Un caloroso saluto alla nostra sezione di lingua tedesca. Nei giorni 27-29/5, s’è tenuta a Berlino un’importante serie di riunioni, che ha segnato la ripresa (estremamente importante, come si può ben capire) del lavoro di partito in Germania. I compagni tedeschi, che ci seguono ormai da alcuni anni con impegno sempre più intenso ed entusiasta, hanno organizzato un incontro pubblico in un centro sociale del quartiere di Kreuzberg, sul tema “Esiste oggi un pericolo fascista?”, riprendendo le nostre classiche analisi su fascismo e “democrazia blindata” post-fascista, su fascismo e antifascismo, e sulla risposta di classe alla dittatura borghese in veste fascista e democratica, e ampliando il discorso alla situazione tedesca di ieri e di oggi: alla relazione è seguita una vivace discussione, che ha permesso di chiarire ancor più ai presenti (elementi interessati, di varia formazione) le posizioni del nostro partito. Un secondo incontro più ristretto con alcuni simpatizzanti poi ha toccato i temi centrali della necessità del partito rivoluzionario oggi, del suo carattere classista e internazionalista, della sua struttura e del suo metodo di lavoro. Altre riunioni (interne) sono state dedicate, in questi fitte giornate di lavoro, a precisare e sviluppare il rapporto organico sempre più stretto dei compagni tedeschi con il partito: si sono concordati quindi sia incontri futuri, interni e pubblici, sia una serie di iniziative (articoli, traduzioni, pubblicazioni) volte a diffondere le nostre posizioni in maniera sempre più regolare. Le tre giornate berlinesi sono state un passo molto importante nel senso del radicamento internazionale del partito: salutiamo dunque con calore i compagni della sezione di lingua tedesca e impegniamoci tutti a sostenere questi sviluppi decisivi!

 

Riunione interregionale del Centro-Sud. Domenica 8/5, s’é tenuta a Roma la consueta Riunione interregionale del Centro-Sud, periodico momento di lavoro collettivo, incentrato questa volta sui temi dell’intervento esterno, con particolare riferimento alla condizione proletaria oggi e ai compiti che, in questo contesto, spettano al partito, a stretto contatto con la classe e le sue lotte. La nostra stampa seguirà con sempre maggiore attenzione sia le vicende delle lotte proletarie che, nonostante l’approfondirsi della crisi e l’intensificarsi dell’attacco da parte della classe dominante e salvo casi (da salutare con entusiasmo) come quello dei lavoratori francesi, stentano ancora a svilupparsi con il necessario vigore (per le ragioni storiche e contingenti su cui siamo più volte tornati e continueremo a tornare) sia le vicissitudini dei vari tentativi, più o meno gracili, più o meno contraddittori, di organizzarsi sul piano immediato, per difendersi da quell’attacco.

 

Conferenza pubblica a Milano. Sabato 9/4, la sezione locale ha tenuto una conferenza pubblica dal titolo “Dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles, chi terrorizza chi?”. L'incontro ha fornito l'occasione per ribadire pubblicamente quello che abbiamo scritto sulla nostra stampa e sui nostri volantini in merito ai recenti attentati: essi s’inseriscono nel quadro di una crisi economica persistente, che dal 1975 in poi, conclusasi la fase di espansione economica postbellica, crea le condizioni di un nuovo scontro inter-imperialista. D'altra parte, il modo di produzione capitalistico è per sua stessa natura non armonico, il suo sviluppo è diseguale: la bramosia di profitto è alla base del continuo sfruttamento di masse immense di proletari. Contro lo stato di guerra permanente del capitale, contro le sue devastazioni e le sofferenze inflitte al proletariato, per noi comunisti non esiste altra via che il lavoro per il rafforzamento del Partito comunista internazionale, a stretto contatto con la classe proletaria, solido nell'organizzazione e rigoroso nella teoria. Non esiste altra via alle catastrofi e alle guerre sempre più sanguinose che il capitalismo produce. La conferenza è stata anche l'occasione per affilare le “armi della critica” (in attesa di passare alla “critica delle armi”) nei confronti dei partiti o gruppi di “pseudo-sinistra”, socialdemocratici, terzomondisti ecc., tutti votati all’“union sacrée”, al “socialismo nazionale”, alla “difesa della patria”. Il nostro partito invece rivendica il proprio internazionalismo e la parola d’ordine del disfattismo rivoluzionario aperto, rifiutando ogni appello all’unità nazionale e ogni manifestazione patriottica, e combattendo ogni ideologia che la borghesia utilizza per preparare le proprie guerre in nome di patria, nazione, razza, religione, democrazia, etc. Ancora più incisiva è stata la critica alle posizioni dell’“antiimperialismo di maniera”, che scendendo nel campo del nemico di classe, individua nell'imperialismo più forte (in questo momento, gli Usa) l'unico nemico e, “in attesa di tempi migliori”, simpatizza con il più debole (in questa occasione, il terrorismo islamico). A queste posizioni da "sociologia dell'assurdo", noi rispondiamo che il terrorismo islamico è esso stesso espressione e frutto dell'imperialismo, e soprattutto non vendica nessun torto proletario, ma è una delle facce (tra le più feroci, oltre tutto) che assume la borghesia: le sue azioni non sono “antimperialiste”, ma atti di guerra contro il proletariato. Come recitava un nostro volantino distribuito in occasione degli attentati di Parigi, “Nessuna solidarietà con le borghesie nazionali e con la ‘propria’ in primo luogo! L’‘Internazionale’ è il nostro inno”.

 

Conferenza pubblica e intervento a Roma. Il 2/4, i compagni romani hanno tenuto una conferenza dal titolo “Il preteso feudalesimo dell’Italia meridionale”. Si è partiti da Gramsci e dalla sua valutazione (opposta alla nostra) del fascismo come prodotto di “ceti retrivi” del Sud, un Sud in cui sarebbe stato ancora presente il retaggio di un’economia feudale: su questa base, riprendendo il pensiero liberale di Gobetti, Gramsci sosteneva che fosse mancata in Italia una “vera” rivoluzione borghese. La relazione è proseguita, mostrando come, con la deformazione delle posizioni di Marx ed Engels sulla “rivoluzione permanente” e sulle “rivoluzioni doppie”, la tattica social-patriottica seguita in pieno stalinismo da Togliatti e giunta fino ai nostri giorni sia stata quella di allearsi con la “parte progressiva” della borghesia per combattere il fascismo e, nello stesso tempo, le “vestigia arretrate” dell’Italietta nostra, nella perfetta sintesi applicata alla Resistenza come “secondo Risorgimento”, in vista della “transizione al potere” – “transizione” che, è fin troppo evidente!, si è… arrestata alla collaborazione con i governi borghesi. La nostra corrente ha combattuto fin dagli inizi queste spudorate menzogne, utili solo al tradimento e al disarmo del proletariato e della sua missione storica. S’è così ribadito che in Italia non v’è mai stato feudalesimo, tanto meno al Sud e tanto meno nelle campagne: a questo proposito, si sono ricordati alcuni aspetti della “questione agraria” e si sono precisate alcune caratteristiche dell’economia feudale, mostrandone l’assenza nell’Italia meridionale. La relazione ha poi brevemente descritto le varie vicende della “riforma agraria”, cavallo di battaglia del democristiano De Gasperi e dello stalinista Sereni, nell’Italia del secondo dopoguerra: per noi, entrambe le versioni sono altamente reazionarie, in quanto accomunate dalla consegna della “terra ai contadini” (fra l’altro, di latifondi incolti), trasformati in piccoli proprietari condannati al fallimento. Il problema dell’arretratezza del Sud, ha concluso la relazione, non dipende da sottosviluppo, ma, al contrario, è il risultato del potente sviluppo capitalistico, con tutte le contraddizioni della fase senile e parassitaria dello stadio imperialistico.

Sempre a Roma, il 24/4, il Si. Cobas ha indetto un’assemblea-dibattito sulla “lotta contro il Jobs Act francese” con la presenza di due militanti appartenenti alla sinistra del Nouveau Parti Anticapitaliste, attivi nel movimento che nel corso degli ultimi mesi ha indetto numerose manifestazioni, che, in verità, si sono limitati a informare sugli scioperi, sulle manifestazioni e iniziative in corso, sulle forze organizzate che, a vario titolo e con alterno impegno, le hanno indette (la Triplice francese: CGT, CFDT, Force Ouvrière; l’UNEF-Unione nazionale degli studenti francesi; altre sigle legate a settori più combattivi), e sull’andamento ondulatorio della partecipazione a queste ultime: 600mila persone alla manifestazione del 9 marzo, il doppio il 31 marzo, un calo netto il 9 aprile (nel corso di maggio, poi, come si può leggere nella nota pubblicata in altra parte di questo stesso numero, le manifestazioni si sono estese e hanno ripreso vigore, con scontri anche duri con le “forze dell’ordine”, statali e sindacali). Hanno inoltre accennato alla proroga dello stato emergenziale introdotto dopo gli attentati di Parigi del novembre scorso, in linea con il processo di militarizzazione della società e di controllo sui proletari e le loro lotte. Verso la fine dell’assemblea-dibattito ha preso la parola un nostro compagno e ha rimarcato quanto segue: “C’è un’offensiva convergente della borghesia internazionale che unifica le politiche governative nei vari Stati nazionali: l’attacco ai salari, alle condizioni di vita e di lavoro dei proletari; essa accomuna e accomunerà sempre più la politica nazionale di molti Stati, non solo occidentali, perché è un diretto prodotto della crisi economica mondiale che imperversa da decenni e che negli ultimi dieci anni in particolare si è ulteriormente acutizzata. Quest’intensificazione della crisi porterà a scelte politiche non solo in campo economico ma anche in campo sociale, per esempio nell’aumento della demagogia nazionalista e dello sciovinismo, che tra l’altro serve alle borghesie nazionali non solo a fini di concorrenze internazionale ma ance per dividere ancor più i lavoratori: gli immigrati dagli ‘indigeni’, i disoccupati dagli occupati, i giovani dagli anziani, ecc. Quindi, insieme all’attacco al salario, alle condizioni di vita e di lavoro, assisteremo a una sempre più estesa militarizzazione della società, a un aumento della repressione, alla crescita dello sciovinismo e del razzismo. La risposta non può che essere l’internazionalismo proletario, il superamento delle divisioni nazionali e internazionali, con il fine dell’abbattimento del modo di produzione capitalistico. La ripresa della lotta di classe servirà a far capire ai lavoratori, con l’acutizzarsi della crisi economica e sociale, che esiste un nemico comune, comune non solo ai lavoratori di uno Stato, ma ai lavoratori di tutti i paesi. Ecco perché il capitalismo si combatte e si batte solo grazie a una prospettiva internazionale. La ripresa classista a livello nazionale e internazionale darà ulteriore ossigeno alla combattività proletaria e al diffondersi delle prime scintille di coscienza politica, mettendoli sostanzialmente di fronte alla necessità di unirsi in una lotta comune. Sempre più necessaria dunque sarà la presenza, a fianco dei proletari in lotta, del partito rivoluzionario”.

 

Intervento a Belluno. A una riunione sulla situazione degli Enti Locali indetta dalle sigle sindacali e RSU il 27/4 (ricordiamo che il contratto nazionale degli E. L. è bloccato dal 2008: naturalmente, i sindacati “urlano e sbraitano”, ma non muovono un dito…), è intervenuto un nostro compagno che, in sintesi, ha detto: “Noi lavoratori del terziario e quindi non creatori di ricchezza (Pil) siamo gli ultimi arrivati nella catena della ristrutturazione: l’industria l’ha conosciuta negli anni Novanta e nel Duemila (certo, la peggiore), gli statali la stanno vivendo ora (per le Province – nonostante l’attuale casino – la legge per l’abolizione c’è, e quindi la strada è aperta), mancano all’appello gli Enti Locali… i prossimi… noi!”. E, collegandosi ai dati dell’economia mondiale, ha proseguito: “Tre dati. La Cina è con il Pil al di sotto del 7% per il 2016, per il 2017 e per il futuro: un Pil al di sotto del 7% per la Cina è recessione. L’India, ferma da anni al 6%, non denota crescita; il Brasile … in esplosione olimpionica (che cosa spera?)! Con queste tre ex-locomotive che dovevano trainare l’economia mondiale e non ce la fanno, c’è da meravigliarsi se anche il contratto degli Enti Locali dell’Italietta ne risentirà?! La nostra prospettiva è di organizzarci per essere pronti all’urto occupazionale…”. Reazioni dei presenti: facce sgomente, sguardi di sufficienza, smorfie di compassione e sorrisi accondiscendenti. Be’, aspettate e vedrete!

 

Partito comunista internazionale

                                              (il programma comunista)

 

 

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