Per raccontare la giornata del 27 settembre, bisogna tornare un attimo indietro, al 29 luglio, quando, alla Facoltà di Ingegneria, ci fu un'assemblea di carattere nazionale, con discreta partecipazione e la presenza di molte realtà in lotta provenienti da tutta la penisola, fra cui la componente più importante era quella dei compagni migranti, che hanno partecipato alle lotte nella logistica emiliana (e non), organizzati dal S. I. Cobas. Oltre a loro, c'erano lavoratori della Fiat di Terni, disoccupati napoletani, varie realtà “di movimento”, e una presenza massiccia di gruppi politicizzati, mentre pochi erano i collettivi operai auto-organizzati, tra cui i cassintegrati Fiat e Irisbus e i lavoratori Astir. L'obiettivo della riunione era quello di lanciare un percorso di lotta nazionale che superasse le logiche vertenzialiste e ponesse le basi di una unione concreta delle lotte verificatesi nei mesi precedenti nel mondo lavorativo. Ottimo proposito. In sintesi, le parole d'ordine sono state: "Lavorare meno-lavorare tutti" e " Salario garantito ai disoccupati, salario pieno agli occupati".

Come primo appuntamento è stato scelto il 27 settembre, a Pomigliano, dinanzi ai cancelli Fiat. Quel giorno, davanti ai cancelli si son viste molte delle realtà presenti alla riunione, ma neanche un operaio Fiat. Insomma, si stava bloccando una fabbrica senza che gli operai volessero farlo. A Pomigliano, a parte una decina di cassintegrati Fiat, la partecipazione alla lotta è stata pari a zero. I cassintengrati non hanno più alcun rapporto con l'interno e gli operai ancora occupati subiscono un attacco su due fronti: da un lato, la Fiom, che imbriglia con appelli al diritto e alla democrazia gli operai che alzano la testa; dall'altro i capireparto, che fanno continuamente opera di terrorismo. Così, senza una preparazione seria, non ci sono stati picchetti, e i battaglieri migranti scesi da Bologna desiderosi di incontrare altri lavoratori in lotta non hanno trovato nessuno: solo 300 poliziotti bardati di tutto punto che camminavano avanti e indietro tra i vari ingressi, militarmente presidiati a dovere. Morale della favola: a Pomigliano, non si muove una foglia che la Fiom non voglia, soprattutto se si continuano a disperdere le energie secondo velleità idealiste e movimentiste, pasticcione e disorganizzanti.

Impossibilitati ad avvicinarsi ai cancelli, s’è formato un corteo diretto all'autostrada per bloccarla: ultimo conato di disperazione. Poi, un corteo ha raggiunto il centro di Napoli. Se davanti alla fabbrica c'era un gruppetto dalle idee confuse con qualche scalmanato, a questo punto c'era... la Babilonia: studenti, tutte le strutture di movimento napoletano, l'area dei disobbedienti, le scorie dell'operaismo anni settanta (“rifiuto del lavoro”, “redditi-diritti-felicità”), i Carc, ecc. Unica nota positiva del corteo: l'occupazione simbolica della sede della Cgil, per denunciare quella che è ormai una struttura della Confindustria. S’è tentato di ripetere quel che era successo il Primo maggio, ma, mentre la forzatura di quel giorno è stata forte ed ha avuto un grande impatto, dal punto di vista organizzativo non c’è stato nessun passo in avanti: nei luoghi di lavoro non si muove nulla.

In questi giorni (fine ottobre), pare che alcuni lavoratori di uno stabilimento di Santa Maria Capua Vetere siano in agitazione... Seguiremo con attenzione quel che succede.

 

Partito Comunista Internazionale 

(il programma comunista n°06 - 2013)
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