Dal nostro opuscolo Partito di classe e questione sindacale (1994), ripubblichiamo la prima parte, che fornisce l'inquadramento teorico generale a una “questione” che è ancor oggi all'ordine.


 

I - Punti di principio

1. “La giusta prassi marxista insegna che la coscienza del singolo o anche della massa segue l'azione e che l'azione segue la spinta dell'interesse economico. Solo nel partito la coscienza e, in date fasi, la decisione di azione precede lo scontro di classe. Ma tale possibilità è inseparabile organicamente dal gioco molecolare delle spinte iniziali fisiche ed economiche” (in “Il rovesciamento della prassi nella teoria marxista”, 1951).

Capovolgendo lo schema idealistico di interpretazione degli eventi umani, il marxismo vede nella storia l'arena di lotte fra classi determinate ad agire su schieramenti antagonistici da bisogni e interessi materiali e, solo dopo, spinte dal corso di tali lotte, a prendere coscienza della direzione nella quale si muovono. L'intera scala ascendente delineata dal Manifesto del Partito Comunista (1848), dalle prime e istintive reazioni allo sfruttamento capitalistico fino alla costituzione del proletariato in classe, quindi in partito, e all'organizzazione della classe in classe dominante attraverso la presa del potere e l'esercizio della dittatura, non solo ha le sue necessarie radici in determinazioni economiche elementari, a loro volta riflesso del premere delle forze produttive contro l'involucro dei rapporti di produzione, ma trae continuo alimento da esse. Come è vero che le rivoluzioni non si fanno ma si dirigono, così è vero che si dirigono solo in quanto le grandi masse proletarie, non per coscienza né per volontà esplicita, e neppure in quanto tale coscienza e tale volontà siano state trasmesse loro in tutta la loro estensione dal partito, sono deterministicamente costrette a farle.

2. “Dal modo dialettico di considerare la formazione della coscienza di classe, della organizzazione unitaria del partito di classe”, risulta che questo, come “trasporta un'avanguardia del proletariato dal terreno dei moti spontanei parziali suscitati dagli interessi di gruppi sul terreno dell'azione proletaria generale”, così “non vi giunge con la negazione dei moti elementari, bensì consegue la loro integrazione e il loro superamento attraverso la viva esperienza, con l'incitarne l'effettuazione, col prendervi parte attiva, col seguirli attentamente in tutto il loro sviluppo” (in Tesi di Roma, 1922, parte III, paragrafo 11).

Ne segue: a) che l'opera di propaganda e di proselitismo, da un lato, e la consistenza numerica e il grado di influenza reale su strati più o meno estesi del proletariato, dall'altro, sono inseparabili per il partito “dalla realtà dell'azione e del movimento proletario in tutte le sue esplicazioni”, e b) che è “un banale errore il considerare contraddittoria la partecipazione a lotte per risultati contingenti e limitati con la preparazione della finale e generale lotta rivoluzionaria”.

È tesi irrinunciabile del marxismo, e quindi nostra, che tale collegamento, ora largo e profondo ora ristretto ed episodico a seconda delle condizioni oggettive, mai conseguibile a mezzo di espedienti tattici slegati dai principii, rappresenta in tutte le circostanze uno dei compiti fondamentali del partito, e che d'altra parte solo in virtù di esso la lotta economica proletaria può trasferirsi dal livello tradeunionistico - dal punto più alto al quale può giungere da sé (Lenin) – al livello di lotta di tutta la classe sfruttata contro tutta la classe sfruttatrice, e, quando vi concorrano le necessarie premesse oggettive, di lotta rivoluzionaria per l'abbattimento del potere statale concentrato e dittatoriale del capitalismo e l'instaurazione di un potere statale concentrato e dittatoriale proletario.

3. Parte integrante di questo compito, per le stesse ragioni di principio, è la partecipazione del partito, attraverso i suoi gruppi, alla vita organizzativa di tutte le forme di associazione economica del proletariato aperte a lavoratori – e soltanto lavoratori – di ogni fede politica, che di tutte quelle lotte elementari sono – giusta il Manifesto e tutti i testi del marxismo – il necessario prodotto.

Posizioni fondamentali del partito sono:

* l'affermazione che il sindacato operaio, come ogni altra forma di organizzazione immediata anche non esclusivamente economica, non è mai di per sé rivoluzionario, ché anzi tende per la sua stessa immediatezza e per la presenza di interessi contingenti discordanti fra gruppi di operai a rinchiudersi nell'orizzonte gretto e corporativo di un'azione minimalista e riformista, può tuttavia divenire un vitale strumento della rivoluzione e, prima ancora, della preparazione del proletariato ad essa, nella misura in cui il partito conquisti nel suo seno, cioè fra le masse organizzate, un'influenza rilevante; e che:

* per l'utile svolgimento di tale compito, e ai fini stessi dell'azione rivoluzionaria finale, uno dei cui presupposti è la centralizzazione delle forze operaie, è auspicabile che esso sia unitario, cioè comprenda tutti i lavoratori posti in una specifica situazione economica. Corollario di questa tesi è che alle tendenze degenerative, o alla degenerazione in atto, degli organismi economici, non si ovvia con la creazione di organismi immediati di diversa forma, meno che mai con organismi a carattere locale o aziendale la cui apparizione è bensì un dato necessario dello svolgersi dei conflitti sociali e, a volte, un sintomo positivo dell'insofferenza delle masse operaie per la prassi opportunistica o addirittura controrivoluzionaria delle centrali sindacali; organismi sui quali il partito può in date circostanze far leva, centralizzandoli, ma che, presi a sé, ripetono sul piano organizzativo le deficienze, le angustie, le debolezze delle lotte economiche parziali.

4. Conformemente alla tradizione marxista, la Sinistra ha quindi sempre considerato e il Partito considera condizioni della sua stessa esistenza come fattore operante della preparazione del proletariato all'assalto rivoluzionario e della sua vittoria:

a) l'erompere su vasta scala e in forma non episodica di lotte economiche - e l'intensa partecipazione del Partito ad esse per gli scopi indicati;

b) la presenza di una rete non labile e non episodica di organismi intermedi fra sé e la classe, e il suo intervento in essi al fine di conquistarvi non già necessariamente la maggioranza e con ciò la direzione, ma un'influenza tale da poterli utilizzare come cinghia di trasmissione del suo programma fra le masse operaie organizzate e da imbeverne almeno gli strati operai più combattivi.

Non rientra nella classica impostazione marxista, ed è anzi di chiara provenienza idealistica, né il presupporre come condizione dell'appartenenza ai sindacati e del lavoro politico rivoluzionario del partito comunista in essi una loro pretesa "purezza" da influenze controrivoluzionarie - che mai organismi immediati possono attingere e dalle quali neppure il partito è per essenza indenne -, né il contrapporre ad associazioni sindacali dirette da altri partiti sedicenti operai associazioni di soli comunisti. “Nel sindacato operaio – scrive la Piattaforma politica del Partito – entrano lavoratori appartenenti singolarmente ai diversi partiti o a nessun partito; i comunisti non propongono né provocano la scissione dei sindacati per il fatto che i loro organismi direttivi siano conquistati e tenuti da altri partiti, ma proclamano nel modo più aperto che la funzione sindacale si completa e si integra solo quando alla dirigenza degli organismi economici sta il partito di classe del proletariato” – e ciò non soltanto ai fini della lotta rivoluzionaria finale, in cui i sindacati o altri organismi intermedi, se diretti o anche solo influenzati in modo determinante dal partito, giocano un ruolo positivo, benché non sufficiente (neanche il partito lo può), né risolutivo (e il partito, quando ne esistano le condizioni, lo può certamente), mentre in caso contrario rischiano di giocare un ruolo controrivoluzionario; ma anche ai fini della lotta per il conseguimento di vantaggi economici immediati.

Come tuttavia il partito considera (e insegna agli operai a considerare) le rivendicazioni e le lotte economiche non come fini in sé, ma come mezzi necessari alla preparazione, all'addestramento e all'organizzazione del proletariato in vista dei suoi obiettivi ultimi (giacché, se divenissero fini, ribadirebbero il rapporto salariale invece di tendere a distruggerlo), così vede e dichiara apertamente di vedere nelle forme immediate di associazione degli operai non il traguardo della lotta di emancipazione dal capitale, ma uno strumento che il partito deve e può utilizzare per il raggiungimento delle massime finalità del comunismo, non elevandolo perciò – come non eleva nessuna forma di organizzazione – a sacro e intangibile feticcio.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°02 - 2014)

 

 
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