Lungi dall’essere il preludio di una “rivoluzione” come alcuni faciloni vanno cianciando, lo sciopero (o meglio: la serie di scioperi) dei ferrovieri francesi della Société National des Chemins de Fer Français (SNCF) è una massiccia mobilitazione di categoria iniziata ormai due mesi fa (1). Smaltito l’entusiasmo del primo giorno, dal 22 marzo gli scioperi continuano, nonostante l’incontro del 7 maggio tra rappresentanti sindacali e governativi (2). E continueranno per tutto giugno, come previsto fin dall’inizio della mobilitazione. 

A fronte di un debito di 47 miliardi di euro della società, il governo decide di far pagare ai neo-assunti il conto salato: i trimestri lavorati utili al pensionamento saranno uguali a quelli di tutti i lavoratori. Infatti, secondo la riforma, i ferrovieri non saranno più tutelati dallo “statuto dei lavori usuranti”: dunque, il calcolo del tempo per la loro pensione verrebbe parificato a quello più diffuso fra i lavoratori francesi. La borghesia ritiene che i ferrovieri rappresentino un “settore deficitario per lo stato” a causa del loro “statuto particolare”, troppo vantaggioso poiché comprensivo di garanzia dell’impiego a vita, assicurazione di malattia e pensioni più alte comparate al periodo di attività lavorativa, graatuità dei trasporti su treni e tariffe vantaggiose per la famiglia, salari leggermente superiori alla media francese – “veri privilegi”, visto che si parla di semplici lavoratori e non di quadri! A questa diminuzione del salario differito, si somma un forte aumento dei carichi di lavoro: per avere un’idea di quest’aumento, basta osservare che, mentre nel 1970 la categoria contava circa 300.000 dipendenti, nel 2000 si era scesi a 175,000 e oggi la forza lavoro complessiva è dimezzata numericamente (il 42% circa dei lavoratori!). A fronte di ciò, le mansioni e competenze per la gestione di un’infrastruttura decisamente più complessa (si pensi alle famose “linee ad alta velocità”), con relativo aumento di responsabilità e stress psico-fisico, sono cresciute enormemente.

Dopo la manifestazione del 22 marzo, nel corso di uno sciopero che riguardava più categorie di lavoratori del settore pubblico, la lotta difensiva dei sindacati per la vertenza SNCF è iniziata il 3 aprile con un grève perlée, uno sciopero a intermittenza: una forma di lotta, inedita anche nel combattivo settore ferroviario francese, che prevede due giorni di sciopero ogni tre giorni. L’intenzione politica dei quattro sindacati che si dichiarano combattivi (CGT, UNSA, SUD-Rail, CFDT) è di opporsi alla riforma lanciata dal governo, programmando trentasei giorni di sciopero in totale, spalmati su tre mesi (3): una strategia, secondo loro, atta a mantenere la mobilitazione sul lungo periodo. Vi è infatti la consapevolezza che Macron, lungi dall’essere in calo di consensi, poiché si trova ancora nella fase ascendente con il suo governo, è pronto ad attaccare frontalmente i lavoratori, mantenendo un clima di guerra sociale. Lo dimostra l’incontro dei delegati ferrovieri con i rappresentanti governativi che, da veri lustrascarpe della borghesia, hanno ribadito ai sindacati che i punti fermi della riforma sono tre: la trasformazione della società pubblica in società aperta alla concorrenza, la fine del reclutamento a statuto speciale dal 1° gennaio 2020 e la trasformazione della SNCF in società pubblica a capitale privato. A partire dal 2022, il debito verrà gradatamente riassorbito, informa il Primo ministro: ma che questo avvenga o no, a pagare saranno i nuovi assunti!

Quello che possiamo prevedere (e che sicuramente gli scioperanti sanno bene) è che non ci sarà nessun compromesso, nessuna negoziazione, ma un conflitto che misurerà, sulla tenacia a resistere dei ferrovieri, la capacità delle classi dirigenti di imporre al proletariato francese un decisivo “restringimento”… del suo costo di produzione.

Dovere di noi comunisti è di sostenere tutti i lavoratori che si oppongono a queste belanti marionette, tra le quali le più ridicole e pietose sono proprio quelle “di sinistra”, come il deputato Alexis Corbière di La France insoumise de Seine Saint Denis (4), che sostiene che la SNCF “non è dei ferrovieri” ma “nostro patrimonio comune” (5). Probabilmente con “nostro” intende “della classe dominante”!

Purtroppo, i dati sulle adesioni non sono affatto confortanti. A oramai più di due mesi dall’inizio dello sciopero, la tendenza alla mobilitazione è passata da un cospicuo 35% medio di adesioni (6) (con differenze notevoli a seconda dei giorni) al 20% di fine aprile (7). Ricordiamo che il settore degli cheminots conta 146.000 dipendenti, ivi compresi gli operai della manutenzione, i tecnici meccanici dei treni e della rete, i macchinisti, i controllori, i dipendenti degli uffici e delle prenotazioni/informazioni e i quadri. È importante sottolineare che l’adesione dei conduttori dei treni è stata il 3 aprile al 77%, il 4 aprile al 74%, il 13 aprile al 66%, il 18 aprile al 60% e il 24 aprile al 64% (ultimo dato pervenuto al momento della stesura di questo articolo). Simile è la tendenza anche per i controllori, che insieme ai macchinisti ferrovieri costituiscono l’avanguardia combattiva dentro la SNFC (adesioni oltre l’80% il 22 marzo).

Secondo la stampa francese, il movimento di lotta, sebbene considerevolmente forte, difficilmente può essere paragonato a quello del 2010 (o del 1995, che espresse la combattività più alta degli ultimi 40 anni, mai più raggiunta in seguito) contro la riforma delle pensioni e in difesa delle categorie con “statuti speciali” come i ferrovieri: quelli che in Italia si chiamano “lavori usuranti”. E ciò né in rapporto alla partecipazione in termini numerici degli aderenti, né in termini di giornate di sciopero effettuate (8). Invece, si avvicina molto alle mobilitazioni del 2016 contro la riforma del lavoro El Khomri (9) e a quelle del 2007 contro la riforma dei regimi speciali di pensionamento.

Il processo storico che ha trasformato i treni da mezzi di trasporto popolare a mezzi di trasporto costosi non nasce oggi né è un fenomeno specifico della Francia, ma è un processo complesso che riguarda più Stati in Europa e molteplici attori economici. Allo stato attuale, il costo dei treni ad alta velocità è proibitivo per le lunghe tratte, molto superiore ad esempio a quello degli autobus. Esattamente tre anni fa, nell’agosto 2015, proprio il presidente Macron, allora ministro dell’economia (10) (le “facce nuove” sono maschere già indossate…), liberalizzò il trasporto autobus di passeggeri su lunghe distanze, favorendo il noto colosso tedesco Flixbus, nato in Germania solo nel 2013 ma oggi in una situazione quasi monopolistica, con il 92% del mercato nel paese. Questa scelta politica, che fu venduta allora come “ecologista” alla faccia della SNCF, è frutto dell’incapacità delle classi dirigenti, che da un lato richiedono oneri collettivi per finanziare le infrastrutture, ma dall’altro, con la scusante del libero mercato, non consentono al proletariato di fruirne, a causa dei prezzi proibitivi dei biglietti dei treni per le lunghe distanze: il libero mercato che hanno in mente lo mettono in opera sprecando risorse da un lato e spremendo lavoro dall’altro. E inoltre lo fanno avvelenando l’aria, inquinando e distruggendo: altro che “scelta ecologista”! In questo processo, i treni diventano sempre più mezzi di trasporto lussuosi, soprattutto se comparati al disagio delle lunghe tratte in autobus strabordanti umanità più o meno pendolare. Sono queste le condizioni di viaggio che questa classe dirigente ci impone! E per di più risparmiando sui lavoratori! E chiudiamo pure questa piccola parentesi…

Non basterà riprendere gli slogan del maggio 1968, questa volta. Troppi nostalgici hanno visto nelle occupazioni di 15 facoltà su 70 una ripresa del ribellismo situazionista in Francia in questi giorni. Diversamente da ciò che alcuni esaltati sostengono, il movimento di protesta degli studenti non è collegato, per adesso, con i movimenti dei lavoratori della SNFC. Sebbene alcune individualità operaie si siano recate alle assemblee studentesche, specie a Parigi e di militanti dell’ultra-gauche, questo non è segnale né di unione né di lotta comune, e nemmeno di reciproco riconoscimento. A un’assemblea tenutasi il 20 aprile a Tolbiac, una delle facoltà occupate della capitale, ha partecipato un giornalista del noto giornale di destra Le Figaro. Nell’articolo che poi scrisse, il giornalista “infiltrato” si faceva beffe della situazione, ma riportava anche un interessante scambio di battute tra il socialista di Générations, il movimento di Benoît Hamon, e la folla dell’assemblea studentesca: contestato durante il suo intervento dagli studenti che gridavano “Fuori i social-traditori!”, attaccato anche da un ferroviere che esclama: “Restituiteci Guy Debord!” (11). Al che, uno studente chiede: “E chi è?” (12). L’aneddoto può suscitare le risate dei lettori reazionari del giornale: ma deve pure far riflettere sui danni che le “false rivoluzioni” continuano a fare, creando ancor oggi distorsioni e mistificazioni. Quanto ci vorrà per liberarci da questo clima anticomunista? Quanto ci vorrà per togliere dal comodino i santini degli eroi di passaggio? In Italia, abbiamo potuto leggere solo articoli che gridavano al complotto, raccontando che in Francia qualcosa di grosso stava per succedere mentre “qui”, per chissà quale paura, tutto rimaneva “nascosto da occulti poteri”. Qual è l’utilità di un’analisi che vede l’alba di una rivoluzione un giorno, e l’altro pure?

Nessuna alleanza reale, né sul piano politico, né sul piano strategico, né in termini di sostegno agli scioperi: gli studenti francesi, troppo occupati nelle assemblee a decidere come difendersi dalla repressione millantano legami con la lotta dei cheminots, ma eludono la critica del sistema scolastico e universitario, classista ed escludente, e, sebbene più disillusi che in passato sulla collocazione futura, rimangono intrappolati dagli schemi interpretativi della realtà piccolo-borghese (fascismo/antifascismo; zone da difendere o ZAD…): una lotta ancora ben lontana da quella del 2006 dei liceali e degli studenti contro il CPE (13) e da quella contro il progetto Devaquet (14) nel 1986, in cui rispettivamente 50 e 60 università furono coinvolte negli scioperi, senza contare il contributo dei liceali (15)… Figuriamoci quanto lontana da una posizione classista rivoluzionaria!

È vero, il Primo Maggio a Parigi ci sono stati duecento fermi dopo una manifestazione che simpatizzava, con metodologie radicali. Ma in sé e per sé la rabbia diffusa è e rimane rabbia diffusa, isolata e cieca: comprensibile nelle sue radici e nelle sue manifestazioni, e certo non da respingere o attaccare, come si fa da più parti. Compito dei comunisti è semmai svolgere un’opera di chiarificazione e preparazione rivoluzionaria, nella prospettiva – ahinoi, ancora lontana – di arrivare attraverso un lungo e tenace lavoro a organizzare e dirigere quella rabbia, verso la presa del potere. Per ora, non vi sono i presupposti né le condizioni che possano far pensare a una situazione, in Francia, di avanguardia di una autentica ripresa classista. Seguiremo dunque le lotte e come si evolveranno, e vedremo che cosa faranno i lavoratori a partire da giugno e quali forme di lotta, dopo lo sciopero ad intervalli, useranno per difendersi.

Auspichiamo poi – e questo fa parte del nostro lavoro “a contatto con la classe”, nei limiti delle nostre forze, che si possa aprire un varco che permetta, alla lunga, di passare dalla difesa all’attacco. L’unica soluzione delle contraddizioni del capitalismo, dalla miseria generalizzata alla devastazione del pianeta, è la ripresa internazionale della lotta di classe, organizzata per abbattere il dominio economico e politico della classe mondiale borghese. Nel 1850, in Le lotte sociali in Francia dal 1848 al 1850, Karl Marx scriveva (e qui ci fermiamo per il momento):

“Lo svaligiamento dello Stato, che si faceva in grande coi prestiti, si ripeteva al minuto nei lavori pubblici. I rapporti tra la Camera e il governo si moltiplicavano sotto forma di rapporti tra amministrazioni singole e singoli imprenditori. Al pari delle spese pubbliche in generale e dei prestiti dello Stato, la classe dominante sfruttava le costruzioni ferroviarie. Le Camere addossavano allo Stato i carichi principali e assicuravano la manna dorata all'aristocrazia finanziaria speculatrice. Sono nella memoria di tutti gli scandali che scoppiarono alla Camera dei deputati quando il caso fece venire a galla che tutti quanti i membri della maggioranza, compresa una parte dei ministri, partecipavano come azionisti a quelle medesime costruzioni ferroviarie che essi facevano poi, come legislatori, eseguire a spese dello Stato.»

 

NOTE

1 La SNCF è una istituzione pubblica a carattere industriale e commerciale nata nel 1938 e gestisce il trasporto ferroviario in Francia.

2  Eduard Philippe, Primo ministro francese, ed Elisabette Borne, Ministra dei trasporti, hanno ricevuto i rappresentanti sindacali per la prima volta dall’inizio della mobilitazione il 7 maggio.

3 Il primo preavviso di sciopero è stato comunicato nella data già menzionata del 3 aprile. I sindacati hanno comunicato tutte le date fino al mattino del 4 giugno. La nuova sequenza di date è stata proclamata nella mattinata di lunedì 4 giugno con il seguente calendario per giugno: giovedì 7, venerdì 8, martedì 12 e mercoledì 13, domenica 17 e mercoledì 18, venerdì 22 e sabato 23 e infine mercoledì 27 e giovedì 28 giugno.

4 La France Insoumise, La Francia Indomita (https://lafranceinsoumise.fr/), è un movimento populista di sinistra, nato nel 2016 per sostenere alle elezioni presidenziali Jean Luc Mélenchon. Il suo programma, intitolato “Un futuro comune”, s’ispira a un socialismo democratico, con iniziative ecologiste (la campagna per l’acqua come bene pubblico) e posizioni moderatamente euroscettiche.

5  Cfr. l’intervista di L’OBS da L’intern@ute, Restons politiques, su http://www.lemonde.fr/economie/article/2018/03/16/les-cheminots-lancent-une-greve-d-usure-sur-trois-mois_5271759_3234.html

6  Dato distribuito dalla SNCF, tenendo conto di tutti i dipendenti, quadri inclusi, per tutti i giorni di sciopero dal 23 marzo, giorni di riposo non esclusi, sabati e domeniche non escluse: quindi calcolati sui dati relativi alle persone in servizio nei giorni di sciopero, su 146mila dipendenti.

7 Cfr. http://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2018/05/03/apres-un-mois-de-greve-la-mobilisation-a-la-sncf-reste-encore-loin-des-niveaux-de-1995_5293704_4355770.html

8 Cfr. www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2018/05/03/apres-un-mois-de-greve-la-mobilisation-a-la-sncf-reste-encore-loin-des-niveaux-de-1995_5293704_4355770.html#8DPb8HTTVSsDdtsi.99

9 Proposto dalla ministra Myriam el Khomri, il disegno di legge per la riforma del lavoro in linea generale è l’equivalente francese del Jobs Act italiano. Tra le misure in esso comprese, elenchiamo tre caratteristiche: 1) la tendenza a facilitare le procedure di licenziamento; 2) l’abbassamento della remunerazione degli straordinari (dal 25% di retribuzione in più per le prime otto ore di straordinario al solo 10% di maggiorazione con accordo aziendale interno); 3) la possibilità di un importante allungamento della giornata di lavoro attraverso “accordi interni con le aziende”, fino a un massimo di 12 ore. Inoltre, una parte fondamentale della riforma del codice del lavoro ufficializza la semplificazione del licenziamento economico: un dipendente può perdere il lavoro ed essere “sacrificato” per rendere più competitiva una azienda. Informazioni tratte da “Cosa prevede la riforma del lavoro in Francia”, Internazionale del 27 maggio 2016, https://www.internazionale.it/notizie/chloe-monge-cadet/2016/05/27/francia-riforma-lavoro-punti.

10 http://www.lemonde.fr/economie/article/2018/02/14/flixbus-bataille-pour-devenir-rentable-en-france_5256701_3234.html

11 Ispiratore e dirigente e ispiratore dell’Internazionale Situazionista, con la sua opera La società dello spettacolo Debord pretendeva di criticare da un punto di vista antropologico l’industria culturale e i mezzi di comunicazione attraverso la categoria dello “spettacolo” (“Lo spettacolo è il capitale a un tal grado d’accumulazione da divenire immagine”), riassunto ideologico del capitalismo ad uno stadio “finale e totalitario”… Come molti altri prima e dopo di lui, ha creduto di “superare” la scientificità del comunismo attraverso una “radicalizzazione”, riscoprendo “il vero Marx”! Fondamentalmente anarchico, posseduto da una visione romantica del marxismo e della rivoluzione, è stato l’ideologo piccolo-borghese a cui ingenuamente la sinistra radicale francese, ma soprattutto parigina (e non solo!), si è ispirata e purtroppo si ispira ancora. Muore suicida nel 1994… Ma, possiamo aggiungere senza tema d’esser tacciati di cinismo, continua a far danni.

12 http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2018/04/20/01016-20180420ARTFIG00001-quelques-jours-a-tolbiac-l-invraisemblable-zad-au-coeur-de-paris.php

13 “Contratto di primo impiego”: un tipo di contratto di lavoro a tempo indeterminato per i minori di 26 anni. La legge fu ritirata dietro la pressione della contestazione studentesca

14 Progetto di riforma delle università che prevedeva la selezione degli studenti, messi in concorrenza tra loro al momento dell’iscrizione. Il progetto fu ritirato nello stesso anno dopo un’efficace e intensa lotta (segnata dall’omicidio dello studente Malik Oussekine, manganellato a morte dalla polizia durante una manifestazione), che vide uniti studenti liceali e universitari.

15 http://www.lemonde.fr/campus/article/2018/04/10/blocages-examens-et-interventions-policieres-les-debats-du-mouveme

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

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