“Governi amici”, “politica e antipolitica”, “caste gelose dei loro privilegi”, “politica dei partiti e politica della gente”, “movimenti dal basso”, “nuovi partiti”, “ridistribuzione degli utili”, “stato sociale”... Se ne fa un gran parlare, oggi, in Italia e nel mondo. Buffoni di destra, di centro e di “sinistra”, seduti comodi nelle poltrone parlamentari o in perenne agitazione su palcoscenici più o meno improvvisati o impegnati in vomitevoli giochi delle parti in squallidi salotti televisivi, non fanno che bombardarci di parole totalmente vuote di contenuti, piene di retorica e demagogia della peggior specie. Intanto, l’economia mondiale gira sempre più a vuoto nonostante le rassicurazioni degli “esperti”, i fantasmi di guerra incalzano sempre più vicini e reali, la crisi colpisce nel portafoglio e nella pancia, l’abbrutimento della vita associata procede in maniera inquietante...
Quello cui stiamo assistendo non è nient’altro che il completo marcire di tutto un mondo, di tutto un sistema, bene rappresentato dalla miriade di partiti parlamentari di destra, centro e “sinistra”, e dei loschi figuri che li rappresentano come tanti uomini di paglia, come burattini con la carica a molla. E ciò, a sua volta, è espressione del più generale parassitismo, di quella “tendenza alla stasi e alla putrefazione” (Lenin, L’imperialismo, 1916), tipica del capitalismo ormai entrato nell’età dell’imperialismo (non certo da oggi – 2007 – , ma dalla fine dell’800, dalla chiusura definitiva dell’epoca del liberalismo) .
Di fronte alla crisi profonda che scuote il modo di produzione capitalistico, all’imputridimento totale della vita politica borghese, alle guerre locali che insanguinano aree e continenti, alle acute guerre commerciali che preludono a nuovi massacri mondiali, all’avvelenamento di ogni aspetto dei rapporti umani e sociali, di fronte a tutto ciò, illudersi ancora che la macchina democratica e parlamentare possa essere riformata; che la “democrazia vera”, perduta per strada non si sa bene dove, possa essere ripristinata; che, sotto la spinta di un’indignata pressione dal basso, i partiti dell’arco parlamentare possano conoscere una specie di rigenerazione etica e ripresentarsi candidi come gigli ai loro elettori; che dalle “grandi manovre” di rimescolamento della frittata di questa o quella componente, “correntone”, “nuovo partito”, “nuova prospettiva”, possa nascere un “altro modo di far politica, più vicino ai cittadini”; che sia possibile “ridistribuire gli utili” in un momento in cui il capitale è sempre più asfittico; che sia possibile istituire uno “stato sociale” che si faccia carico dei “deboli e indifesi” – illudersi di tutto questo è quanto di più reazionario, stupido e criminale.
Tutto ciò, infatti, non ha niente a che vedere con gli interessi immediati e futuri della nostra classe. Sia che lotti per la pagnotta oggi, sia che lotti per un altro modo di produzione domani, il proletariato si troverà infatti sempre contro, in qualunque momento e frangente, armato fino ai denti e compatto come un sol uomo (o donna), lo Stato (con il suo vasto arsenale di randelli), il Governo e il Parlamento. E questo vale per l’Italia, come per qualunque altro Paese. Chiunque alimenti ancora quelle illusioni, chiunque cerchi di convincere che Stato, Governo, Parlamento possano essere qualcosa di diverso da strumenti di oppressione aperta o sotterranea, chiunque cerchi di entrare in quel meccanismo democratico-parlamentare proclamando di volerlo piegare agli “interessi del popolo”, è un autentico nemico di classe: merce avariata che va buttata al più presto fuori bordo. Bisogna al contrario lottare contro ogni illusione nella possibilità di una rappresentanza proletaria in Parlamento, nel ritorno alla “vera democrazia”, nel riformismo in tutte le sue vesti.
Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°05 - 2007)