DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Nel corso della traduzione in francese (di prossima “pubblicazione” sul nostro sito) del secondo articolo della serie sulle “tempeste monetarie” (cfr. il numero scorso di questo giornale), alcuni dubbi sono insorti a proposito di tre capoversi – dubbi che richiedono alcuni chiarimenti. I capoversi in questione erano i seguenti:

"Almeno per quanto riguarda la Cina, non si tratta solo di un differenziale di competitività, per quanto l'operaio cinese percepisca un salario che è la decima parte di quello dell'operaio americano; si tratta piuttosto del fatto che da determinate produzioni ‘mature’, di beni di largo consumo, nei paesi di vecchio capitalismo si ricavano saggi di profitto troppo bassi e gli investimenti diretti esteri creano nuove aree produttive dove le condizioni della produzione sono migliori. D'altra parte, se diamo credito alle lagnanze cinesi, i margini di profitto ricavati dall'export in Occidente sono talmente esigui che un minimo apprezzamento dello yuan comporterebbe il tracollo delle esportazioni e la chiusura di migliaia di fabbriche. Non si può escludere che le cose stiano effettivamente così, sia se ipotizziamo un gap di produttività per addetto a svantaggio della Cina, sia se ipotizziamo un livello di produttività non molto distante tra i due paesi. Dipende dalle produzioni.

“Se supponiamo infatti un differenziale tecnologico a favore degli Usa nella produzione, poniamo, di pneumatici, questo differenziale si riflette sul profitto effettivamente realizzato. Sul mercato si determina infatti un livellamento del saggio di profitto e si forma un profitto medio che avvantaggia il produttore americano il quale realizza un valore superiore a quello prodotto e Marx ci insegna che il valore di mercato ‘costituisce il centro di oscillazione dei prezzi di mercato’), mentre il produttore cinese, alle condizioni poste, ne realizza uno uguale o inferiore. A vantaggio del produttore americano si determina quindi un plusprofitto, una appropriazione sul mercato di una parte di valore […].

“Se all'opposto supponiamo un livello di produttività per addetto più o meno alla pari, allora la competitività delle gomme cinesi andrebbe ascritta essenzialmente ai minori costi per salari, per cui a vantaggio della produzione cinese andrebbe un saggio del plusvalore maggiore, cui corrisponderebbe anche un saggio del profitto  maggiore […] .

Stando al deficit commerciale americano, se supponiamo il primo caso come modello generale, l'appropriazione di plusprofitto ipotizzata non sarebbe sufficiente a compensare il differenziale di saggio di profitto ricavato della produzione americana di pneumatici; se supponiamo il secondo caso, l'origine del deficit troverebbe una spiegazione immediata. E' probabile che nella realtà si verifichino entrambe le condizioni, a seconda delle produzioni e delle aziende interessate. Negli ultimi due anni le iniziative protezionistiche anticinesi hanno riguardato numerosi prodotti statunitensi, tra questi gli pneumatici, l'acciaio, i tubi. Gli Usa possono reagire riducendo i salari – e in effetti questi risultano mediamente in calo nel corso del 2010, quelli dei neoassunti possono addirittura corrispondere al 50% dei salari medi – intervenendo sui costi di produzione, tagliando le ‘inefficienze’, aumentando il rapporto tra capitale [costante] e variabile (composizione organica)."

 

Proviamo dunque a chiarire.

In USA, come in tutti i Paesi di vecchio capitalismo, si ricavano saggi di profitto troppo bassi; è questa la causa di delocalizzazioni, investimenti diretti esteri, ecc. Questo però fa sì che si creino le condizioni per la nascita di nuovi concorrenti che fanno vedere i sorci verdi ai vecchi mammuth del capitalismo. Non è però che questi costituiscano per i nuovi arrivati facili territori di conquista, vuoi per gli ostacoli di varia natura che vengono opposti all'import, vuoi per questioni che attengono direttamente alle condizioni in cui avviene la produzione di valore. Nei sistemi concorrenti, queste condizioni possono essere diverse o affini; ma in ogni caso la competizione porta a un livellamento verso il basso il saggio medio del profitto.

Nella prima ipotesi indicata sopra, si presume che il sistema produttivo americano si caratterizzi nel suo insieme per una maggiore produttività e che sussista un differenziale di produttività a vantaggio degli USA sulla Cina in una determinata produzione (per es., pneumatici), dato da un superiore rapporto tra capitale costante e capitale variabile; in questo caso, le industrie USA, a più alta composizione organica, generano un saggio del profitto inferiore a quello medio, e a quello cinese in particolare, ma si appropriano sul mercato di un sovraprofitto che compensa nell'immediato questo scarto; in sostanza, praticando il prezzo medio, le industrie USA ne ricavano un margine maggiore rispetto al concorrente. Se tuttavia, nonostante questo vantaggio immediato, i cinesi, sulla base di un apparato produttivo di più bassa composizione organica, riescono a vendere ugualmente i propri pneumatici in USA a prezzi competitivi, vuol dire che praticano un prezzo inferiore al prezzo medio, che si accontentano di realizzare un saggio di profitto inferiore a quello ricavato nella produzione. In questo modo, annullano in tutto o in parte il sovraprofitto che le aziende USA ricaverebbero dalla superiore produttività del loro apparato. Si determina così sul mercato una situazione che tende ad annullare il sovraprofitto e ad accelerare la caduta del saggio del profitto e di quello USA in particolare. Questo giustificherebbe le lagnanze cinesi sui minimi margini di profitto del loro export in USA.

Nella seconda ipotesi, non sussistendo un differenziale di produttività tra le produzioni di pneumatici dei due paesi, a parità di composizione organica (che si suppone in entrambi i casi alta), la maggiore competitività cinese sarebbe originata da una minore incidenza del prezzo della forza lavoro. I bassi margini di profitto (dell'export cinese) deriverebbero in questo caso dal basso livello del saggio medio del profitto, di cui comunque farebbe le spese soprattutto la produzione americana.

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°05 - 2011)

 

 

 

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