Un caso tipico, una “felice” sintesi tra tutti gli elementi più genuini che compongono il “paradiso” capitalistico, un chiaro esempio dell’effetto corroborante che l’esistenza di cospicue sacche di emarginati o semiemarginati ha sulle tasche dei borghesi, lo possiamo riconoscere nel M.O.F., il Mercato Ortofrutticolo di Fondi, nel Lazio meridionale, secondo centro di distribuzione agroalimentare all'ingrosso d'Europa dopo quello di Parigi, che movimenta circa 1,15 milioni di tonnellate di prodotti ortofrutticoli all'anno. In questa grande area industriale lavorano migliaia di proletari in condizioni quasi inimmaginabili. Il M.O.F. è controllato dalla camorra (ben coperta da una fitta rete di contatti con le istituzioni a tutti i livelli, creati grazie alla disponibilità dei soliti, ingenti fiumi di denaro) [1], che soffoca sul nascere, grazie alla grande esperienza e disinvoltura nella pratica della minaccia e, se necessario, dell’uso della violenza, qualsiasi rivendicazione sindacale, oltre ad occuparsi dello smercio di droghe tra i lavoratori (prima tra tutte la cocaina), spesso necessarie ai proletari per sostenere gli elevati ritmi di lavoro e tentare di dimenticare le amarezze di una vita non vissuta, e ai capitalisti per rimettersi in tasca una cospicua parte dei salari pagati. Le aziende all’interno del M.O.F., che si occupano di movimentazione, selezione e confezionamento dei prodotti agricoli, quasi tutte aventi il “comodo” status di cooperative (che tanto fa gongolare stalinisti ed ex stalinisti), adottano due tipi di strategie sugli orari di lavoro. Alcune hanno turni che arrivano fino a 20 ore giornaliere su 6-7 giorni e si avvalgono di una frequente rotazione della forza-lavoro, vista l’ampia disponibilità della stessa e visto che ritmi del genere non sono umanamente sostenibili per più di 2 o 3 mesi. Altre aziende, invece, puntano, ovviamente per convenienza, ad una relativa stabilità della forza-lavoro stessa, ed hanno turni che arrivano fino a 15 ore giornaliere (mai meno di 10) su 6 giorni alla settimana (in periodi di eccezionale sovraccarico si impiega anche, santificandolo, il Settimo Giorno); di solito, uno dei sei giorni di lavoro è la cosiddetta “mezza giornata”: si attacca alle 5 del mattino e si stacca alle 14 o alle 15 (più raramente alle 12 o alle 13), senza pause. È superfluo aggiungere che, nei periodi in cui il lavoro scarseggia, si lavora su meno giorni e la paga diminuisce in proporzione; paga che, nel migliore dei casi, arriva a €5,00 netti l’ora, ma spesso scende a 4 o meno, senza ferie, permessi e cassa malattie.

All’interno dei capannoni, arroventati d’estate e gelidi d’inverno, viene mantenuta la disciplina più ferrea: i sorveglianti incaricati dal padrone non permettono ai lavoratori, costantemente controllati a vista, di parlare tra loro, né di alzare la testa dal banco di lavoro. I casi di indisciplina vengono puniti in vari modi: si va dalla pubblica umiliazione, all’allontanamento per alcuni giorni o settimane (che comporta la perdita di parte del salario), fino al licenziamento.

È ovvio che la possibilità di un simile sfruttamento del lavoro, in quello che è un vero e proprio trionfo della valorizzazione del capitale, è garantita dalla massiccia presenza di immigrati, anche clandestini, e dall’esistenza di larghe fasce di soggetti economicamente e socialmente deboli (poveri, disoccupati, ex carcerati, donne divorziate o separate, ecc.): sono queste le categorie di proletari che, in massima parte, lavorano nel M.O.F.. Ciò che per i capitalisti rappresenta il paradiso, per i proletari non può che essere un inferno e una galera.

 

Note

 

1. A tal proposito, c’è un provvedimento di scioglimento del consiglio comunale di Fondi per infiltrazioni mafiose pendente dall’8 settembre 2008: è giusto che vi sia un avvicendamento tra politicanti, in modo che, democraticamente, tutta questa casta di lacchè e parassiti possa godere dei benefici della corruzione! 

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°06 - 2009)

 

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