Anche il Belgio si ferma. Gli scioperi nel settore pubblico si allargano, in mezzo ai contrasti sociali e politici tra fiamminghi e valloni. I progetti di aumento della produttività, taglio alla spesa sociale, privatizzazione di alcune aziende pubbliche sono gli stessi che, nelle scorse settimane, hanno spinto alla lotta i lavoratori francesi, spagnoli e greci. Il movimento di lotta riguarda fortemente il sud francofono-vallone e si sviluppa nei Ministeri, nella raccolta rifiuti, nelle poste, nei trasporti regionali e locali; i collegamenti ferroviari tra nord e sud sono stati bloccati, spaccando in due il paese; a fine maggio, i ferrovieri della SNCB hanno sospeso il lavoro (ma solo nella parte meridionale); perfino i secondini delle prigioni sono scesi in sciopero per ottenere migliori condizioni di lavoro... Le agitazioni sono abilmente indirizzate da sindacati e governo verso una spaccatura irreversibile tra lavoratori, visto che in passato si riusciva a risolvere le lotte con qualche aumento salariale. Il governo federale di Michel, a maggioranza fiamminga (liberali, democristiani, autonomisti), conduce un’evidente lotta tra bande borghesi. A Mons, i giornali riportano la notizia di un manichino con la faccia di Michel impiccato sulla Grand-Place della città vallona. La spaccatura tra le due fazioni borghesi ha lo scopo evidente di alimentare sul piano sindacale e sociale quella fra lavoratori, condannandoli alla dispersione come avviene da decenni. E’ tale la divisione tra le fazioni che non desta meraviglia che il loro radicalismo venga definito “scontro tra due democrazie” (sic!) che condividono una stessa struttura federale chiamata “Lasagna istituzionale”. E che il Presidente della Corte costituzionale definisca il paese uno… “Stato canaglia” (Etat voyou!)…

 

Partito comunista internazionale

                                              (il programma comunista)

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