Dopo lo sciopero generale del 14 dicembre (di cui abbiamo dato notizia nel numero scorso di questo giornale), il bis è venuto a distanza di due mesi : il 13 febbraio. Dopo una serie di trattative avviate dal bonzume sindacale con governo e organizzazioni padronali, la triade è stata costretta dal malumore generale della base a respingere il ridicolo margine d’aumenti salariali e la smisurata flessibilità richiesta dal padronato, oltre al rifiuto di discutere le condizioni d’impiego a fine carriera o i prepensionamenti. Le trattative si sono bloccate su un margine d’aumento salariale « disponibile » dello 0,8% su… due anni ! E ciò proprio mentre i prezzi esplodono, i profitti aumentano, i contributi padronali sono diminuiti e vengono ridotte le imposte alle aziende…

Le organizzazioni sindacali hanno dunque avanzato numerose parole d’ordine : un aumento significativo dei salari e in particolare del salario minimo a 14 euro l’ora (o 2.300 euro al mese), meno pressione sui ritmi e un lavoro accettabile, un maggior numero di contratti a tempo indeterminato e un migliore equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, una pensione minima di 1500 euro netti, una fine di carriera soft attraverso il mantenimento dei regimi di prepensionamento e degli impieghi di fine carriera a partire dai 55 anni, l’aumento dei sussidi sociali del 10% al di sopra della soglia di povertà, l’eguaglianza salariale (« A lavoro eguale, salario eguale »), il rafforzamento dei servizi pubblici, la  riduzione delle spese per acqua, gas, elettricità, una maggiore giustizia fiscale spostando la pressione fiscale dalle spalle dei più deboli a quelle dei più fortunati, del capitale e delle grandi imprese, ecc….

Insomma, una sorta di « libro dei sogni », concepito per far sfogare la rabbia che bolle pericolosamente – tanto più « libro dei sogni » in quanto i sindacati poi non fanno seguire a esso una reale e decisa mobilitazione che vada al di là del rituale « sciopero generale » e dopo… tutti a casa. D’altra parte, queste rivendicazioni sono molto popolari e dunque era inevitabile che lo sciopero nazionale fosse accolto bene. Il quotidiano De Stadaard intitolava : « Raramente un’azione ha potuto contare su una adesione simile ». Sono stati toccati tutti i settori : dai metallurgici ai lavoratori della petrolchimica, passando per i salariati dei grandi magazzini (come Carrefour, dove ci sono stati 1200 licenziamenti nel solo 2018), della posta, dei trasporti pubblici, dei porti e degli aeroporti, del commercio e del terzo settore, del privato e del pubblico, delle banche e delle assicurazioni (come AXA, che esce da una ristrutturazione con un taglio di 650 posti di lavoro).

Un’ultima, terribile constatazione : quattro anni di governo liberal-nazionalista=160mila persone che dipendono dalla banche alimentari.

Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.