In un articolo apparso nel numero scorso di questo giornale 1, documentavamo, sulla scorta di inchieste apparse sulla stampa borghese internazionale 2, come le “forze dell’ordine” USA stiano da tempo adottando, nel controllo del territorio e nella progressiva militarizzazione della società, tattiche, strutture e modalità d’intervento derivate dalle guerre condotte all’estero dall’esercito (o dai contractors, autentici mercenari). Al lettore sprovveduto la cosa sarà sembrata eccessiva, esagerata: “i soliti estremisti!”; quello un po’ più “politicizzato” avrà pensato al “caso Guantanamo”, il carcere di massima sicurezza operativo nell’omonima base militare USA sita in un angolino dell’isola di Cuba, famigerato per le condizioni di detenzione di supposti “terroristi”. Il fatto è che la guerra è anche in casa, ed è una guerra condotta dalla classe dominante, tramite polizia, Guardia Nazionale, carceri, luoghi di detenzione e contenzione e, più in generale, le stesse “condizioni di vita”, contro il proletariato USA, i suoi strati più marginali e meno “protetti” (ma può esistere una vera “protezione” nel modo di produzione capitalistico?): gli afro-americani, i latinos, gli immigrati clandestini, i disoccupati, i senza fissa dimora, gli esclusi, tutti coloro che sono “caduti fuori” dal processo produttivo, dalle maglie sociali.

Esagerati?

Senza scomodare la recentissima indagine del Dipartimento di Giustizia relativa al “caso Ferguson”, che “denuncia” come la polizia locale sia colpevole di un aperto razzismo nei confronti della popolazione afroamericana 3, la cronaca delle ultime settimane mostra come la violenza anti-proletaria e anti-emarginati continui imperterrita, ben al di là dei confini della cittadina del Missouri alla periferia di St. Louis che ne è diventata triste simbolo: fra i casi più recenti ed eclatanti, l’assassinio a sangue freddo di un senza fissa dimora a Los Angeles, documentato da un video agghiacciante da cui risulta in maniera inoppugnabile come venga condotto il controllo militare del territorio dalle “forze dell’ordine”.

E’ una cronaca, questa, che rischia di diventare tragicamente quotidiana. Ma non basta. Apprendiamo dall’“autorevole” The Guardian che “Guantanamo” non si trova soltanto a Cuba: si trova anche a Chicago, nel cuore degli Stati Uniti 4. Qui, a Homan Square, un grosso complesso di magazzini abbandonati è stato trasformato in uno di quelli che, nei paesi in cui infuria una guerra e gli USA sono presenti, vengono chiamati CIA black sites: “siti neri della CIA”, veri e propri “buchi neri” in cui la materia (umana) entra e rischia di scomparire. L’indagine condotta dal Guardian rivela infatti, sulla base di testimonianze di prima mano, che a Homan Square si svolge “un lavoro segreto” di investigazione, controllo, interrogatorio e intimidazione da parte di unità speciali di polizia; e che, durante tale “lavoro”, i “fermati” (fra cui ragazzi intorno ai 15 anni) sono esclusi da qualunque segnalazione in banche dati (non sono “registrati”) e capita che restino fino 24 ore senza alcuna assistenza legale (l’accesso al “sito nero” è vietato ai legali): semplicemente, scompaiono per ore e giorni, prima di essere spostati in qualche centrale di polizia, per l’arresto o l’incriminazione o il rilascio. A Homan Square, si sono verificati poi violenti pestaggi, risultanti più volte in ferite alla testa, e almeno una persona è stata rinvenuta “incapace di reazioni” nella “stanza degli interrogatori”, prima d’essere “dichiarata deceduta”. La testimonianza resa da uno dei “NATO Three”, un attivista statunitense arrestato nel 2012 alla vigilia di un summit NATO, accusato di “terrorismo” e “passato attraverso” il tritacarne di Homan Square è esplicita: “E’ un ‘sito nero’ domestico. Quando ci entri, nessuno sa più quel che ti succede”. Commenta il Guardian: “Il magazzino segreto è l’esempio più recente delle pratiche messe in campo dalla polizia di Chicago, che ricordano i tanti criticati abusi nella detenzione caratteristici della guerra USA al terrorismo. Ma, mentre quegli abusi colpivano persone oltre mare, Homan Square (che, a quanto pare, ospita anche veicoli di tipo militare, celle per gli interrogatori e perfino una gabbia) – è rivolto ad americani, per lo più poveri, neri e latinos”.

La guerra di classe non cessa di serpeggiare negli USA: ma a combatterla, al momento, è la sola classe dominante, contro proletari, masse proletarizzate, emarginati, immigrati, clandestini. Tocca a loro, da decenni e da secoli sfruttati, oppressi, massacrati, rialzare infine la testa: organizzarsi per difendersi e, quando il momento verrà, passare all’attacco. Ma per farlo le loro avanguardie di lotta devono comprendere la necessità non più rinviabile della rinascita e del radicamento della loro guida politica, il partito comunista internazionale.

 

 

1 “Usa: Bolle sociali (e non solo finanziarie) in vista”, il programma comunista, n.1/2015.

2 Oltre all’articolo di Domenico Lusi, “La militarizzazione che cambia il volto dei nostri poliziotti”, Pagina99, 15-21 dicembre 2014, utile quello di Gilles Paris, “‘La police américaine a des tactiques quasi militaires’”, Le Monde, 6 décembre 2014.

3 Cfr. Corriere della Sera, 3/4/2015, e LaRepubblica.it, 5/3/2015. Non merita poi alcun commento la macchina retorica messa in moto di recente, dal presidente Obama e consorti, in occasione del 50° anniversario della “marcia di Selma”, simbolo del movimento per i diritti civili: un’altra mobilitazione ideologica e pratica, a uso e consumo della piccola e media borghesia, nera e bianca, statunitense e non.

4 Spencer Ackerman, “The Disappeared: Chicago Police Detain Americans at Abuse-laden ‘Black Site’”, The Guardian, 24/2/2015 (http://www.theguardian.com/us-news/2015/feb/24/chicago-police-detain-americans-black-site); Zac Stafford, “Chicago Protesters Demand 'Immediate Inspection' of Homan Square Facility”, The Guardian, 7/3/2015 (http://www.theguardian.com/us-news/2015/mar/07/homan-square-protesters-chicago-police-facility).

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista)

 

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