Un articoletto comparso sul giornale inglese The Observer il 13 dicembre 2009 (ma capitatoci sott’occhio solo adesso) ci permette alcune divertite considerazioni. Vi si riportano le dichiarazioni di Antonio Maria Costa, a capo dell’Ufficio ONU sulle Droghe e sul Crimine, secondo cui ci sono le prove che “i ricavi da attività criminale siano stati ‘l’unico capitale d’investimento liquido’ a disposizione di alcune banche sull’orlo del collasso durante l’anno scorso [2008-9]” e che “come risultato, la maggior parte dei 352 miliardi di dollari di profitti provenienti dal mercato della droga sono stati assorbiti dal sistema economico” – hanno cioè circolato bellamente nelle vene e nelle arterie del bel mondo del capitale mondiale, nella grande lavanderia collettiva fatta di banche, investimenti, assicurazioni, risparmi, credito, buste-paga e borsellini vari... Non a caso si è parlato di… “titoli tossici”!

Le anime belle che scandiscono slogan del tipo “Fuori la mafia dallo stato!” e che sono così preoccupate del tracollo dell’economia dovrebbero meditare sulla cosa. Il capitalismo è drogato, in tutti i sensi: la sua economia è drogata dalla finanziarizzazione imperialista ed è fatta anche di capitali ottenuti attraverso l’enorme mercato della droga.

Per noi comunisti, è la scoperta dell’acqua calda: da che il capitalismo s’è affermato (ma con intensità ancor maggiore nella sua fase imperialistica), l’intreccio fra economia legale ed economia illegale è stato strettissimo – dal ruolo della pirateria internazionale all’epoca dell’accumulazione originaria fino ai 352 miliardi di dollari del giro d’affari della droga oggi.

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2011)
 

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