DISTINGUE IL NOSTRO PARTITO: La linea da Marx a Lenin alla fondazione dell’Internazionale comunista e del Partito Comunista d’Italia; alla lotta della sinistra comunista contro la degenerazione dell’Internazionale; contro la teoria del socialismo in un Paese solo e la controrivoluzione stalinista; al rifiuto dei fronti popolari e dei blocchi partigiani e nazionali; la dura opera del restauro della dottrina e dell’organo rivoluzionario a contatto con la classe operaia, fuori dal politicantismo personale ed elettoralesco.

Uno dei più penosi lasciti della controrivoluzione vittoriosa e ancora imperante è la confusione che circola a proposito della funzione e del compito del partito comunista. La sconfitta della rivoluzione proletaria, che si è consumata tra l’assalto al cielo del 1917 internazionalista e la utopia nazionalsocialista della “costruzione del socialismo in un solo paese” a partire dal 1926, ha avuto come esito non “soltanto” la distruzione fisica dell’avanguardia rivoluzionaria di classe, ma anche la progressiva degenerazione della forma e quindi del compito storico dell’organo rivoluzionario. Questa degenerazione si è accompagnata, dal 1926 ai giorni nostri, all’abuso del termine “Partito comunista” per denominare quella variegata corrente politica, reazionaria e borghese, incardinatasi intorno allo stalinismo e al poststalinismo (parliamo dei vari Partiti comunisti nazionali e dei loro figli e nipotini vari), variante della multiforme ideologia che alimenta la dittatura del capitale – e ciò fintanto che questo abuso non ha esaurito la sua funzione e si è reso così superfluo. Ma, a moltiplicare la confusione e l’abuso del nome di “Partito comunista”, vi è poi una miriade di gruppi mistificatori, nati dalle macerie della controrivoluzione, e poi da essa travolti, uscendone irrimediabilmente storpiati e incapaci di riprendere la via della rivoluzione comunista.

Noi ci battiamo, come solo si possono battere i comunisti (cioè nel vivo dell’azione della loro classe), sintetizzando nel corpo delle tesi e dei testi i capisaldi che dal 1848 caratterizzano il percorso storico del proletariato rivoluzionario. Per proseguire in questo lavoro di instancabile e continua ripetizione e applicazione, pubblichiamo in questo numero del nostro organo di partito in italiano la Parte II delle “Tesi caratteristiche del Partito” (dicembre 1951) (1). Lo facciamo perché l’esigenza del rafforzamento e del radicamento internazionale del partito, soprattutto in un momento come questo in cui la crisi economica morde sempre più in profondità nella carne del proletariato mondiale, si fa sempre più urgente. L’agonia del modo di produzione capitalistico è lunga e dolorosa, e prepara scenari ancor più sanguinosi (un nuovo massacro mondiale) quando le condizioni oggettive li renderanno inevitabili. Il proletariato che, sotto la spinta di queste drammatiche determinazioni, torna a battersi per i propri obiettivi immediati e storici deve poter contare dunque sul proprio organo dirigente, senza il quale ogni battaglia (anche la più decisa e generosa) è destinata alla sconfitta. In questa Parte II delle nostre “Tesi” del 1951 si sintetizzano dunque i caratteri del partito rivoluzionario – prima, durante e dopo la presa del potere – come la Sinistra comunista li ha sempre affermati e sostenuti. 

***

COMPITO DEL PARTITO

  1. La emancipazione della classe lavoratrice dallo sfruttamento del capitalismo non può avvenire che con una lotta politica ed un organo politico della classe rivoluzionaria, il partito comunista.
  2. L’aspetto più importante della lotta politica nel senso marxista è la guerra civile e la insurrezione armata con cui una classe rovescia il potere della opposta classe dominante e istituisce il proprio. Tale lotta non può avere successo senza essere diretta dalla organizzazione di partito.
  3. Come la lotta contro il potere della classe sfruttatrice non può svolgersi senza il partito politico rivoluzionario, così non lo può la successiva opera di sradicamento degli istituti economici precedenti: la dittatura del proletariato, necessaria nel periodo storico di tale trapasso non breve è esercitata dal partito apertamente.
  4. Compiti egualmente necessari del partito prima, durante e dopo la lotta armata per il potere sono la difesa e diffusione della teoria del movimento, la difesa e il rafforzamento della organizzazione interna col proselitismo, la propaganda della teoria e del programma comunista e la costante attività nelle file del proletariato ovunque questo è spinto dalle necessità e determinazioni economiche alla lotta per i suoi interessi.
  5. Il partito non solo non comprende nelle sue file tutti gli individui che compongono la classe proletaria, ma nemmeno la maggioranza, bensì quella minoranza che acquista la preparazione e maturità collettiva teorica e di azione corrispondente alla visione generale e finale del movimento storico, in tutto il mondo e in tutto il corso che va dal formarsi del proletariato alla sua vittoria rivoluzionaria. La questione della coscienza individuale non è la base della formazione del partito: non solo ciascun proletario non può essere cosciente e tantomeno culturalmente padrone della dottrina di classe, ma nemmeno ciascun militante preso a sé, e tale garanzia non è data nemmeno dai capi. Essa consiste solo nella organica unità del partito. Come quindi è respinta ogni concezione di azione individuale o di azione di una massa non legata da preciso tessuto organizzativo, così lo è quella del partito come raggruppamento di sapienti, di illuminati o di coscienti, per essere sostituita da quella di un tessuto e di un sistema che nel seno della classe proletaria ha organicamente la funzione di esplicarne il compito rivoluzionario in tutti i suoi aspetti e in tutte le complesse fasi.
  6. Il marxismo ha rigorosamente respinta, ogni volta che è apparsa, la teoria sindacalista, che dà alla classe organi economici nelle associazioni per mestiere, per industria o per azienda, ritenendoli capaci di sviluppare la lotta e la trasformazione sociale. Mentre considera il sindacato organo insufficiente da solo alla rivoluzione, lo considera però organo indispensabile per la mobilitazione della classe sul piano politico e rivoluzionario, attuata con la penetrazione del partito comunista nelle organizzazioni economiche di classe. Nelle difficili fasi che presenta il formarsi delle associazioni economiche, si considerano come quelle che si prestano all’opera del partito le associazioni che comprendono solo proletari e a cui gli stessi aderiscono spontaneamente ma senza l’obbligo di professare date opinioni politiche religiose e sociali. Tale carattere si perde nelle organizzazioni confessionali e coatte o divenute parte integrante dell’apparato di stato.
  7. Il partito non adotta mai il metodo di formare organizzazioni economiche parziali comprendenti i soli lavoratori che accettano i principi e la direzione del partito comunista. Ma il partito riconosce senza riserve che non solo la situazione che precede la lotta insurrezionale, ma anche ogni fase di deciso incremento dell’influenza del partito tra le masse non può delinearsi senza che tra il partito e la classe si stenda lo strato di organizzazioni a fine economico immediato e con alta partecipazione numerica, in seno alla quale vi sia una rete emanante dal partito (nuclei, gruppi e frazione comunista sindacale). Compito del partito nei periodi sfavorevoli e di passività della classe proletaria è di prevedere le forme e di incoraggiare l’apparizione delle organizzazioni a fine economico per la lotta immediata, che nell’avvenire potranno assumere anche aspetti del tutto nuovi, dopo i tipi ben noti di lega di mestiere, sindacato di industria, consiglio di azienda e così via. Il partito incoraggia sempre le forme di organizzazione che facilitano il contatto e la comune azione tra lavoratori di varie località e di varia specialità professionale, respingendo le forme chiuse.
  8. Nel succedersi delle situazioni storiche il partito si tiene lontano quindi: dalla visione idealistica e utopista che affida il miglioramento sociale ad un'unione di eletti coscienti di apostoli o di eroi; dalla visione libertaria che lo affida alla rivolta d’individui o di folla senza organizzazione; dalla visione sindacalista o economista che lo affida all’azione di organismi economici ed apolitici, sia o non accompagnata dalla predicazione dell’uso della violenza; dalla visione volontaristica e settaria che, prescindendo dal reale processo deterministico per cui la ribellione di classe sorge da reazioni ed atti che precedono di gran lunga la coscienza teorica e la stessa chiara volontà, vuole un piccolo partito di “élite” che, o si circonda di sindacati, estremisti che sono un suo doppione, o cade nell’errore di isolarsi dalla rete associativa economico sindacale del proletariato. [...] (2)

(1)  Si tratta di uno dei rapporti alla Riunione generale del Partito (Firenze, 8-9 dicembre 1951), il cui testo integrale è riprodotto in “Il Programma Comunista”, n.16/1962. Chi fosse interessato a leggerlo nella sua interezza lo può trovare nel nostro testo In difesa della continuità del programma comunista, alle pagg.145-164.

(2)  Abbiamo omesso le ultime sei righe, che citano le “sinistre” tedesche e olandesi e introducono alla Parte III di queste Tesi.

                                                                                                                                                                                      Il Programma comunista, n°5, 2010

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.