DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Proletari, compagni!

La crisi economica che sta gravando sempre più pesantemente sulle nostre spalle ha origine – come sappiamo per esperienza diretta e per la memoria storica di generazioni di proletari – in questo modo di produzione, il capitalismo, che fonda la sua esistenza sullo sfruttamento della nostra forza-lavoro. Basta guardarsi attorno per vedere il carico di sofferenza che si sta rovesciando ovunque, nel Maghreb come nel Medioriente, in Cile come in Grecia, in Spagna come in Gran Bretagna, in Cina come in Francia, per rendersi conto che non se ne uscirà vivi se non si torna a combattere. La crisi di sovrapproduzione, che prelude a un nuovo conflitto mondiale, si è andata allargando e approfondendo. Nessuno si faccia illusioni: all’ordine del giorno degli stati borghesi c’è la guerra di classe, la guerra contro il proletariato che rifiuta, anche se spontaneamente, di essere annientato. In nome del profitto, una classe di parassiti (la borghesia in tutte le sue varianti, di destra e di “sinistra”) con il suo seguito di funzionari sindacali e politici ci tiene ancora legati come schiavi, senza mai pagare per la distruzione delle nostre vite, continuando a ritirare la sua quota di rendite, interessi, dividendi, cedole. Il prezzo di questo sfruttamento lo abbiamo pagato e continuiamo a pagarlo ogni giorno con le migliaia di nostri compagni assassinati sui luoghi di lavoro, le cosiddette “malattie sociali”, la nocività delle fabbriche, l’aumento infernale dei ritmi di lavoro, il lavoro che soffoca la nostra esistenza, le paghe miserabili, la disoccupazione, il precariato, il degrado sociale. La loro ricchezza significa per noi miseria, sottoalimentazione e disoccupazione di massa. Ora, questo modo di produzione votato al profitto, alla competizione di tutti contro tutti, alle guerre commerciali, alle speculazioni finanziarie e alle guerre guerreggiate, a forza di produrre merci s’è gonfiato come un bubbone ed è entrato in una crisi distruttiva. Per poter ricominciare il ciclo di accumulazione devono preventivamente logorarci e poi abbatterci perché la nostra resistenza è e sarà l’emergenza sociale. La nostra lotta è e sarà per loro il pericolo mortale!

Proletari, compagni!

La borghesia (questa minoranza che concentra l’80% della ricchezza sociale) non ha più ammortizzatori sociali o elemosine da distribuire a chi, usurato da anni di lavoro, è “fuori produzione”, o è stato o sarà scaricato sui marciapiedi a condividere le stesse condizioni di precari, immigrati, giovani (con il risultato, in più, di essere messi gli uni contro gli altri per qualche misero posto di lavoro, ancor più precario e pericoloso). Per il proletariato ancora attivo si prospetta, ben più grave, il solito attacco: l’aumento dell’orario di lavoro, la riduzione dei salari, l’aumento dei carichi e dei ritmi di lavoro, il divieto di sciopero. La direzione di sindacati corporativi e nazionali, strumenti dello Stato e dei padroni, vorrà imporci la pazienza, l’accettazione di qualunque sacrificio a causa della crisi, la disciplina e la solerzia nelle fabbriche-galere, la produttività, il crumiraggio e la cessazione degli scioperi, la trasformazione delle dimostrazioni nelle strade e nelle piazze in processioni in ginocchio davanti allo Stato e ai padroni – veri sacrifici umani, per rimettere in moto la macchina capitalistica ingolfata dalla sua stessa sovrapproduzione, nella speranza di tornare a far gonfiare i profitti. La borghesia e i suoi servi sindacali e politici ci invitano a prendere tutto con rassegnazione, perché temono la nostra lotta, che sola sarà la vera “emergenza sociale”. Ma anche questo non sarà sufficiente per uscire dalla crisi e allora giocheranno la carta dello stimolo delle economie con l’incremento della produzione bellica e, grazie all’ideologia politica e sociale dell’unione nazionale, saremo portati direttamente dai posti di lavoro ai fronti di guerra, per consumarci come carne da cannone insieme e tutte le altre merci sovraprodotte. La guerra è la loro soluzione per uscire dalla crisi – non esistono per loro altre vie, come già è risultato chiaro in passato.  

Proletari, compagni!

Per respingere la sottomissione totale e la soluzione che la classe dei capitalisti, dei padroni della finanza e delle rendite, ci prospetta, occorre tornare a impugnare le armi della lotta di classe: quelle armi che le istituzioni organizzate dal nemico di classe (i sindacati di regime e i partiti opportunisti) hanno nel tempo disinnescato, ma che tutti noi conosciamo per esperienza diretta, nelle battaglie sostenute in tanti anni. Le rivendicazioni, in questa crisi così violenta nella quale i nostri nemici vogliono farci perdere anche la speranza nel futuro, devono rispondere soltanto ai nostri bisogni di vita e di lavoro e si possono ottenere solo se ci daremo organizzazioni territoriali di lotta economica e sociale chiuse ai padroni e ai loro servi e capaci di combattere con intransigenza, coraggio e continuità. E’ intorno a queste rivendicazioni e a questi metodi di lotta che sarà necessario e possibile riorganizzare il nostro fronte di classe:

  • Forti aumenti salariali per tutti, maggiori per le categorie peggio pagate
  • Drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario
  • Salario pieno ai licenziati, disoccupati, immigrati, precari
  • Aumento generalizzato delle pensioni
  • Unità di classe senza distinzione di razza, sesso, religione, età, nazione
  • Scioperi ad oltranza senza limiti di tempo e di spazio
  • Blocchi della produzione e dei servizi
  • Allargamento delle lotte oltre il recinto della categoria e della azienda, fuori dell’angustia della località e della nazione

Soltanto da una lotta economica di difesa così determinata, da metodi di lotta e da forme organizzative così decisivi e compatti, si potrà allora sviluppare la forza necessaria per passare a una vittoriosa offensiva. Ma i nostri obbiettivi immediati, i nostri metodi, le nostre organizzazioni di difesa immediata, il nostro numero e la nostra presenza diffusa ovunque, per quanto necessari per sopravvivere oggi e riorganizzare le nostre file, non saranno sufficienti da soli per scrollarci di dosso la dittatura che la borghesia imperialista ci impone con la sua democrazia parlamentare e tutte le sue istituzioni democratiche (o, a seconda della bisogna, autoritarie e fasciste): il regime del capitale è un regime di guerra, di distruzione delle qualità umane e di deterioramento della vita sulla terra fino a minacciarne la scomparsa. L’offensiva a cui siamo chiamati deve essere inserita nella prospettiva (ancora lontana, ma da preparare fin dalle lotte di oggi) di una rivoluzione sociale e politica, cioè della conquista del potere e dell’instaurazione del nostro dominio di classe, la dittatura del proletariato, fino alla vittoria definitiva del comunismo, società finalmente senza classi. E per questo è necessaria un’arma fondamentale, fatta di teoria e di pratica, di scienza e di organizzazione: un Partito di classe, un Partito rivoluzionario – il Partito Comunista Internazionale.  

 

Partito Comunista Internazionale
              
                                                                  (Supplemento al n°04/2011 de " Il programma Comunista")

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