Nel suo libro Vita di Marx, Franz Mehring riporta quanto dichiararono Marx ed Engels dopo lo scioglimento della Lega dei comunisti: “Una nuova rivoluzione è possibile soltanto in seguito a una nuova crisi. Ma è altrettanto sicura quanto questa”. Da allora, racconta Mehring, essi avevano spiato, ogni volta in modo più impaziente, i segni di una nuova crisi. E questa venne. Già nel settembre 1856 si ebbero i primi segnali. Il carattere delle lettere (da allora, ma soprattutto a partire dal novembre 1857 e per tutto il 1858, o almeno fino all’estate di quell’anno) è investito dalle questioni economiche riguardanti la crisi: una quantità di resoconti di letture, di indagini, di annotazioni di dati, di commenti e di grafici, che ci permettono di conoscere il metodo di indagine con cui essi lavorarono. Dall’estate del 1849, Marx visse a Londra, ove rimase per il resto della sua vita. Non parleremo delle condizioni in cui versò la sua famiglia negli anni della crisi, della miseria, della disperazione, delle speranze e della passione per il comunismo. Nel citare questa fonte epistolare straordinariamente importante, ci atterremo a considerazioni generali sulla crisi com’essa si presentava ai loro occhi, com’essa appariva fenomenicamente. Non conoscendo la realtà produttiva (dimensioni, fatturato, numero di proletari, capitale investito, profitti, ecc.) delle aziende di cui essi scrivono con conoscenza di causa, trascureremo di citarne i nomi. Prenderemo in considerazione, quando ci sembrano importanti, solo i dati assoluti di cui essi parlano (merci, quantità, prezzi, ecc.), che investono le aree europee e mondiali e soprattutto le grandi città industriali europee. I dati empirici osservati sono “una montagna”, ma il cervello e la passione vanno ben oltre: cercano in profondità le leggi della dinamica della realtà economica che si manifesta in quegli anni come un terremoto economico, politico e sociale. Lo scarto fra astrazione e fenomeno si chiude, gli occhi vedono ora quel che prima era invisibile. Pur avendo conosciuto e attraversato la realtà delle crisi precedenti, essi indossano occhiali speciali: la descrizione si fa prescrittiva e quindi predittiva. La sensibilità accede alla realtà dialettica dei processi oggettivi, si fa metodo di indagine e di lotta per “trasformare” il mondo. Notte dopo notte, in quei due anni, vengono tessuti da Marx i Grundrisse, i Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica. L’8 dicembre 1857 Marx scrive a Engels: “Lavoro come un pazzo le notti intere a riordinare i miei studi economici per metterne in chiaro almeno le grandi linee prima del diluvio”. Vorremmo che il lettore e soprattutto il militante leggessero queste lettere, per quanto ridotte, con la stessa passione con cui furono scritte: quella passione che, mentre segna a dito una tempesta perfetta in arrivo, traccia irrevocabilmente in essa la nostra rotta.

26 settembre 1856-13 novembre 1857

Nella lettera di Marx, datata 26 settembre 1856, allo scoppio della crisi, gli avvenimenti rappresentano una ventata di speranza dopo tanti anni di “calma piatta” e di solitudine: “Che cosa pensi della situazione del mercato monetario? […] questa volta la faccenda ha preso come non mai delle dimensioni europee, e io non credo che noi possiamo ancora restarcene qui a lungo con le mani in mano. Perfino il fatto che io sia finalmente arrivato al punto da sistemarmi di nuovo una casa e farmi venire i miei libri, mi dimostra che la ‘mobilitazione’ delle nostre persone è vicina”.

Il sisma che si sta abbattendo si rivela subito con la crisi del mercato monetario: “Il rialzo del tasso di sconto sul continente in parte è incontestabilmente legato al fatto che, in conseguenza dell’oro californiano e australiano, l’argento è salito in confronto all’oro e che perciò, ovunque oro e argento siano a base legale, i trafficanti in metalli preziosi ritirano quest’ultimo dalle banche. Ma qualunque ne sia la causa il rialzo del tasso di sconto affretta la caduta delle enormi speculazioni e, in particolare, anche quelle dell’Istituto di credito sui pegni a Parigi. Io non credo che la grande crisi monetaria duri oltre il 1857. Quei somaroni dei Britanni pensano di avere tutto in ordine rispetto al continente. A prescindere dall’intimo legame della Banca d’Inghilterra con il consorzio parigino, a questi somari sfugge che gran parte del capitale inglese è investita in crediti continentali, e che la loro ‘sana’ sovrapproduzione (quest’anno pare che le esportazioni raggiungano i 110 milioni di sterline) poggia sulla insana speculazione del continente, proprio come la loro propaganda di civiltà dal 1854 al 1856 poggiava sul colpo di Stato del 1851 [di Napoleone III, NdR]. A differenza delle crisi precedenti, questa volta la Francia ha comunque trovato il modo in cui l’imbroglio poteva essere ed è stato propagato a tutta l’Europa. In contrasto alla raffinatezza latina del sansimonismo, della speculazione sui titoli e dell’imperialismo dei francesi, la speculazione inglese interna pare tornata alla forma primitiva della semplice frode totale [...] Ora proprio questo fatto, che i Britanni speculano all’estero sotto le bandiere continentali e all’interno tornano alla semplice frode, loro lo chiamano condizione sana del commercio”.

Il giorno dopo, la lettera di Engels (27 settembre 1856) conferma la notizia che l’oro è caduto nei confronti dell’argento e che l’argento sembra sparito dalla circolazione. La crisi finanziaria incombe e con essa s’intrecciano la crisi commerciale e industriale. L’orizzonte si amplia dalla Cina alla Russia e all’India, dall’Inghilterra all’America. L’attesa del crollo dell’economia, del grande giorno che trascini tutta l’industria europea a gambe all’aria e spinga il mondo verso la guerra, non si può mettere più in dubbio: “Dopo la caotica situazione, molto argento deve essere stato seppellito o nascosto in Cina. Poi la bilancia commerciale negli ultimi tempi è stata dappertutto favorevole all’India e alla Cina nei confronti dell’Inghilterra, del continente e dell’America tutti insieme. […] Le nuvole si accumulano in modo inquietante sul mercato finanziario […] La storia di martedì scorso in banca, quando è stato ritirato un milione di oro, è significativa. Quasi ha l’aria che qualche cosa stia per scoppiare fin d’ora, ma può anche darsi che non sia altro che un preludio. In teoria, prima che possa avvenire il crollo bisognerebbe che la Russia fosse trascinata in pieno nel vortice; però questa non è cosa che ci si possa aspettare, e forse è anche meglio. Ciò che qui intralcia la speculazione è l’alto prezzo di tutte le materie prime, soprattutto seta, cotone e lana; non è affatto sicura una sia pur minima attività in questo campo. Ma i signori inglesi avranno una buffa sorpresa quando verrà il crash. Vorrei proprio sapere quante azioni di tutto questo imbroglio del continente si trovano in Inghilterra, credo una quantità enorme. Questa volta ci sarà un dies irae come non s’è mai visto, tutta l’industria europea a gambe all’aria, tutti i mercati saturi (in India già ora non si manda più niente), tutte le classi possidenti trascinate nella rovina, completo fallimento della borghesia, guerra e corruzione al massimo grado. Credo anch’io che tutto ciò si compirà nell’anno del signore 1857, e quando vidi che compravi di nuovo della mobilia, dichiarai subito che la cosa era certa e ci scommisi sopra”.

La lettera del 30 ottobre 1856 di Marx a Engels si concentra sulla crisi economica continentale e in particolare sul fallimento degli imprenditori inglesi, sullo sviluppo industriale e bancario tedesco e sui riflessi di crisi commerciali in Russia. Si tratta di semplici “notizie” che tuttavia riassumono riflessioni più profonde: “I giornali francesi sono di nuovo pieni di timori sui maneggi della perfida Albione. Ora, pare proprio che la crisi commerciale abbia la sua chiave di volta nelle ferrovie russe. Il fallimento dei signori imprenditori del ‘Palazzo dell’Industria mondiale’ [eretto per la prima Esposizione industriale internazionale di Londra nel 1851, NdR] consente di gettare uno sguardo nella partecipazione dei capitalisti inglesi alle imprese continentali. In Germania continua allegramente la fondazione di imprese industriali e di banche per azioni. La ‘National-Zeitung’ di Berlino ha pubblicato intere colonne nelle quali si enumerano soltanto i titoli di queste imprese”.

La lettera del 17 novembre 1856 di Engels a Marx rileva ancora che la crisi finanziaria in corso, ed è divenuta acuta: le fluttuazioni finanziarie, le speculazioni e le truffe sulle “società sulla carta” si rovesciano sulle banche e sui governi. La chiusa di questa lettera rivela quanto grande sia la speranza che la collera operaia possa esplodere: “Pare che la crisi finanziaria voglia protrarsi cronicamente per tutto l’inverno con alcune fluttuazioni e facendosi lentamente sempre più acuta. Ciò la renderebbe in primavera molto peggiore di quel che sarebbe se lo scoppio acuto fosse avvenuto ora. Quanto più si fanno versamenti sulle società, esistenti ora in gran parte sulla carta, quanto più capitale fluttuante viene fissato, tanto meglio. […] Quanto più a lungo dura questa depressione cronica, tante più porcherie della cricca di Bonaparte dovranno venire alla luce, e tanto maggiore si farà la collera degli operai a cui finora non potevano essere noti i particolari. […] La rivoluzione non ritroverà tanto facilmente una così bella tabula rasa. Tutti gli imbrogli socialisti esauriti, l’occupazione forzata degli operai anticipata ed esplosa da sei anni, nessuna possibilità di tentare nuovi esperimenti e nuove frasi. Anche dall’altra parte, però, le difficoltà son tutte chiare e senza veli; bisognerà acchiappare il toro direttamente per le corna, e allora vorrei proprio vedere il prossimo governo provvisorio francese come ci si romperà i denti. Fortunatamente questa volta si può fare qualche cosa soltanto col più spregiudicato coraggio, perché non si avrà più da temere un riflusso così rapido come nel 1848”.

La lettera di Marx a Engels (9 aprile 1857) conferma che la situazione di crisi, che sembrava essersi attenuata, sta nuovamente aggravandosi. La Borsa ha cominciato a cedere: “L’apparente miglioramento in Borsa sta scomparendo di nuovo. Il ‘Credito Immobiliare’ e le rendite francesi crollano, mentre vengono a galla un sacco di trufferie di società per azioni a Londra e a Parigi”.

La lettera del 6 luglio 1857 di Marx a Engels conferma che la crisi continua a far sentire i suoi effetti: “Freiligrath mi ha scritto due righe dalle quali traspare il terrore del Credit Mobilier: la continua caduta dei valori alla Borsa di Parigi, malgrado la prospettiva di un buon raccolto, ha suscitato un vero panico tra i finanzieri”.

Nella lettera a Engels del 20 ottobre 1857, scrive Marx: “La crisi americana che noi nella ‘Neue Rheinische Zeitung. Politisch-Oekonomische Revue’ presagimmo sarebbe scoppiata a New York, è magnifica. Il contraccolpo sull’industria francese è stato immediato, perché ora la seta si vende a New York a minor prezzo di quel che costi alle fabbriche di Lione. I pianti dei corrispondenti di Borsa sono originali e spassosi. Come vanno i fabbricanti di Manchester? Quelli di Glasgow, come risulta ora, hanno fatto molte spedizioni a consegna [speciale maniera di vendere dietro cambiale, usata soprattutto negli scambi d’oltremare. NdR]”.

Ed Engels a Marx, il 29 ottobre 1857: “Il crac americano è stupendo e durerà ancora un pezzo. Dobbiamo ancora aspettarci il crollo in massa delle ditte importatrici, finora pare che ne siano crollate solo alcune. Anche il contraccolpo sull’Inghilterra pare sia iniziato nella Borough-Bank di Liverpool. Tanto meglio. Il commercio è di nuovo a terra per tre o quattro anni, adesso abbiamo una prospettiva”.

La lettera del 13 novembre 1857 di Marx a Engels spiega che la crisi monetaria, che sembrava essere rientrata, a quasi un anno di distanza si è riaccesa rapidamente investendo l’economia reale, e la crisi esplode violenta: “Per quanto mi trovi personalmente in ristrettezze finanziarie, dal 1849, non mi sono sentito tanto a mio agio come con questo crollo. Inoltre […] sulla base del semplice prospetto dei tassi di sconto dal 1848 al 1854, ho dimostrato che, stando alle regole, la crisi avrebbe dovuto verificarsi con due anni di anticipo. Anche i ritardi ora si spiegano tanto logicamente che perfino Hegel avrebbe ritrovato con sua grande soddisfazione il ‘concetto’ nell’empirico divergere del mondo degli interessi finiti”.

Come si vede, l’attesa della crisi, l’analisi delle sue dinamiche, la previsione sui suoi sviluppi, le aspettative circa le sue conseguenze sociali sono fatte di rigore e passione, di cervello e di cuore. Così i comunisti nel mezzo delle bufere delle crisi.

 

 Partito comunista internazionale

                                                                           (il programma comunista)

 

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