Abbiamo avuto tre anni di tempo per prepararci, come materialisti e come comunisti, a ciò che la malattia di Margherita annunciava in modo irreparabile. Margherita Coppo ci ha infatti fisicamente lasciato nel gennaio di quest’anno, a 72 anni. La memoria oggi corre ai suoi primi passi torinesi nel Partito degli anni Settanta, alle sue umanissime esitazioni successive, al moltiplicarsi dei suoi interessi nella critica cinematografica, nella letteratura, ma anche ai suoi desideri di ritrovare quel filo conduttore che, anni dopo, la ricondusse a quello stesso Partito, a quella stessa sezione.   Sappiamo che il Partito era la sua famiglia; e la sua presenza è stata indispensabile per affrontare e risolvere i tanti problemi posti dalla lotta per la classe oppressa a Torino nell’ultimo ventennio, senza clamore, senza vane illusioni, ma fedele al marxismo rivoluzionario. L’abbiamo conosciuta come una militante talvolta severa, ma sempre perfettamente orientata nei giudizi, sempre onesta e generosa verso i compagni. Abbiamo più volte condiviso la certezza della rivoluzione anche nei momenti più bui, grazie alla scienza che ci ha insegnato che, se non possiamo “vedere” l’atto formale della rivoluzione, tuttavia la viviamo nel tessuto vivo della teoria storica e del determinismo dialettico. Saremo sempre grati a Margherita per il modo con cui ha saputo tenere alta la nostra bandiera.

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