Letto su Le Scienze, giugno 2015: “Fra dieci milioni di anni [?], quando i paleontologi del futuro [?] si metteranno a scavare nel sottilissimo strato [?] che corrisponde alla nostra epoca, rimarranno di stucco. In un battito di ciglia del tempo geologico vedranno che una sola specie (Homo sapiens), con le sue attività minerarie, ha spostato più sedimenti di tutti i fiumi della Terra. Quella stessa specie immettendo gas serra in atmosfera ha riscaldato rapidamente il pianeta e fatto innalzare il livello dei mari […] ha eroso lo strato di ozono, acidificato gli oceani, frammentato gli habitat ed estinto quasi la metà di tutti gli esseri viventi. Per ciascuna di queste imprese sarà rimasta una traccia geologica, una cicatrice indelebile sulla superficie terrestre”.

Non cercheremo di analizzare la struttura para- o fanta-scientifica del brano citato e non ci imbarcheremo, certo, in una… filosofia della filosofia. Lasciamo perdere! La questione divertente (o idiota? o tragica?) nasce dalla proposta di dare un nome all’epoca geologica in cui viviamo – Antropocene – e dal fatto che da essa si è sviluppato un ampio dibattito, divenuto quasi un virus, che ha infettato giornali, musei e la stessa comunità scientifica… Anche perché esiste già il nome di quest’epoca: Olocene, l’epoca che inizia con il riscaldamento climatico successivo all’ultima glaciazione, intorno a 11.700 anni fa. Ma siccome Nature, la rivista scientifica, ha dedicato uno “Speciale” alla faccenda, il dibattito si è acceso ovunque.

Dunque, sempre da Le Scienze: “i più favorevoli fanno notare che le attività umane contemporanee lasceranno un segno irreversibile e sincronico nelle stratigrafie di tutti i depositi geologici del mondo, compresi sedimenti oceanici e ghiacciai”. E poi da dove fare partire l’Antropocene? Poiché un po’ di sale in zucca è sempre possibile rintracciarlo, uno scienziato (il premio Nobel per la chimica, Crutzen, olandese) propone, senza mostrar dubbi, la rivoluzione industriale della seconda metà dell’Ottocento, anche per i suoi effetti sulla composizione dell’aria. Bene. Altri guardano un po’ da vicino e pensano che “la grande accelerazione delle attività umane sia cominciata nel secondo dopoguerra con le grandi dighe, l’uso massiccio di fertilizzanti, la diffusione della plastica, il consumo di acqua e petrolio”. Chiaro. Altri ancora più precisi fanno partire la datazione dalla presenza del fallout radioattivo dall’epoca dello sgancio delle prime bombe atomiche (prima a Hiroshima e Nagasaki, poi le altre 500 bombe fatte brillare nei vari test fino al 1963).

Sembra insomma che la “Comunità Scientifica” individui (senza però dichiararlo apertamente) la causa determinante della distruzione della nostra e delle altre specie viventi nella presenza del modo di produzione capitalistico. Che però, raccomandano i dotti, essa sia prudente, prima di cambiare i manuali attestando la revisione da Olocene ad Antropocene. Per questo, è stato istituito un gruppo di lavoro per valutare… se sia davvero il caso di introdurre l’Antropocene “in quel monumento dell’intelletto umano” (?) che scandisce 4,5 miliardi di anni di storia della Terra. Ci vorranno dunque tre passaggi di revisione e tre votazioni da superare “a larga maggioranza” (o grande virtù della democrazia!). E poi: “Amen, in nomine Hominis sapientis, imago Dei” .

Piuttosto si distrugga il Capitalismo: l’epoca del CAPITALISMOCENE!

 

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

 

 

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