All’inizio del 1922, alcuni sindacati professionali avevano proposto la costituzione di un unico organismo di coordinamento delle lotte, l’“Alleanza del Lavoro”, al quale il Partito comunista d’Italia, diretto dalla sua forte maggioranza di sinistra, aveva dato il proprio appoggio, pur riconoscendo in esso la presenza di tutto il retaggio riformistico e opportunistico che ne costituiva i vertici. Era, d’altronde, nel programma del Partito l’esigenza di creare quel Fronte unico proletario che, ben guidato, avrebbe potuto non solo opporsi vittoriosamente alle falangi fasciste che stavano per abbattersi su tutte le organizzazioni operaie nel corso di quell’anno, ma anche riproporre, con il procedere della grave crisi economica e sociale, l’assalto rivoluzionario al potere politico. Dopo il grande sciopero dei metallurgici, durato molte settimane nel mese di giugno, e terminato con l’ennesimo tradimento da parte dei vertici, giunti frettolosamente a trattative col padronato per firmare condizioni peggiorative, partiti “operai” e sindacati avevano escogitato alcune manovre, più o meno segrete, allo scopo di cercare di giungere in posizioni di vantaggio all’inevitabile crisi ministeriale di fine luglio (il primo governo Facta). L’idea era stata quella di ordinare, per il 1 agosto, lo sciopero generale nazionale (che era da sempre stato rivendicato dai comunisti, e contro cui si erano sempre opposti i riformisti), senza alcun tipo di organizzazione, senza preparazione, senza obiettivi chiaramente definiti. All’iniziale sconcerto delle masse proletarie, seguì poi una loro generale adesione al movimento, che venne stroncato dall’intervento congiunto delle milizie fasciste e dell’esercito.

Nel manifesto che qui riproduciamo, per ricordare alle masse, che oggi (2014) festeggiano un Primo Maggio imposto per legge di Stato, come le lotte venissero condotte in quel periodo e sulla base di quali programmi, la parola del “governo operaio”, che l’Internazionale Comunista voleva imporre ai partiti comunisti europei nel senso di una adesione anche parlamentare, anche ministeriale, ad una alleanza con i partiti opportunisti, è fatta propria dal Partito, ma ben spiegando di che cosa si tratti: essa si conquista con la mobilitazione rivoluzionaria della classe lavoratrice, con la guerra di classe, che ha le sue battaglie e le sue tappe, ma alla quale non si può rinunziare.



Partito Comunista d’Italia

Per il programma di lotta del proletariato



Lavoratori italiani!

All’indomani dello sciopero generale nazionale e delle lotte che lo hanno accompagnato, il Partito Comunista d’Italia ha il dovere di fare il bilancio dell’azione e di indicare la via che rimane a percorrere alle masse lavoratrici.

Il nostro Partito ha proposto e lungamente sostenuto lo sciopero generale nazionale come mezzo di lotta contro l’offensiva borghese e la reazione che imperversa, e ha chiarito nelle sue proposte quale ne doveva essere lo strumento, quali i metodi, quali gli obiettivi.

Lo sciopero che si è svolto, e a cui le nostre forze hanno partecipato in primissima linea, non è stato ancora la realizzazione di quanto il nostro partito aveva proposto.

L’“Alleanza del Lavoro”, così com’era costituita, non rappresentava quella piattaforma di azione generale del proletariato che l’opera dei comunisti tendeva a formare. Le nostre proposte per poggiarla estesamente sulle masse e sottrarla all’influenza di pochi alti funzionari del movimento sindacale, furono sistematicamente respinte da tutti gli altri organismi proletari.

Anziché rispondere all’incitamento delle masse, alimentate dalla nostra propaganda, per l’intervento di tutte le forze proletarie in un momento decisivo della lotta proletaria contro la reazione, l’Alleanza, dopo avere ufficialmente sempre tergiversato, innanzi alla parola di sciopero nazionale, e avere attraverso gli organismi che in essa predominano, svalutata quest’arma di azione proletaria, con una propaganda di sfiducia, ha organizzato con ordini segreti uno sciopero generale per una data che non aveva significato alcuno, senza voler fare alcuna preparazione e alcuna propaganda tra le masse della imminente azione. Il proletariato non poteva non restare per un momento incerto vedendo l’ordine di sciopero venire dai negatori accaniti della proposta comunista. D’altra parte non pochi capi sindacali impegnati alla disciplina della Alleanza hanno in modo indegno sabotato l’ordine di sciopero o negata la sua esistenza, nota agli stessi prefetti del Regno.

Non si diceva al proletariato quale fosse il programma della battaglia, l’obiettivo da raggiungere, la causa da rivendicare. In un manifesto apparso solo per caso, o per altra causa ignota, prima del movimento si parlava vagamente di rivendicazione delle libertà legali. Al partito comunista si dichiarò che la Alleanza non conduceva il movimento per agevolare la politica collaborazionista del Gruppo parlamentare socialista durante la crisi: intanto gli emissari dell’Alleanza che giorni addietro avevano stroncato gli scioperi delle Marche, Lombardia, Piemonte, Romagna, avevano sparse voci equivoche su di una azione tendente a non si sa quale rivoluzione da operetta in cui i soliti personaggi, da Nitti a D’Annunzio erano annunziati come protagonisti, con la sostituzione del più criminoso dilettantismo politico alla dura ragione e pratica della lotta di classe.

Mentre si spargevano queste voci di azione insurrezionale ed armata, si sconfessava nel manifesto l’impiego della violenza, e si lasciava cadere ogni utile intesa per l’impiego delle forze di tutti i partiti proletari nelle azioni combattute che prevedibilmente avrebbero accompagnato il movimento, come accompagneranno ogni movimento delle masse, anche se non tenda e non sbocchi in uno spostamento delle forme politiche e statali.

Sotto le voci sparse da sedicenti rivoluzionari, in buona o mala fede, ma in ogni caso ridicolmente incapaci di dirigere la guerra della classe lavoratrice sulle difficili vie della vittoria, si svolgeva intanto la tresca del collaborazionismo parlamentare, che anch’esso impotente a percorrere una via sicura, si illudeva idiotamente di mercanteggiare con la borghesia lo jugolamento (sanguinosa repressione) dell’iniziato sciopero contro alcuni portafogli del nuovo ministero.

L’inafferrabile organismo che dirigeva il movimento, che ancora non ha detto una parola sulle sue intenzioni e le sue responsabilità, mancata, per la formazione del gabinetto Facta la pressione dei collaborazionisti, disarmava il movimento quando il proletariato si era ripreso ed entrava in azione, quando il fascismo sosteneva le sue rappresaglie, che ebbero vantaggio incalcolabile dalla acquistata possibilità di spostamenti.



Compagni lavoratori!

Malgrado tutto questo la lotta non è stata inutile. Il proletariato ha saputo combattere. Le vittorie militari del fascismo sarebbero state tramutate in sconfitta forse dappertutto senza l’intervento contro i lavoratori delle armi ufficiali dello Stato.

Il nostro Partito ha dimostrato di avere una organizzazione adatta al combattimento, alla resistenza e alla controffensiva, mentre i nostri compagni hanno tutti compiuto tra le masse in lotta il proprio dovere, e meravigliose sono state le forze giovanili del nostro partito. Mandiamo il nostro saluto ai caduti proletari, comunisti e non comunisti, e promettiamo di raccoglierne l’esempio.

Quale la situazione lasciata dallo sciopero nazionale? La borghesia e il fascismo vantano una vittoria definitiva: ma questo non è che menzogna: tutte le notizie, che noi seguiteremo a raccogliere, mostrano che il proletariato è sempre in piedi e che aveva risposto all’appello.

La lotta di classe, lungi dall’essere spenta, andrà sempre più trasformandosi in una guerra guerreggiata. Il proletariato ha percorso un’altra tappa verso la sua preparazione a quei metodi di lotta rivoluzionaria che sono imposti dalla situazione odierna, e che sono tanto diversi da quelli tradizionali. Il partito socialista intanto più che andare verso una divisione chiarificatrice, si demoralizza e si decompone, dimostrandosi inadatto a essere l’organo politico della classe operaia.

I capi sconfitti su tutta la linea del collaborazionismo sembrano voler fare ben altre rinunzie, e abbandonare quella difesa della organizzazione proletaria che è possibile solo con la trasformazione dei sindacati, imposta dalla situazione, da organi che profittano delle solite possibilità legali, in formazioni per la lotta rivoluzionaria, guidata dal partito di classe, contro il potere borghese e la proprietà privata. Si parla già di togliere ai sindacati ogni carattere rivoluzionario, e di una fusione della organizzazione rossa con altre organizzazioni professionali, anche con quelle create con la violenza dagli strumenti diretti del padronato.

I comunisti sono per la più vasta base possibile della organizzazione professionale, perché sono convinti che da questa condizione, non può che accelerarsi il sorgere delle singole lotte economiche, dell’azione politica e rivoluzionaria. Ma il sindacato deve restare aperto a tutti i lavoratori, e libero da ogni influenza imitatrice e snaturatrice del potere centrale borghese e di partiti che non sono che la organizzazione politica degli interessi capitalistici.

Il Partito Comunista seguita quindi a sostenere con tutte le sue forze: l’unità sindacale del proletariato italiano al di fuori di ogni influenza padronale e statale.

Compagni lavoratori!

Dinanzi alle esperienze dell’ultima lotta, il Partito comunista mantiene il suo atteggiamento per il fronte unico proletario e l’azione generale contro l’offensiva borghese, e invita ancora una volta ad una azione comune tutte le forze organizzate del proletariato, anche rispondendo ad altre scuole politiche.

Ma l’organizzazione e la esplicazione della nuova lotta devono tener conto delle esperienze di quelle che ora si è chiusa.

L’ “Alleanza del Lavoro” deve sopravvivere malgrado e contro quelli che l’hanno snaturata. Essa deve poggiarsi localmente sulle masse, con elezione diretta dei rappresentanti con Comitati locali proporzionali alle tendenze politiche, e con un organo supremo eletto da un Congresso Nazionale dell’Alleanza in modo rispondente alle necessità dell’azione.

L’intesa di tutte le forze proletarie non deve avere per obiettivo l’assurdo di un Governo borghese che restituisca le libertà e i diritti proletari, ma l’affermazione della forza indipendente delle masse.

Il proletariato deve prepararsi ad adoperare ancora l’arma della simultanea mobilitazione di tutte le sue forze, nell’affasciamento di tutte le vertenze che l’offensiva borghese seguiterà implacabile a suscitare, sul campo delle lotte sindacali, come nella quotidiana guerriglia contro il fascismo. Il proletariato deve difendere le ragioni della sua vita, il salario, l’orario di lavoro, deve lottare contro la disoccupazione, deve difendere i suoi sindacati: o cadrà nella schiavitù peggiore.

L’arma per la battaglia che questa guerra comporta è lo sciopero generale, che non ha in sé un valore miracoloso, ma che è efficace in ragione della sua impostazione e del modo col quale lo si dirige. Eliminato da esso ogni pacifistico intralcio e ogni utilizzazione per manovre parlamentari, anche se non si tratterà nel prossimo scontro generale di realizzare la massima rivoluzione politica, si dovrà tendere ad arrestare l’avanzata economica e militare della offensiva avversaria, a conquistare delle salde posizioni di forza.

Quindi i comunisti, indicando al proletariato tutti i pericoli della tattica ieri applicata dai capi rivelatisi indegni, sostengono ancora la parola della azione generale proletaria contro la reazione, come impiego diretto di forza classista, e non per cercare la difesa delle masse nell’azione dello Stato.

Il problema del governo sarà risoluto dalle masse solo col “Governo operaio”. E il governo operaio si conquista con la mobilitazione rivoluzionaria della classe lavoratrice, con la guerra di classe, che ha le sue battaglie e le sue tappe, ma alla quale non si può rinunziare, se non si vuole che il proletariato pieghi per sempre la testa sotto il giogo che vuole imporgli la prepotenza bestiale dello schiavismo, feroce pretoriano del capitale.

Viva la riscossa del proletariato!

Viva il Comunismo!
 

Il Sindacato Rosso, 19 agosto 1922

 


Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°02 - 2014)

 

 

 

 
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