Belluno. Un gustoso “scambio di amorosi sensi” ha avuto luogo il 20 febbraio 2013 presso la Sala Bianchi, dove il Partito Comunista dei Lavoratori presentava il proprio programma in vista delle elezioni. Un compagno della sezione locale è intervenuto ricordando come sul tema "Partecipare o no alle elezioni borghesi" il movimento comunista internazionale avesse già definitivamente risposto, chiudendo sia la discussione teorica sia la pratica reale, e che l'unico terreno per la lotta politica è la lotta di classe; e ha fatto riferimento al dibattito al II Congresso dell'Internazionale Comunista, a Mosca, luglio-agosto 1920. Il clima già caldo s'è ancor più arroventato, quando un militante del PCL ha provato a rispondergli che “ogni comunista dovrebbe avere sul comodino il testo di Lenin L'estremismo": al che il nostro compagno ha replicato che “per averlo sul comodino e non aprirlo mai...”, sottolineando poi il contenuto del libro stesso e come Lenin avesse sempre negato il parlamentarismo. Poi ha rincarato la dose attaccando il metodo, proprio degli opportunisti, di usare una fraseologia pseudo-rivoluzionaria: "Siamo per la lotta di classe!". Ma per quale fine? anche il Capitale è per la lotta di classe: la pratica da sempre! il fine dei comunisti è la dittatura del proletariato. "Lottiamo per il governo operaio!". Ma quale “governo operaio”! i comunisti sono per la dittatura proletaria guidata dal partito. "Lavoriamo per la rivoluzione!". Ma quale rivoluzione? a parole, son tutti “rivoluzionari”: anche l'ultimo modello FIAT è “rivoluzionario”; i comunisti sono per la rivoluzione proletaria. A questo punto, nella sala è riecheggiata una vecchia parola, portando con sé brutti ricordi: "Provocatore!". La risposta è stata perentoria: i trotskisti di oggi come gli stalinisti di ieri. La serata s'è conclusa senza pacche sulle spalle.

 

Bologna

I compagni di Bologna sono stati invece “deliziati” da un’assemblea pubblica tenuta da esponenti di un gruppo chiamato “Rete dei Comunisti”. L'argomento riguardava l'atteggiamento che i comunisti dovrebbero tenere nei confronti della guerra civile che sta dilaniando la Siria. Lo sappiamo: non vi è mai fine al peggio e la mamma degli imbecilli è sempre incinta, ma sentire dei sedicenti comunisti affermare ciò che hanno affermato in quell’assemblea è veramente roba da stomaci forti. In pratica, dopo aver citato qualche dato economico preso qua e là, facendo sfoggio di una logica al di sotto di quella dei topolini di campagna e aver disegnato scenari degni del migliore Wilbur Smith, gli “arretati comunistici” ci hanno fatto sapere che oggi in Siria bisogna... parteggiare per Assad. “Assad si proclama anti-americano? Ciò basta perché si faccia propaganda per lui e il suo regime”.

E' intervenuto allora un nostro compagno, chiarendo subito la propria posizione e affermando che i relatori (ben tre, per sostenere tali fregnacce!) si dovevano vergognare non tanto nel sostenere ciò che sostenevano, quanto nel tentare di far passare tale posizione come avente qualcosa a che fare con il comunismo, sia come obiettivo sia come chiave di lettura dell'attualità. E ha chiesto: “quali sono i rapporti di classe in Siria? quali sono le classi che almeno inizialmente si sono sollevate? quali sono le responsabilità del regime baathista nel massacro continuo di proletari fuori e dentro i confini siriani? come mai, quando, negli ultimi 15 anni, siriani e americani hanno fatto affari d'oro, gli 'arretati' non si sono rivoltati? c'è ancora in Siria una questione nazionale aperta, una qualche rivoluzione borghese ancora da completare? internazionalismo operaio significa appoggio a regimi sanguinari, a regimi democratici? quale è la storia della nascita delle nazioni arabe?” Queste e altre domande sono state poste e a molte di esse il compagno ha avuto modo di dar risposta. Nulla però ha scalfito la granitica certezza di questi “arretati”: loro erano dalla parte dei buoni contro i cattivi (tra cui, naturalmente, anche noi).

E sia: noi non cerchiamo certo convergenze con simili posizioni. Al contrario, denunciamo come schierati nel campo della borghesia gli appartenenti a questo gruppo che ha come scopo quello di prendere… allocchi e pescioloni nella propria “rete”. Se ne guardino i proletari!

Non vi è scelta fra borghesia e borghesia: solo il disfattismo rivoluzionario, nel mondo tutto e in primo luogo in casa nostra, è la riposta ai continui massacri prodotti dalle dinamiche interimperialstiche. Solo questa è solidarietà attiva, il resto è tradimento della nostra classe.

Conferenze pubbliche. Un fitto programma di conferenze pubbliche ha impegnato il Partito negli utlimi mesi. A dicembre 2012, la sezione di Milano ha preso spunto dall'ultimo opuscolo (Stalinismo: non patologia del movimento operaio, ma aperta rivoluzione borghese) per riproporre la parabola di quell'aspetto della controrivoluzione che solo per comodità si definisce “stalinismo”, e vi ha fatto seguito, a gennaio, con l'esposizione delle nostre posizioni in campo elettorale (“Oltre l'astensionismo. La nostra lotta non è per la democrazia”). A gennaio, la sezione di Roma ha ripreso a sua volta il tema dello stalinismo, e così ha fatto la sezione di Bologna, dopo aver tenuto una prima conferenza sul tema del gramscismo, altro aspetto della controrivoluzione (“Il gramscismo, malattia di ogni età del comunismo”); a fine maggio, la stessa sezione terrà un'ulteriore conferenza, di presentazione del nostro partito. Nei numeri prossimi di questo giornale, daremo informazioni su altre iniziative.

 

Riunioni interregionali. La Riunione interregionale tenutasi a marzo in Veneto s'è occupata di continuare lo studio sul “corso del capitalismo”, lavoro che ha sempre contraddistinto il nostro Partito. I dati a nostra disposizione sono, come sempre, quelli che possiamo dedurre da studi borghesi, che si limitano (nel migliore dei casi!) a una fotografia del fenomeno come appare in superficie: con il nostro metodo, quello che sta al cuore del Capitale, “facciamo parlare” questi dati, mostrando la dialettica corrispondenza fra teoria e fenomeno, evidenziando le leggi dell'accumulazione del capitale e della caduta tendenziale del saggio medio di profitto, chiarendo come si sviluppi la crisi di sovrapproduzione di merci e capitali nella quale siamo immersi. Senza questo costante studio teorico e analitico dei fenomeni, la realtà economica capitalistica si presenta in forma caotica, mistificata, e dunque incomprensibile: questo lavoro è dunque il nostro periscopio e la nostra bussola. Nelle prossime Riunioni interregionali e nella Riunione Generale del 2013, procederemo in questo percorso di studio teorico e di analisi del reale – un autentico viaggio di disvelamento, di cui via via daremo conto ai nostri lettori.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03 - 2013)


 

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