Nei giorni 30 e 31 ottobre, si è svolta la consueta Riunione Generale. Buona la partecipazione dei compagni e alto il senso di militanza che ha animato l’incontro, reso particolarmente urgente, fra l’altro, da una situazione di crisi economica profonda, da noi tanto attesa e tuttavia ancora avara di grandi lotte operaie. Due i lavori principali affrontati nel corso della riunione: il primo, riguardante la “vita del partito storico e formale” dal 1848 e in particolare quando “la situazione generale è storicamente sfavorevole”, come purtroppo continua a essere la situazione presente; il secondo, riguardante la “teoria marxista della moneta”, come base per sempre meglio intendere e analizzare la crisi in corso.

La prima relazione, svoltasi nella giornata di sabato pomeriggio, è stata introdotta dal “Rapporto politico-organizzativo” e la seconda, il giorno successivo, da una “Premessa” sul lavoro collettivo svolto dai giovani compagni. Nell’intervallo fra le due relazioni, i compagni hanno riferito dell’attività  prodotta nelle diverse sedi, a cui ha fatto seguito una lunga e articolata “Riunione redazionale”, che ha messo in cantiere un denso piano di lavoro per il prossimo anno, fatto di temi economici, politici, sindacali – temi che saranno trattati in riunioni interregionali, sulla nostra stampa, sul nostro sito (nelle diverse lingue) e in conferenze pubbliche.

Il Rapporto politico-organizzativo ha messo in primo piano la crisi economica in corso e il suo approfondirsi, ma soprattutto la sua non linearità, tra spinte, azioni e reazioni, dialetticamente intrecciate: da qui, la serie di compiti e di obblighi, non solo riguardo all’affinamento delle nostre analisi, ma soprattutto all’abilitazione dell’organizzazione nell’affrontare la complessità della situazione storica. La “conoscenza anticipata”, quando si muove all’interno di un “piano di lavoro collettivo”, ci mette nelle condizioni migliori per affrontare gli eventi, ci impedisce di cadere nella doppia trappola dell’attivismo e dell’attendismo accademico, ci vieta tanto di rimanere in uno stato di passività quanto di cadere in uno stato di smania movimentista. Come è stato ribadito, il “partito comunista è un organo di battaglia su tutti i livelli, anche quando le battaglie e la battaglia suprema dell’assalto al potere sono lontane…Esso deve essere di battaglia nell’atteggiamento, nella predisposizione, nel lavoro di coloro che, non a caso, si chiamano militanti”.

La relazione sulla “vita del partito storico e formale” ha ripercorso il lungo tratto (ormai pluri-secolare) che ci ha portato fino ad oggi, cercando di individuare quali disposizioni, quali caratteri, quali funzioni abbia assunto il Partito rivoluzionario della classe operaia nelle diverse situazioni storiche. Le sconfitte hanno rappresentato un vero corpo di lezioni per il movimento della classe (quelle che noi chiamiamo “lezioni delle controrivoluzioni”). Risalendo il cammino della storia, la lotta e la sconfitta nel 1848 sono state il fondamento attivo e insieme il lascito programmatico dell’azione rivoluzionaria: in quei tragici momenti, si sono costituiti i pilastri, le tattiche, le prospettive dell’avvenire. E tuttavia, perché quelle lezioni potessero sedimentare, potessero essere messe a coltura per l’avvenire, occorreva liberarsi dei rami secchi, delle mezze misure – bisognava sciogliere dopo la sconfitta le organizzazioni che si erano costituite nel corso della lotta, i suoi reduci litigiosi, le contrastanti valutazioni. Nessun partito formale “accorpato alla buona” poteva dar luogo a nuovi germogli. Per questo, Marx ed Engels “si ritirano”, fanno “parte a sé”, ricominciano a tracciare, a disegnare i contorni, le vie per il futuro. Accade così anche dopo la sconfitta della Comune di Parigi, dopo il 1871: anche allora viene sciolta l’organizzazione formale, la Prima Internazionale (il “partito formale”), perché occorre salvare il nucleo vivente per la prossima ripresa della classe, occorre rimettersi al lavoro per delineare meglio la sostanza programmatica del partito storico. La confusione che riemerge dopo il 1875, quando organizzazioni operaiste e riformiste forzeranno i tempi per fondare prima il Partito socialdemocratico tedesco e più avanti la Seconda Internazionale, spingerà Marx ed Engels (e poi, dopo la morte di Marx, Engels da solo) a stare ancora ai margini di un’organizzazione che si trasformava via via in quel partito che sarebbe diventato l’artefice della controrivoluzione preventiva, non solo in Germania  (la socialdemocrazia): eventi storici che nessuna volontà rivoluzionaria in sé poteva impedire. Accade ancora dopo la sconfitta della grande Rivoluzione d’Ottobre, causata dall’emergere di forze borghesi dal sottosuolo di una Russia rimasta isolata prima per cause di forza maggiore (il ritardo e la sconfitta della rivoluzione in Occidente) e poi per quella devastante deviazione dal marxismo che avrà nome di “costruzione del socialismo in un paese solo”: la trasformazione interna del partito, un tempo rivoluzionario, contribuirà a disegnare la struttura portante del nascente industrialismo capitalista. Non deve meravigliare dunque che la Sinistra italiana, che dopo la sconfitta del 1926-27 erediterà la forza rivoluzionaria di quell’assalto al cielo (teoria, tattica e organizzazione fuse insieme), ponendo le basi per la rinascita del nostro partito all’inizio degli anni cinquanta, abbia fatto “parte a sé” per lungo tempo, nel faticoso lavoro di “restauro della teoria marxista”, andata distrutta nella tragedia internazionale del proletariato (sciopero generale inglese del 1926, massacro della rivoluzione cinese del 1926-27, successiva decapitazione della “vecchia guardia” bolscevica, agganciamento delle forze proletarie a quelle borghesi nel corso di eventi diversi degli anni ’30, come i fronti popolari e la guerra di Spagna, fino al tracollo dell’arruolamento del proletariato nella Seconda guerra mondiale e nello sforzo di ricostruzione post-bellica). Accade anche alla fine degli anni ’70 del secolo scorso che, ai primi albori di una profonda crisi economica e, nel decennio precedente, di un timido risveglio della classe (purtroppo sfigurato dall’operaismo, dall’attivismo sfrenato, dal movimentismo piccolo-borghese, tra cui il “riformismo armato”), le due malattie dell’impaziente attivismo e del petulante attendismo abbiano travolto le strutture ancora fragili del nostro nucleo di partito, portando alla sua crisi dell’81-83. A quel punto, ancora una volta, è stato necessario “riprendere il cammino”, riallacciare il filo interrotto con l’intera tradizione rivoluzionaria, ritessere le file del partito formale, sulla linea del grande partito storico – un lavoro di restauro teorico, tattico e organizzativo che è tuttora in corso. Tutto questo poteva essere fatto, a condizione di sfuggire di proposito ai bilanci e bilancini e alle polemiche personali. che non possono che riprodurre sette, bibliotecari e astiose zitelle.

La seconda relazione ha riguardato il tema importantissimo della “teoria marxista della moneta”, parte inscindibile della dinamica capitalistica (“un’immensa raccolta di merci”). La ripresa dello studio della moneta nel sistema capitalista è diventato necessario per gli aspetti immediati, monetari e finanziari, che ha preso inizialmente la crisi economica. Era necessario ribadire che non esiste una crisi monetario-finanziaria, scissa dalla crisi di sovrapproduzione di merci e di capitali, e d’altra parte combattere la convinzione che il denaro sia un parametro indifferente, trascurabile, inessenziale alla dinamica del capitale. Il tema è stato affrontato dai due relatori su due piani: uno storico, che dalle comunità primitive risale fino alla fine del XVIII secolo (il lavoro si spingerà prossimamente fino alla crisi attuale); l’altro, prettamente teorico, sulla scorta del Capitale di Marx e sulla base, fra l’altro, di un lavoro di partito risalente al 1968. Le diverse forme della moneta (misura dei valori, mezzo di circolazione, di tesaurizzazione, segno di valore, mezzo di pagamento e denaro universale), si completano nell’esame del denaro-capitale: da qui lo studio del credito (il capitale finanziario, il credito commerciale, il credito bancario). Anche questo “semilavorato” verrà ripreso nelle prossime riunioni di partito e sviluppato in alcuni degli aspetti della realtà economico-finanziaria attuale.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2011)

 

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