“Vero” o “finto” che sia stato il tentativo di golpe in Turchia, con la successiva repressione messa in atto dal governo Erdogan (democraticamente eletto e come tale riconosciuto da tutte le potenze imperialiste), una cosa è certa: una volta di più, i duri fatti materiali della crisi economica mondiale si fanno sentire anche all'interno delle classi dominanti borghesi. Con implicazioni e conseguenze diverse, in Gran Bretagna e in Turchia (per limitarci ad alcuni degli eventi vistosi di quest'inizio d'estate 2016), si sono scontrate fazioni borghesi in grave affanno nel tentativo di far fronte a una crisi economica che, lì come altrove, rischia di diventare – e in parte è già diventata – sociale e politica.

I recenti balletti diplomatici turchi (il tira-e-molla con l’Europa, il vero e proprio cinico business sulla pelle dei migranti, le rotture e poi i riavvicinamenti con Russia, Israele, Siria) mostrano l'incertezza in cui si dibatte la classe dominante di quel paese, in un contesto internazionale egualmente dominato da un'instabilità che cresce: le guerre senza fine in Iraq, Siria, Libia, Centr'Africa; le fratture interne all'Europa con il conflitto in Ucraina e le spinte centrifughe e nazionaliste; il riposizionamento della Nato a est; una situazione sociale esplosiva in molti paesi dell'America Latina; l'acuirsi delle tensioni sociali negli Stati Uniti...

L'impossibilità delle varie classi dominanti nazionali di far fronte alla crisi se non preparando (attraverso un continuo disegno e ridisegno di precarie alleanze) un nuovo conflitto mondiale inter-imperialistico s'accompagna però sempre all'intensificata repressione anti-proletaria, all'aperta dittatura democratica nei confronti di tutti coloro che cercano di difendere le proprie condizioni di vita e di lavoro. I proletari di Turchia, qualunque sia la loro origine, come i proletari di tutto il mondo, non dovranno solo abbandonare ogni reazionaria prospettiva nazionale rompendo con la propria classe dominante e rifiutando di farsi agganciare al carro di questa o quella fazione borghese. Dovranno anche tornare a porsi – come obiettivo verso cui tendere – la questione del potere, unico modo per difendersi oggi dagli attacchi del capitale e predisporsi domani al contrattacco decisivo e finale. Ma perché quest'obiettivo non risulti vano e non si tramuti in un ennesimo bagno di sangue proletario, è necessario e urgente che si rafforzi e metta radici a livello mondiale il partito rivoluzionario, nato su solide basi teoriche e su una tradizione ormai centenaria di lotte e di organizzazione. Noi, Partito comunista internazionale (il programma comunista), ultra-minoritari e contro corrente, lavoriamo a ciò, nella convinzione, frutto di tutta un'esperienza, che questa prospettiva è l'unica in grado di sventare un nuovo devastante massacro inter-imperialista e di stroncare una volta per tutte la sanguinaria agonia di un modo di produzione – quello del capitale – ormai solo distruttivo.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

 

Articoli recenti sulla situazione economica e sociale turca usciti su “il programma comunista”:

  • “Turchia oggi (I)”, n1/2014

  • “Turchia oggi (II)”, n.3-4/2014

  • “Dalla Turchia, un episodio di genuina lotta proletaria”, n.4/2015

  • “Turchia. Dopo l’ennesima strage”, n.6/2015

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