazione tecnologica: niente prova ed errore per tempi lunghi e lunghissimi, niente pratica ed esperienza di generazioni intere, niente progressivi miglioramenti e adattamenti di quel che c'è... No! Ci vuole il filosofo che se ne sta mollemente disteso sotto l'albero (e qui non può non venirci in mente Ciccio, in queste “avventure di Paperino” a uso e consumo del comune mortale!), guarda gli altri che lavorano, annota, pensa. E crea: il bastone, la zappa, la ruota, il carro, la sega, la macchina agricola, e via discorrendo… Tutto nasce dalle circonvoluzioni tortuose (e oziose) dell'intelletto filosofico! Ohibò, a chi non piacerebbe dunque “fare il filosofo”? Insomma, è l’ideologia del parassitismo individualista, sparsa a piene mani!

Ignoranza o malafede?

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Secondo esempio. Sulle pagine del Corriere della Sera del 13/8, l’ex diplomatico riciclato in opinionista e commentatore politico Sergio Romano recensisce una serie di libri di tal Giovanni Codevilla sul rapporto fra Chiesa e Stato nella Russia sovietica e post-sovietica. Al di là delle prevedibili interpretazioni e conclusioni, i libri parrebbero interessanti, perché il tema è interessante, e si presta anche a fornire altri elementi (ammesso che ce ne sia bisogno!) per mostrare la discontinuità fra bolscevismo e stalinismo: il primo “ferocemente anticlericale”, il secondo operante nel senso di una… “convivenza pacifica”, se non addirittura di un’aperta cooperazione patriottica. Ma lasciamo stare ciò: potremo tornarci su in futuro. La perla è un’altra e la cogliamo là dove Romano e Codevilla definiscono “Nep” la “linea staliniana” in materia di religione, “per analogia con la Nuova politica economica che Lenin aveva adottato nel 1921, quando fu necessario ricorrere al mercato per riparare i danni provocati dall’economia marxista”. Bum! “I danni provocati dall’economia marxista”? Niente devastazioni prodotte dalla Prima guerra imperialista mondiale, niente disastri provocati dall’assedio delle potenze imperialiste (ora alleate, subito dopo essersi fatte guerra l’un l’altra) intenzionate a strangolare il nuovo potere sovietico con tutti i mezzi? Cinque anni di assedio, di fame e disperazione, di sabotaggi e incursioni militari, cui il giovane potere sovietico dovette rispondere con il “comunismo di guerra”, che altro non è che l’insieme di misure straordinarie necessarie per sopravvivere – misure che qualunque regime, nelle medesime condizioni, sarebbe stato obbligato a prendere. Altro che “economia marxista”! Naturalmente, vano sarebbe pretendere che questi signori conoscano la storia di quegli anni, magari attraverso la lettura della nostra Struttura economica e sociale della Russia d’oggi, che analizza puntualmente che cosa furono quegli anni e quelle misure. Tant’è: impegnati nella crociata anti-comunista, che ha come chiave di volta la continuità Lenin-Stalin (per metterla giù così come la concepiscono loro: la storia fatta dagli individui), autore e recensore manipolano a piacere.

Ignoranza o malafede?

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Terzo esempio. Poteva mancare, in questo consesso di manipolatori, un filosofo – o meglio, come si dice oggi, una filosofa? E del calibro niente meno che di Agnes Heller, uno dei tanti VIP dell’intellighentzia contemporanea, ripetutamente chiamati a filosofare e così facendo a dar… prova di sé. Chiamata da La Lettura, pubblicazione domenicale del Corriere della Sera del 21/8, a filosofare niente di meno che su “Aristotele contro l’ISIS”, la nostra filosofa, dopo aver “ragionato negli anni” (così si dice nell’introduzione firmata da Daniela Cianci! si sa, i filosofi ragionano, a differenza di noi comuni mortali), si esibisce in un testo in cui schiera Aristotele non solo contro Al-Baghdadi & Co., ma contro tutte le interpretazioni correnti sul “terrorismo islamico”. E vabbe’, un comune mortale potrebbe dire: “la battaglia delle idee”, ecc. ecc. Anche qui, non possiamo pretendere che, in tutti quegli anni passati a ragionare, la nostra filosofa abbia avuto il tempo di leggere quanto noi abbiamo sempre scritto e dimostrato, negli stessi anni, a proposito di “terrorismo islamico”, di religione e capitalismo, di guerre inter-imperialiste, e così via! Però, ci salta la mosca al naso quando, tanto per dare il proprio contributo alla crociata anti-comunista (che si scatenerà rabbiosa l’anno prossimo, centenario del 1917: ce ne saranno delle belle!), la Heller se ne esce con una contemplativa affermazione aristotelica. Dopo aver affermato che “un sistema chiuso di credenze (laiche o religiose) è un presupposto del terrorismo moderno, ma è solo uno tra i tanti” (!!!), dichiara che la “seconda condizione è un’organizzazione totalitaria”. Ed eccovi la perla filosofica: “L’organizzazione totalitaria è stata inventata da Lenin nel 1903, al Congresso del Partito socialdemocratico russo in cui fondò la fazione bolscevica. Lenin creò un sistema-partito capace di operare come un esercito. Il centro emette comandi e ogni unità gerarchicamente strutturata dell’organizzazione, a tutti i livelli, obbedisce…”, ecc. ecc. Ecco come, a forza di ragionare più o meno aristotelicamente, non si capisce un c… della storia e si finge di non comprendere quanto sia opposta la visione rivoluzionaria del partito (cfr. il Che fare?) rispetto a quella tipica del pensiero e della prassi borghese e controrivoluzionaria. Heller ultima stalinista, dunque: ma si consoli – è in buona compagnia!

Ignoranza o malafede?

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Già, ignoranza o malafede? Ammesso che l’una sia preferibile all’altra (e per noi non lo è), è chiaro che il risultato è uno solo: la manipolazione del povero comune mortale, di quell’Individuo Sovrano che l’ideologia dominante vezzeggia a ogni piè sospinto, proprio nello stesso tempo in cui lo sommerge di castronerie. E anche su queste erige la propria dittatura democratica.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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