Introduzione

Impotenza della banale posizione negativista

Razze, nazioni o classi?

  1. Il metodo della Sinistra comunista italiana ed internazionale nulla ha mai avuto di comune con il falso estremismo dogmatico e settario che pretenderebbe con vuote negazioni verbali e letterarie di superare forze presenti nei reali processi della storia.

In un recente "filo del tempo" che introduce una serie di trattazioni della questione nazionale-coloniale e della questione agraria - e quindi delle principali contemporanee questioni sociali in cui sono in gioco forze notevoli non limitate al capitale industriale e al proletariato salariato - si è dimostrato con citazioni documentarie che il marxismo rivoluzionario perfettamente ortodosso e radicale riconosce l'importanza presente di tali fattori e la corrispondente necessità di avere in ordine ad essi una pratica di classe e di partito adatta; e ciò non solo citando Marx, Engels e Lenin ma gli stessi documenti base, dal 1920 al 1926, della opposizione di sinistra nell'Internazionale e del Partito Comunista d'Italia che in quel tratto ne faceva parte integrante.

Soltanto nelle vuote insinuazioni degli avversari della Sinistra, incanalati da allora sulla via dell'opportunismo, e oggi naufragati paurosamente nel rinnegamento del marxismo classista e nella politica controrivoluzionaria, la Sinistra sarebbe stata partecipe dell'errore assolutista e metafisico secondo cui il Partito Comunista non deve di altro occuparsi che di un duello tra le forze pure del capitale moderno e degli operai di azienda, dal quale sorgerà la rivoluzione proletaria, negando ed ignorando l'influenza sulla lotta sociale di ogni altra classe e di ogni altro fattore. Nella nostra recente opera di riproposizione dei cardini dell'economia marxista e del programma rivoluzionario marxista abbiamo mostrato con ampiezza come questa "fase" pura nella realtà non esiste neanche oggi e in nessun paese, nemmeno nei più densamente industriali e in quelli di più antica affermazione del dominio politico della borghesia come possono essere Inghilterra, Francia, Stati Uniti; anzi che essa non si verificherà mai in nessun posto, non essendone affatto l'attesa una condizione per la vittoria rivoluzionaria del proletariato.

E' dunque una pura scempiaggine dire che essendo il marxismo la teoria della moderna lotta di classe tra capitalisti ed operai, ed il comunismo il movimento che conduce la lotta del proletariato, noi neghiamo effetto storico alle forze sociali di altre classi, ad esempio i contadini, e alle tendenze e pressioni razziali e nazionali, e nello stabilire la nostra azione trascuriamo come superflui tali elementi.

  1. Il materialismo storico, presentando in modo nuovo ed originale il corso della preistoria, non ha solo considerato, studiato e valutato i processi di formazione di famiglie, gruppi, tribù, razze e popoli fino al formarsi delle nazioni e degli Stati politici, ma appunto ne ha dato la spiegazione come connessi e condizionati allo sviluppo delle forze produttive e come manifestazione e conferma della teoria del determinismo economico.

Indubbiamente la famiglia e l'orda sono forme che incontriamo anche presso le specie animali, e si suole dire che anche le più evolute di esse, se cominciano a presentar esempi di organizzazione collettiva a fini di comune difesa e conservazione ed anche di raccolta e provvista di alimenti, non presentano ancora una attività produttiva, che distingue l'uomo anche il più antico. Meglio sarebbe dire che distingue la specie umana non la conoscenza o il pensiero o la particella di divina luce, ma la capacità di produrre non solo oggetti da consumare, ma anche oggetti da dedicare alla ulteriore produzione, come i primi per quanto rudimentali utensili di caccia, di pesca, di raccolta di frutti, e poi di lavoro agricolo e artigiano. Questa prima necessità di organizzare la produzione dell'utensile si innesta, a caratterizzare la specie umana, con quella di dare una disciplina e una normativa al processo riproduttivo, superando la occasionalità del rapporto sessuale con forme assai più complesse di quelle che presentava il mondo animale. Soprattutto nella classica opera di Engels, cui si attingerà largamente, è mostrata la connessione inseparabile, se non la identità, dell'evolvere delle istituzioni familiari e di quelle produttive.

Nella visione marxista del corso storico umano quindi, anche prima che le classi sociali siano presenti - tutta la nostra battaglia teorica sfocia nel mostrare che esse non sono eterne; ebbero principio e avranno fine - è data la sola possibile spiegazione, su basi scientifiche e materiali, della funzione del clan, della tribù e della razza e del loro ordinarsi in forme sempre più complesse per effetto dei caratteri dell'ambiente fisico e dell'incremento delle forze produttive e della tecnica di cui la collettività viene a disporre.

  1. Il fattore storico delle nazionalità e delle grandi lotte di esse e per esse, variamente presente in tutta la storia, è decisivo all'apparire della forma sociale borghese e capitalista man mano che questa dilaga sulla terra, e Marx al suo tempo dette il massimo dell'attenzione, non minore di quella dedicata ai processi dell'economia sociale, alle lotte e guerre di sistemazione nazionale. Esistendo ormai dal 1848 la dottrina ed il partito del proletariato, Marx non dette solo la teorica spiegazione di quelle lotte secondo il determinismo economico, ma si preoccupò di stabilire i limiti e le condizioni di tempo e di luogo per l'appoggio ad insurrezioni e guerre statali indipendentiste.

Sviluppatesi le grandi unità organizzate di popoli e di nazioni, e sovrapposte ad esse ed al loro dinamismo sociale ormai differenziato in caste e classi le forme e gerarchie statali, il fattore razziale e nazionale è seguito nel suo diverso gioco nelle varie epoche storiche: schiavismo, signoria, feudalesimo, capitalismo. La sua importanza è diversa nelle varie forme, come si vedrà nella seconda parte e come tante volte si è esposto. Nella moderna epoca, in cui si è iniziato e si diffonde nel mondo il trapasso dalla forma feudale, di dipendenza personale, scambio limitato e locale, a quella borghese di servitù economica e formazione dei grandi mercati unitari nazionali, verso il mercato mondiale, la sistemazione della nazionalità secondo razza, lingua, tradizioni e cultura e la rivendicazione che Lenin riassumeva nella formula "una nazione, uno Stato" (allorché spiegava che bisognava lottare per essa ma dire che era formula borghese e non proletaria e socialista) è di forza fondamentale nella dinamica della storia. Questo che Lenin constata per il tempo prima del 1917 nell'Europa Orientale fu vero per Marx dal 1848 per tutta l'Europa Occidentale (meno l'Inghilterra) e fino al 1871, come ben noto. Ed è vero oggi fuori d'Europa in parti immense delle terre abitate, per quanto il processo sia eccitato e accelerato dalla potenza degli scambi economici e di ogni genere a scala mondiale. E' quindi attuale il problema della posizione da assumere di fronte alle tendenze irresistibili nei popoli "arretrati" a lotte nazionali di indipendenza.

Opportunismo nella questione nazionale

  1. Il nodo dialettico della questione sta non nell'identificare una alleanza nella fisica lotta ai fini rivoluzionari antifeudali tra Stati borghesi e classe e partito operaio con un rinnegamento della dottrina e della politica della lotta di classe, ma nel mostrare che anche nelle condizioni storiche e nelle aree geografiche in cui quella alleanza è necessaria e ineluttabile deve restare integra, ed essere anzi portata al massimo la critica teorica programmatica e politica ai fini e alle ideologie per cui combattono gli elementi borghesi e piccolo-borghesi.

Mostreremo nella terza e finale parte come Marx, mentre sostiene con ogni sua forza ad esempio l'indipendenza polacca o irlandese, non cessa non solo dal condannare ma dal demolire a fondo e schiacciare sotto la derisione il bagaglio idealistico dei fautori borghesi e piccolo-borghesi della giustizia democratica e della libertà dei popoli. Mentre per noi il mercato nazionale e lo Stato capitalista nazionale centralizzato sono un ponte di passaggio inevitabile alla economia internazionale che avrà soppresso Stato e mercato, per i santoni che Marx beffa in Mazzini, Garibaldi, Kossuth, Sobietsky, ecc., la sistemazione democratica in Stati nazionali è un punto di arrivo che porrà fine ad ogni lotta sociale, e si vuole lo Stato nazionale omogeneo perché in esso i padroni non appariranno nemici e stranieri ai lavoratori sfruttati. In quel momento storico il fronte ruota, e la classe operaia si getterà nella guerra civile contro lo Stato della propria "patria". Questo momento si avvicina e le sue condizioni si formano nel corso del processo delle rivoluzioni e guerre nazionali borghesi di sistemazione d'Europa (oggi anche di Asia e Africa): ecco il problema senza cessa mutevole e dai variabilissimi indirizzi che va decifrato.

  1. Opportunismo, tradimento, rinnegamento e azione controrivoluzionaria e filo-capitalista degli attuali falsi comunisti stalinisti, hanno in questo settore (non meno che in quello strettamente economico, sociale, di politica cosiddetta interna) duplice portata. Essi rimettono in auge esigenze e valori democratici nazionali, con aperti e spinti blocchi politici, anche nell'Occidente capitalista avanzatissimo ove la plausibilità di alleanze simili era esclusa dal 1871; ma inoltre diffondono nelle masse il sacro rispetto alla ideologia nazionale patriottica e popolare identificata con quella dei borghesi loro alleati, e corteggiano anzi i campioni di tale politica, che Marx e Lenin ferocemente staffilarono, proseguendo nella estirpazione di ogni senso di classe nei lavoratori che sventuratamente li seguono.

Sciocco sarebbe scambiare con una attenuante per l'infamia dei partiti che oggi pretendono rappresentare gli operai, soprattutto in Italia, col falso nome di comunisti e socialisti, il riconoscimento che è metodo marxista ammesso quello di partecipare ad alleanze nazionali rivoluzionarie da parte dei partiti operai, purché ben lontano dai confini del secolo ventesimo e dell'Europa storico-geografica. Quando nel conflitto sorto nel pieno quadro dell'Occidente sviluppato (Francia, Inghilterra, America, Italia, Germania, Austria) si praticano dallo Stato russo e da tutti i partiti della ex Terza Internazionale Comunista alleanze di guerra a turno con tutti gli Stati borghesi, non esistendo più né Napoleoni terzi, né Nicola secondi e simili, si lacera direttamente, da un lato l'Indirizzo di Marx per la Prima Internazionale alla Comune di Parigi del 1871 che chiudeva e denunziava per sempre ogni alleanza con "eserciti nazionali" in quanto "da oggi in poi confederati tutti contro il proletariato insorto", da un altro le tesi di Lenin sulla guerra 1914 e per la fondazione della Terza Internazionale, in cui si stabiliva che, iniziata la fase delle guerre generali imperialiste, nulla più avevano a che vedere con la politica degli Stati le rivendicazioni democratiche e indipendentiste, condannando insieme socialnazionali traditori di qua e di là dal Reno o dalla Vistola.

Una semplice proposta di "riapertura di termini" concessa al capitalismo, spostando il 1871, e il 1917, al 1939 e al 1953, con ulteriore proroga non calcolabile, non saprebbe avere serio ingresso senza la squalifica del metodo marxista di lettura della storia tutto intiero, agli svolti cruciali in cui la sua potenza dottrinale cominciò ad intaccare nel vivo della difesa del passato: il 1848 europeo, il 1905 russo. Di più essa urta con il rinnegamento di tutta l'analisi economica e sociale classica, nel tentativo di assimilare alle superstiti feudali forme di quel tempo i recenti totalitarismi fascisti (e anche non fascisti, al tempo della spartizione polacca!

Ma la sentenza di tradimento diametrale sta nel secondo aspetto: la obliterazione totale ed integrale di quella critica ai "valori" propri del pensiero borghese, che esaltano, come punto di sistemazione del tremendo cammino della umanità, un mondo aclassista di autonomie popolari, di nazionalità libere, di patrie indipendenti e pacifiche. Ed infatti Marx e Lenin nel momento in cui erano ancora costretti a stringer patti con i fautori di questo marcio bagaglio, portarono alla più alta virulenza la lotta per liberare la classe operaia dai feticci di patria nazione e democrazia agitati dai "santoni" del radicalismo borghese, e seppero allo svolto storico rompere con essi anche nel fatto, e quando il rapporto di forze lo permise senza pietà ne iugularono il movimento. Questi di oggi hanno ereditato la funzione di sacerdoti di quei feticci e di quei miti; non si tratta di un patto storico che romperanno più tardi del previsto, ma si tratta dell'asservimento totale alle rivendicazioni proprie della borghesia capitalista per l'optimum del regime che ne consente privilegi e potere.

La tesi interessa perché collima con la dimostrazione, data tra l'altro nel Dialogato con Stalin e in altre riunioni sul terreno della scienza economica, che la Russia di oggi è uno Stato di compiuta rivoluzione capitalistica, e che sulla sua merce sociale stanno a posto le bandiere di nazionalità e di patria, come il militarismo più esasperato.

  1. Sarebbe errore gravissimo il non vedere e il negare che nel mondo presente hanno ancora effetto ed influenza grandissima i fattori etnici e nazionali, ed è ancora attuale l'esatto studio dei limiti di tempo e di spazio in cui sommovimenti per l'indipendenza nazionale, legati ad una rivoluzione sociale contro forme precapitalistiche (asiatiche, schiaviste, feudali) hanno ancora il carattere di condizioni necessarie del trapasso al socialismo, con la fondazione di Stati nazionali di tipo moderno (ad esempio in India, Cina, Egitto, Persia, ecc.).

La discriminazione tra tali situazioni è resa difficile da un lato dal fattore dell'esterofobia determinata dallo spietato colonialismo capitalista, dall'altro da quello della estrema diffusione mondiale presente di risorse produttive e di apporto di merci ai più remoti mercati; ma alla scala mondiale il problema scottante nel 1920 anche nell'area dell'ex impero russo, di dare appoggio politico ed armato a moti indipendentisti di popoli di Oriente, non è in alcun modo chiuso.

Il dire ad esempio che il rapporto tra capitale industriale e classe degli operai salariati si pone nello stesso modo, putacaso, nel Belgio e nel Siam, e che la prassi della relativa lotta si stabilisce senza tener conto in nessuno dei due casi di fattori di razza o di nazionalità, non significa essere estremisti, ma in effetti significa non aver capito nulla del marxismo.

Non è togliendo al marxismo la sua profondità e vastità ed anche la sua dura ed aspra complessità, che si acquista il diritto di sbugiardarne, ed un giorno di abbatterne, gli spregevoli rinnegati.

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