Qualche tempo fa, abbiamo ricevuto una lettera da un lavoratore che, dopo averci descritto la situazione in cui vive e lavora (tra Vercelli, Mondovì, Biella, Santhià – tagli, CIG, licenziamenti , qualche presidio, qualche blocco stradale o ferroviario, qualche sterile dimostrazione organizzata dai sindacati), così concludeva: “Se penso a 10.000 in Piemonte senza lavoro, senza CIG e nient’altro, se osservo fabbriche occupate, altri su un tetto, valuto che la classe è parecchio in difficoltà – le difficoltà ci sono per chi si lascia attrarre da CGIL (ad Alessandria, a Torino) nei Palatenda, per portare le proprie drammatiche esperienze personali: NO, qui non ci siamo! Qui si vede la difficoltà della mia classe. Come è possibile che nello stesso giorno, ore 9, 150 lavoratori urlino davanti a Confindustria, e poi via, e ore 11, 100 altri, stessa azione, senza sfiorarsi e sapere gli uni degli altri? ISOLAMENTO? OGNUNO PER SE’? DIVISIONE SINDACALE? O carenza nella classe operaia in coscienza, in costruzione politica? Per anni ho ascoltato che la classe deve prendere coscienza da sola, e allora ‘sarà’...”.

Caro compagno, potremmo sommergerti di citazioni dai classici, da Marx (L’ideologia tedesca), da Lenin (Che fare?), dalla Sinistra Comunista (“Partito e classe”, “Partito e azione di classe”). Non lo facciamo, perché la risposta l’hai già sotto gli occhi, e la vedi benissimo. Finché esiste il capitalismo (e dunque la divisione in classi e un’ideologia dominante che è l’ideologia della classe dominante), è davvero sbagliato (anti-marxista e controrivoluzionario) credere e far credere che la classe, da sola, spontaneamente, attraverso le sue lotte, possa raggiungere una coscienza di classe: che è la coscienza del fatto che questo modo di produzione va abbattuto e sostituito, attraverso la presa del potere e la dittatura del proletariato, da un altro, superiore modo di produzione, il comunismo. A questa coscienza di classe la classe operaia, da sola, spontaneamente, non potrà mai arrivare, proprio perché tutto (le condizioni di vita e di lavoro, l’educazione, la religione, i mass media, le abitudini, le inerzie) la fa andare in direzione opposta, la rende “conservatrice”, passiva, fiduciosa che lo stato in cui versa possa migliorare, che i “padrini” cui si rivolge (i preti, i politici, lo stato) possano prima o poi aiutarla a vivere meglio. Questa è la condizione di base, che Marx riassumeva in maniera drastica ma eloquente nella frase: “Il proletariato o è rivoluzionario o è nulla”.

Poi, ci sono le lotte quotidiane per non soccombere, e queste lotte non cessano mai: in episodi grandi e piccoli, eroici o mediocri, manipolati o incanalati, la classe operaia non si dà per vinta. Ma lo fa purtroppo in maniera isolata, scollegata, frazionata, perché (e questo è un altro insegnamento che smentisce tutte le teorie secondo cui la classe operaia da sola, spontaneamente, può raggiungere la coscienza di classe) l’esperienza fatta in precedenza, le tradizioni di lotta di altre generazioni di proletari, gli esempi che vengono da altri paesi e situazioni, non si depositano in un... “serbatoio di coscienza”, che via via diventa più pieno e alla fine... trasforma la classe in classe rivoluzionaria! Queste sono sempre state teorizzazioni movimentiste, spontaneiste, studentesche, piccolo-borghesi: la realtà (sia quella del passato sia quella del presente) ci dimostra che così non è, che così non vanno le cose – troppo facile, troppo bello. Lo stato di prostrazione in cui si trova ancora la classe operaia mondiale davanti a un attacco che, nel secondo dopoguerra, non ha precedenti ne è la dimostrazione più drammatica.

La classe sarà sì indotta a reagire, quando le condizioni in cui vive (o sopravvive) e lavora (o non lavora) saranno tali da spingerla alla rivolta, perfino alla ribellione – cercando disperatamente le vie per respingere quell’attacco. Ma questo non basta. Non è con una rivolta o una ribellione che il modo di produzione capitalistico può essere rovesciato. Quello di cui la classe (nel suo stato di torpore oggi, come nel suo stato futuro di insofferenza e di antagonismo) ha bisogno è il partito rivoluzionario. Lì sta la coscienza di classe: di più, lì sta la scienza della rivoluzione. Lì stanno la memoria storica, la chiarezza negli indirizzi tattici, nelle soluzioni organizzative, nella prospettiva politica, la teoria e la pratica di una guerra che travalica i confini di settori, aziende, località, nazioni, la coscienza di come si dovrà condurre la presa del potere e indirizzare la dittatura del proletariato... Senza questo organo, senza il suo stretto collegamento e radicamento con il resto del proletariato, il corpo di quest’ultimo è un corpo senza vita, che sopravvive vegetando, e i cui sussulti non sono segni di riscossa, ma tragiche contrazioni momentanee.

In tanti hanno teorizzato e continuano a teorizzare sia che la classe “sarà” (da sola, spontaneamente) sia che il partito nascerà al momento della rivoluzione (come faro che illumina la strada a una classe già cosciente e già in marcia)... Gli uni e gli altri non hanno fatto altro e non fanno altro che fregare la classe operaia, anche quando si riempiono la bocca di parolone “rivoluzionarie”. Noi, nei nostri limiti e con tutte le nostre insufficienze, lavoriamo per il partito rivoluzionario e per il suo incontro decisivo, nella quotidianità delle lotte, con una classe che sappiamo capace di reagire con immensa generosità, ma che non può essere lasciata sola. Il partito può aspettare le masse, ma le masse non possono aspettare il partito: è questo l’insegnamento che ci viene da tutta la storia del movimento operaio e comunista.

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°06 - 2009)

 

 

 

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.