Cent’anni fa, tra il 5 e l’8 settembre 1915, nella cittadina svizzera di Zimmerwald, si tenne una Conferenza dei partiti socialisti di Francia, Italia, Russia, Germania, Bulgaria, Norvegia, Paesi Bassi, Romania Svezia, Svizzera (dunque, sia dei paesi neutrali sia di quelli in guerra) con lo scopo di adottare una posizione unitaria nei confronti del conflitto in corso ormai da più di un anno. In quell’occasione, si delineò per la prima volta, a livello internazionale, una Sinistra che aveva in Lenin, Zinoviev e Radek e pochi altri i suoi principali rappresentanti. Fu questa Sinistra a proporre sia un Progetto di Risoluzione sia un Progetto di Manifesto (firmati dal Comitato Centrale del Partito Social-Democratico Operaio di Russia, dal Comitato Nazionale della Social-Democrazia Russo-Polacca e Lituana, dal Comitato Centrale della Social-Democrazia Lettone, dalla Federazione dei Giovani Socialisti di Svezia e Norvegia, da un rappresentante dei social-democratici rivoluzionari tedeschi e dallo svizzero Platten)1, che vennero però respinti a maggioranza. Lenin, Zinoviev, Radek e altri componenti la Sinistra sottoscrissero comunque il Manifesto che emerse dalla Conferenza, ma chiesero che la seguente dichiarazione venisse acclusa ai rapporti conclusivi: “Il Manifesto accettato dalla Conferenza non ci soddisfa completamente. In esso non vi è nulla di specifico sull’opportunismo dichiarato o su quello che si cela dietro frasi radicali – di quell’opportunismo che non solo porta la principale responsabilità del crollo dell’Internazionale, ma che anzi vuole perpetuarlo. Il Manifesto non specifica chiaramente i mezzi per opporsi alla guerra. Noi continueremo, nella stampa socialista e nelle riunioni dell’Internazionale, a sostenere un atteggiamento marxista risoluto di fronte ai problemi che l’epoca dell’imperialismo pone al proletariato. Accettiamo il Manifesto perché lo concepiamo come un appello alla lotta e perché, in questa lotta, noi vogliamo marciare, fianco a fianco, con gli altri gruppi dell’Internazionale. Preghiamo di accludere questa dichiarazione al rapporto ufficiale”. La successiva Conferenza di Kienthal (24-30 aprile 1916) preciserà e diffonderà ulteriormente le posizioni di sinistra, come base e presupposto di un’agitazione teorica e pratica contro la guerra imperialista e come passo decisivo verso la creazione di una nuova Internazionale. Su queste due importanti conferenze, la nostra Storia della Sinistra Comunista (vol. I: 1912-1919) ricorda che “le delegazioni italiane, composte, per ragioni intuibili, quasi soltanto da delegati tra cui vi erano pacifisti convinti ma non veri marxisti rivoluzionari, non poterono rispecchiare le posizioni della vigorosa sinistra del partito [socialista italiano]. Ecco perché il manifesto della Sinistra di Zimmerwald con la firma di Lenin e Zinovief non reca firme italiane; in effetti, per le cause di guerra, un collegamento organizzato che non passasse per la Direzione del partito i sinistri italiani degli anni 1915 e 1916 non lo possedettero. Le firme del manifesto generale di Zimmerwald sono quelle di Modigliani e di Lazzari. Lenin, come è noto, firmò anche quel testo, apertamente antibellico e di condanna esplicita al socialpatriottismo, considerandolo un buon ‘passo avanti verso la lotta reale contro l’opportunismo, verso la rottura e la scissione’; esso era stato scritto notoriamente da Trotskij e rifletteva bene anche la posizione degli spartachisti tedeschi, degli eroici Liebknecht e Luxemburg” 2.

Di seguito, riportiamo i due Progetti presentati dalla Sinistra. Non si tratta di pura testimonianza storica, come molti vorrebbero. Si tratta invece di armi politiche di cui bisogna tornare a impadronirsi, di fronte al baratro che si sta schiudendo, giorno dopo giorno, sotto i piedi del proletariato internazionale: la prospettiva di una nuova carneficina mondiale.

Progetto di Risoluzione

La guerra che da più di un anno devasta l’Europa è una guerra imperialista per lo sfruttamento economico di nuovi mercati, per la conquista delle fonti di materie prime, per lo stanziamento di capitali. La guerra è un prodotto dello sviluppo economico che vincola economicamente tutto il mondo e lascia al tempo stesso sussistere i gruppi capitalisti costituitisi in unità nazionali, divisi dall’antagonismo dei loro interessi.

Con il tentativo di dissimulare il vero carattere della guerra, la borghesia e i governi, i quali pretendono che si tratti di una guerra per l’indipendenza, di una guerra che è stata loro imposta, non fanno che trarre in inganno il proletariato, perché in realtà lo scopo della guerra è proprio l’oppressione dei popoli e di paesi stranieri. Lo stesso è delle leggende che attribuiscono a essa il ruolo di difesa della democrazia, mentre l’imperialismo significa dominio più brutale del grande capitalismo e della reazione politica. Solo con l’organizzazione socialista della produzione, che a sua volta risolverà le contraddizioni ingenerate dalla fase attuale del capitalismo, l’imperialismo potrà essere superato, essendo già mature le condizioni obiettive per tale trasformazione.

Quando la guerra scoppiò, la maggioranza dei dirigenti del movimento operaio non oppose all’imperialismo l’unica soluzione, quella socialista. Trascinati dal nazionalismo, minati dall’opportunismo, al momento della guerra essi lasciarono il proletariato in balìa dell’imperialismo, rinnegando così il principio del socialismo, vale a dire la vera lotta per gli interessi del proletariato.

Il social-patriottismoaccettato in Germania tanto dalla maggioranza, sinceramente patriottica, di coloro che prima della guerra erano i dirigenti socialisti del movimento, quanto dal centro del partito di tendenza oppositrice riunito attorno a Kautsky; che in Francia e in Austria viene professato dalla maggioranza; in Inghilterra e in Russia da una parte dei dirigenti (Hyndman, i Fabiani, i dirigenti e membri della Trade-Unions, Plechanov, Rubanovic e il gruppo Nacha Saria in Russia)è più pericoloso per il proletariato degli apostoli borghesi dell’imperialismo perché, sfruttando la bandiera socialista, il social-imperialismo può indurre in errore la classe operaia. La lotta più intransigente contro il social-imperialismo è condizione prima della mobilitazione rivoluzionaria del proletariato e della ricostituzione dell’Internazionale.

I partiti socialisti e le minoranze di opposizione in seno ai partiti divenuti social-patrioti hanno il dovere di chiamare le masse operaie alla lotta rivoluzionaria contro i governi imperialisti, per la presa del potere politico, in vista dell’organizzazione socialista della società. Senza rinunciare alla lotta per le rivendicazioni immediate del proletariato, riforme da cui il proletariato potrebbe uscire rafforzato, senza rinunciare ad alcuno dei mezzi di organizzazione e di agitazione delle masse, la socialdemocrazia rivoluzionaria ha anzi il dovere di approfittare di tutte queste lotte, di tutte le riforme rivendicate dal nostro programma base, per inasprire la crisi sociale e politica del capitalismo e trasformarla in un attacco diretto contro le stesse basi del capitalismo. Questa lotta, essendo condotta nel nome del socialismo, opporrà le masse operaie a qualsiasi tentativo volto all’oppressione di un popolo da parte di un altrola quale consiste nel mantenimento del dominio di una Nazione sulle altre e nelle aspirazioni annessionistiche; questa stessa lotta per il socialismo renderà le masse inaccessibili alla propaganda della solidarietà nazionale mediante la quale i proletari sono stati trascinati sui campi del massacro.

È combattendo contro la guerra mondiale, e per accelerare la fine del massacro dei popoli che questa lotta deve essere intrapresa. Essa chiede che i socialisti escano dai ministeri, che i rappresentanti della classe operaia denuncino il carattere capitalista-antisocialista della guerra dalle tribune dei parlamenti, nei giornali, e ove non sia possibile farlo con la stampa legale, nella stampa clandestina, che combattano energicamente il social-patriottismo, che approfittino di qualsiasi manifestazione di massa provocata dalla guerra (miseria, grandi sconfitte), per organizzare dimostrazioni di piazza contro i governi, che facciano propaganda di solidarietà internazionale nelle trincee, promuovano scioperi economici trasformandoli, se le condizioni lo consentono, in scioperi politici. Il nostro motto è: guerra civile, non unione sacra. Opponendosi all’illusione che si crea quando si lascia intendere che sia possibile gettare le basi di una pace duratura e avviare il disarmo attraverso le decisioni dei governi o della diplomazia, i socialdemocratici hanno il dovere di ripetere continuamente alle masse che soltanto la rivoluzione sociale potrà realizzare la pace duratura e liberare l’umanità.

Progetto di Manifesto

La guerra dura da più di un anno. Milioni di cadaveri ricoprono i campi di battaglia, milioni di mutilati saranno, sino alla loro morte, un peso per se stessi e per la società. Orribili sono le devastazioni provocate dalla guerra e il peso delle imposte che essa lascerà dietro di sé.

I capitalisti di tutti i paesi, che col sangue versato dai proletari conseguono immensi profitti di guerra, esigono che le masse popolari tengano duro. Essi affermano che la guerra è necessaria alla difesa della patria e della democrazia di tutti i paesi. Essi mentono!

Nessun capitalista è entrato in guerra perché il suo paese si trovava minacciato nella sua indipendenza o perché voleva liberare un popolo. I capitalisti hanno condotto le masse al macello perché volevano assoggettare dei popoli allo sfruttamento e alla oppressione. Essi non sono riusciti a mettersi d’accordo sulla spartizione dei popoli d’Asia e d’Africa ancora indipendenti e diffidavano gli uni degli altri di volersi sottrarre le prede già conquistate. Le masse popolari non si sono dissanguate nel vasto macello che è diventato l’Europa in difesa della propria libertà o per la liberazione di altri popoli. Questa guerra porterà nuovi oneri e nuove catene al proletariato d’Europa e ai popoli d’Asia e d’Africa.

Perciò non bisogna continuare questa guerra criminosa, ma anzi riunire tutte le forze per porvi fine. L’ora è già suonata. Il primo passo in questa lotta è di esigere che i deputati socialisti, da voi mandati come vostri rappresentanti in parlamento per combattere il capitalismo, il militarismo e lo sfruttamento dei popoli, facciano il loro dovere. Che coloro i qualiad eccezione dei deputati russi, serbi e italiani e dei deputati Liebknecht e Rühlehanno mancato al proprio dovere aiutando la borghesia nella sua guerra di rapina, depongano il loro mandato o si servano della tribuna parlamentare per svelare al popolo il vero carattere della guerra, ed aiutino la classe operaia, fuori dell’assise parlamentare, ad intraprendere la lotta: rifiuto dei crediti di guerra, uscita dal governo in Francia, Belgio, Inghilterra. Questa è la prima rivendicazione.

Ma ciò non basta. I deputati non possono salvarvi dalla furia della bestia scatenata, dalla guerra mondiale che si pasce del vostro sangue. Voi stessi dovete intervenire, dovete servirvi di tutte le vostre organizzazioni, di tutti i vostri giornali per risvegliare le più vaste masse popolari che gemono sotto il peso della guerra e per sollevarle contro la guerra. Dovete scendere nella strada e gridare ai governanti: basta crimini! Se i governi restano sordi al vostro appello, le masse scontente e frustrate lo ascolteranno e si uniranno a voi nella lotta.

Bisogna chiedere energicamente la fine della guerra.

Bisogna levare la voce contro l’oppressione di un popolo da parte di un altro; contro la spartizione di nazioni che ogni governo capitalista eseguirà se sarà vittorioso e se potrà dettare agli altri le condizioni di pace. Perché se noi lasciamo ai capitalisti la libertà di dettare la pace così come essi hanno deciso la guerra senza consultare le masse, le nuove conquiste non solo rafforzeranno, nei paesi vincitori, la morsa della polizia e la reazione, ma semineranno i germi di nuove guerre ancora più terribili.

L’obiettivo che la classe operaia di tutti i paesi in guerra deve perseguire è il rovesciamento del governo borghese, perché non si porrà fine all’oppressione di un popolo da parte di un altro e alla guerra, se non quando il potere di decidere la vita e la morte dei popoli viene strappato al capitale. Solo i popoli liberati dall’indigenza e dalla miseria, dal dominio del capitale, saranno in grado di risolvere le loro reciproche relazioni senza guerra, in modo amichevole, con l’intesa.

L’obiettivo che noi fissiamo è grande, e grandi saranno anche i vostri sforzi e i vostri sacrifici per conseguirlo. Lunga è la via che vi conduce alla vittoria. I mezzi pacifici di pressione non basteranno a far capitolare il nemico. Soltanto se voi siete decisi a consacrare alla vostra stessa liberazione, lottando contro il capitale, una parte degli immani sacrifici che sostenete a profitto del capitale, sui campi di battaglia, soltanto così riuscirete a porre fine alla guerra, e a gettare le basi reali di una pace duratura, trasformandovi da schiavi del capitale in uomini liberi. Non lasciate che a distogliervi dalla strenua lotta siano i discorsi ingannevoli della borghesia e dei partiti socialisti che la sostengono; non accontentatevi di sospirare la pace. Senza la volontà di lottare per e contro tutto, di impegnarvi nella causa, anima e corpo, il capitale farà spreco del vostro sangue e dei vostri beni a suo piacere. In tutti i paesi il numero degli operai che la pensano come noi aumenta di giorno in giorno. È a loro nome che noi, rappresentanti di diversi paesi, ci siamo riuniti per rivolgervi questo appello alla lotta. Noi vogliamo condurla sostenendoci reciprocamente, perché nessun conflitto ci divide. Gli operai rivoluzionari di ogni paese considerano un onore essere portati in questa lotta, ad esempio di energia, di sacrificio per gli altri. Non bisogna attendere ansiosamente di vedere quello che fanno gli altri, bensì dare l’esempio per trascinarli; questa è la via che porta alla creazione di un’Internazionale la quale porrà fine alla guerra e al capitalismo.

 

1 E’ bene ricordare che, qui come nei testi che seguono”, i termini “socialdemocratico” e “socialdemocrazia” stanno per “socialista” e “socialismo” e non hanno l’accezione negativa che assumeranno in seguito.

2 Storia della Sinistra Comunista, Vol. I: 1912-1919, Edizioni Il programma comunista, Milano 1964, 1991, p.103. Alle pagine 227 e segg. di questo stesso testo, un’ampia raccolta di documenti, articoli, risoluzioni sulla guerra, a riprova delle posizioni della Sinistra “italiana”, schierata del tutto sulle posizioni, ancora poco note a livello internazionale, di Lenin.

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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