Il 17/1/2009, la sezione di Milano ha tenuto una conferenza pubblica intitolata “Crisi delle borse o catastrofe economica?”, con il proposito di esporre le linee guida dell’unica spiegazione possibile degli eventi economici che stanno travolgendo tutti gli stati di antico o più recente sviluppo capitalistico. Con l’affermazione che “non c’è mai sovrapproduzione di capitali che non sia nello stesso tempo sovrapproduzione di merci”, il relatore ha brevemente riassunto la fisiologia del modo di produzione capitalistico, a dimostrazione che è proprio l’insaziabile fame di plusvalore a creare le condizioni dell’instabilità del sistema stesso, e dunque delle sue continue “crisi”. E’ poi passato a illustrare come la manifestazione delle crisi nell’attuale fase imperialista (in cui la finanziarizzazione cresciuta a dismisura sembra essersi completamente scollegata dalla concretezza del processo produttivo) si presenti improvvisamente ed immediatamente come crisi nella sfera apparentemente immateriale del mercato borsistico, mentre in realtà la sua radice risiede nell’inevitabile e ben più tangibile caduta del saggio medio di profitto: la base del mercato finanziario (che al tempo stesso frantuma e concentra la proprietà borghese) si sviluppa sulla base della promessa di un “guadagno” – i famosi dividendi – che si presuppone possa realizzarsi nel momento in cui la merce si trasforma in denaro, all’atto della sua vendita. Il “guaio” nasce invece quando, nel momento della sua produzione, inseguendo il sogno di una produttività illimitata, la promessa si infrange inesorabilmente contro il drastico crollo di quel “guadagno” previsto: a quel punto, la crisi scoppia inesorabilmente.

Questo fenomeno è sia una dichiarazione di guerra che il partito comunista presenta al suo nemico storico sia una verità scientifica. E questa verità scientifica si può affermare solo in quel  “movimento reale che abbatte lo stato di cose presente”: è esso infatti a guidare (attraverso l’intervento organizzatore e direttivo del partito comunista) la classe dei senza riserve nella preparazione rivoluzionaria prima, nell’insurrezione rivoluzionaria poi e infine nell’esercizio di quella dittatura del proletariato che aprirà la strada al comunismo. Dimostrato ciò, si sono riassunte le superficialissime giustificazioni degli intellettuali borghesi, a proposito delle “cause” di questa crisi: tutte riassumibili in “difetti” di ordine morale e personale, dall’esosità dei manager all’assenza di “controllo legislativo”, a una fantomatica “sfiducia” dei consumatori.

Superficialità che si accompagna poi alla voluta confusione tra la causa e l’effetto della crisi: chiudendo il borsellino, la finanza frenerebbe il processo produttivo e impedirebbe gli “acquisti”, e tutte le altre simili amenità che ritroviamo nella pubblicistica corrente.

Ben più pericolosi sono i “piani” che i governi borghesi stanno preparando con le più moderne giustificazioni – da uno “sviluppo ecologicamente sostenibile” alla sistematica “carità” elargita per “sostenere la domanda di consumo”, per tacere delle ricette “redistributive” eque e solidali che mandano in sollucchero la piccola borghesia parassita e riformista in tutto il mondo. Tutti “piani” che si riassumono nell’intervento sempre più centralizzatore (e repressivo) dello stato, in quella perfetta linea storica che conduce sempre di più verso l’unica soluzione proponibile dal capitalismo per cercare di invertire (a modo suo!) il ciclo economico: la guerra, con il suo corredo di distruzioni di capitali e merci “eccedenti”, compresa quella merce particolare (l’unica che con il suo lavoro non pagato è in grado di aggiungere valore a quanto si produce) che è la forza-lavoro.

Si è infine ribadito che l’unico modo per distruggere il meccanismo messo in moto dal capitale è la ripresa (attraverso la propaganda e l’agitazione) del più deciso disfattismo (dal boicottaggio di ogni solidarietà economica con le proprie aziende alla denuncia di ogni solidarietà nazionale) e della lotta di classe aperta e dichiarata, con l’obbiettivo della trasformazione della guerra imperialista tra gli stati in guerra civile rivoluzionaria e internazionalista.

 

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°02 - 2009)

 

 

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.