La riacutizzazione del cronico conflitto in terra di Palestina, nel più generale percorso di gestazione di un conflitto inter-imperialistico tra il concentrato di potenza “atlantista” e quelle “emergenti”, ha ridato fiato ai redattori di appelli, risoluzioni & manifesti... insomma, a chi spera di ricostruire volontaristicamente una “Internazionale” sulla base di un presunto “minimo comun denominatore” tra militanti e organizzazioni che di comune avrebbero (e, lo ammettiamo, non è poco...) solo il Grande Nemico: il modo di produzione capitalistico e le sue devastanti guerre.

Poco male. Ma, per esperienza storica abbiamo purtroppo imparato non solo che “di buone intenzioni è lastricata la via dell'Inferno” bensì che per combattere il Capitale bisogna avere le idee ben chiare su chi, perché e percome si combatte e quale deve essere l'organizzazione di questo combattimento.

Anche stavolta ai nostri volenterosi appellanti rispondiamo che le parole e le adesioni ben poco servono da sole a preparare la nostra classe al combattimento a cui è/sarà costretta.

E, come sempre, cercando di imparare dalle esperienze dei compagni che nel fuoco della lotta contro tutte le sfaccettature di questi decenni di controrivoluzione, il Partito Comunista Internazionale-Il Programma Comunista è sulla linea di combattimento.

A partire dalle condizioni concrete delle varie “sezioni nazionali” della nostra “classe internazionale” lavoriamo perché si possa sviluppare contro questa (come contro tutte le altre) guerra un processo, un percorso di preparazione, di disfattismo rivoluzionario che prepari le condizioni della trasformazione della guerra tra gli Stati in guerra dentro gli Stati: dalla guerra nazionale borghese alla guerra che rompe l'unità nazionale, alla guerra civile, la guerra di classe, la guerra rivoluzionaria.

A partire da indicazioni pratiche, a partire da attitudini che già nel tempo della pace, delle guerre non guerreggiate, abbiamo sempre indicato e agito (ovunque e nel limite delle nostre forze, facendo comunque e nostro malgrado, i conti con gli intelligentoni intellettuali che hanno infiltrato la nostra compagine alla ricerca di velleitarie scorciatoie) tra i ranghi e nelle lotte della nostra classe.

Agli appelli rispondiamo, dunque, che contro le guerre, i disastri, le devastazioni ambientali e le altre delizie del dominio borghese ci si deve organizzare ovunque in una lunga e radicale lotta di classe contro lo Stato del capitale, le sue istituzioni e tutti i suoi partiti. Ciò implica:

 

  1. Organizzazione della difesa delle condizioni di vita e di lavoro, per colpire duramente gli interessi economici e politici della borghesia.
  2. Rifiuto di accettare e subire sacrifici economici e sociali in nome dell'unità e dell'economia nazionale.
  3. Rottura aperta della pace sociale e ritorno deciso ai metodi e agli obiettivi della lotta proletaria di classe, unica reale e praticabile solidarietà internazionalista, tanto nelle metropoli quanto nelle periferie imperialiste.
  4. Rifiuto di ogni complice solidarietà partigiana (nazionalista, religiosa, patriottica, mercenaria, umanitaria, pacifista, socialisteggiante...) a favore di uno qualsiasi degli Stati o fronti di Stati coinvolti nelle guerre.
  5. Azioni di sciopero economico e sociale che portino a veri scioperi generali per paralizzare la vita nazionale e aprire la strada a scioperi politici, atti a rallentare e impedire ogni mobilitazione e propaganda bellica.
  6. Auspicare e favorire la sconfitta militare del proprio (e dei suoi alleati) Stato (perché non solo il nemico è in casa nostra, ma il nemico è casa nostra!), disobbedire in maniera organizzata (la diserzione individuale e di massa è necessaria, ma insufficiente) alle gerarchie militari, fraternizzare con i nostri fratelli di classe imprigionati anch'essi nelle loro patrie, tenere ben strette le armi e i sistemi d'arma per difendersi prima e liberarsi poi dai tentacoli delle istituzioni borghesi.

Con (e sulla base di) questi capisaldi (e nel corso di battaglie che è e sarà costretta a combattere), la nostra classe, l'immensa schiera di chi per vivere non può far altro che vendere la propria forza lavoro, potrà riconquistare la sua autonomia di lotta nei confronti del suo nemico storico la borghesia e la moltitudine delle mezze classi intellettualoidi e parassite che la sostengono, contro il loro Stato e le loro istituzioni.

Agli appelli rispondiamo con la necessità di una organizzazione di combattimento.

E' inutile girarci intorno, la nostra classe ha bisogno, ha sempre avuto bisogno, di organizzare, raggruppare, le sue avanguardie nel Partito della Rivoluzione Comunista.

Non servono gli appelli, serve il lavoro per il restauro, il rafforzamento, il radicamento di questo Partito che non è un'accolita di scribacchini e chiacchieroni, bensì un'armata, unita in una continuità di teoria, principi, programma, tattica e organizzazione: le sue porte sono aperte a chi intende impegnarsi in questo faticoso, oscuro, pericoloso lavoro. Astenersi perditempo, demagoghi, sociologi, scienziati politici, scopritori di geniali scorciatoie, commessi viaggiatori e piazzisti della politica “dernier cri”.

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