Durante le manifestazioni della primavera e dell'autunno 2016, il governo guidato dal Partito “Socialista” ha represso i manifestanti con selvaggia violenza – cosa che ha fatto nascere lo slogan “Tout le monde déteste la police” (“Tutti detestano la polizia”). In seguito, un po’ ovunque in Francia, ci sono state manifestazioni di sbirri che rivendicavano un rafforzamento degli organismi di repressione e delle politiche securitarie, insistevano perché si limitassero i “diritti” degli accusati e la presunzione d'innocenza, e rivendicavano l'impunità totale per le proprie violenze. Naturalmente, la stampa e i media borghesi hanno dato ampio spazio e rilievo a queste manifestazioni anti-proletarie.

Da parte loro, Lutte Ouvrière e parecchi altri gruppi “gauchistes” hanno dato il proprio sostegno a quest’offensiva reazionaria, dichiarando di essere “scioccati per le ripetute aggressioni gratuite [corsivo nostro] contro la polizia” (vedi Lutte Ouvrière, del 20/10/2016 e del 27/10/2016). A quanto pare, Lutte Ouvrière & Co. non arrivano a comprendere che queste “aggression” sono spesso l'espressione di giovani proletari o proletarizzati che si ribellano alle molestie permanenti, alle continue perquisizioni corporali, ai controlli a ripetizione, alle osservazioni razziste, agli arresti abituali, ai fermi di polizia, nelle periferie proletarie – sono insomma una risposta spontanea al clima intimidatorio che lo Stato borghese utilizza per mantenere l'ordine stabilito. Da parte sua, il gruppo riunitosi intorno a L'Etincelle arriva a dire che “gli sbirri che operano sul territorio si ribellano contro la loro gerarchia [...] e questo si può comprendere [corsivo nostro]”; e che “armare sempre più i poliziotti espone prima di tutto loro”. Quale ignominia! Costoro dimenticano che a manganellare e sparare su manifestanti e proletari sono la polizia e l'esercito. Per Lutte Ouvrière, gli sbirri sarebbero “dei funzionari di base, quelli che pattugliano stazioni e quartieri popolari, che sono chiamati quando le cose sfuggono di mano, che accolgono il pubblico nei commissariati”. Meglio non fare commenti!

Sempre per costoro, gli sbirri “si trovano in prima linea nel constatare il degrado sociale e, in senso figurato, se lo prendono in faccia. A causa della loro professione [corsivo nostro], non vedono che il peggio di ciò che questa società di disuguaglianza e ingiustizia genera tra gli oppressi” (Lutte Ouvrière, del 13/02/2017). E ancora: “i poliziotti sono certamente in prima linea davanti alle violenze che generano la degradazione della nostra (corsivo nostro) società”. Poveretti!

Nell'intervista su i.télé (13/02/2017), la candidata elettorale di Lutte Ouvrière, N. Arthaud spiega che queste rivolte non sono “il mezzo giusto, non hanno uno scopo, sono molto ingiuste per gli abitanti”; che sì, ci sono delle “zone fuori legge”; che questa “è una realtà, è vero”, riprendendo così le argomentazioni della borghesia. Aggiunge poi anche che “la lotta va portata contro il grande [corsivo nostro] capitale”, e completa il tutto con lo slogan riformista “distribuzione delle richezze” (slogan che è anche degli ali anarchici), e con la parola d’ordine “un salario per tutti!”, mentre se mai i comunisti combattono per l'abolizione del sistema salariato!

Per Lutte Ouvrière, la polizia avrebbe dunque una funzione di pubblica utilità. Non sarebbe una milizia armata del capitale, che serve alla classe dominante (minoritaria) per reprimere i proletari e per dissuaderli dalla “violazione” delle leggi che difendono la proprietà privata e li privano di tutto. Per proteggere, insomma, la classe dominante contro le rivolte individuali o collettive dei proletari. Punto, e stop.

Noi ricorderemo invece sinteticamente la posizione dei comunisti rivoluzionari (e non dei loro avatar!) sulla questione delle rivolte e delle insurrezioni: 1) Queste rivolte sono il sintomo dell'impossibilità per il capitalismo di gestire le proprie contraddizioni. La rivolta è il sintomo (la febbre) della sua malattia profonda. 2) La rivolta non è la rivoluzione proletaria e comunista. Però, senza numerose, piccole o grandi rivolte e insurrezioni, è difficile che maturi, sulla base anche di queste esperienze, una preparazione rivoluzionaria. 3) Noi non facciamo l'esaltazione dello “scontro per lo scontro”, e tuttavia non possiamo mai condannare quelle rivolte, come invece fanno Lutte Ouvrière e altri. 4) Fino a quando non ci sarà una riorganizzazione della classe proletaria (cioè, una organizzazione proletaria sul piano economico e su quello politico) e il radicamento in essa del partito di classe, in questo periodo di controrivoluzione totale che dura da più di novant'anni ed è dovuto all'azione congiunta di stalinismo, fascismo e democrazia, queste rivolte si troveranno sempre in un vicolo cieco.

Solo grazie a questa critica (e non alla condanna di queste rivolte), potranno emergere avanguardie sul piano delle lotte economiche e sociali, pronte a disporsi su un terreno e un fronte di classe proletari e approdare così al comunismo e al partito rivoluzionario.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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