Un recente rapporto dell’UNICEF (“La condizione dell’infanzia in Grecia 2012”), citato dalla Stampa del 5/5, ci dice che in Grecia:

  •  439mila bambini sopravvivono al di sotto della soglia della povertà (vale a dire, il 23% rispetto al totale dei minorenni);
  •  le famiglie povere sono il 20,1% del totale;
  • il 33,4% delle famiglie disagiate può contare su un unico genitore;
  •  il 28,7% delle famiglie con bambini si trova in condizioni di povertà o esclusione sociale (con un picco del 34,7% per i nuclei familiari con adolescenti);
  •  il 21% delle famiglie greche deve vivere con meno di 470 euro al mese (ma la percentuale nel frattempo potrebbe essere salita al 25%);
  •  degli 11,2 milioni di abitanti (di cui 2 milioni bambini), 2,8 milioni non hanno denaro sufficiente per far fronte alle esigenze primarie (vestiario, alimentazione, trasporti, istruzione);
  • 400mila famiglie non hanno reddito e 60mila si son dovute rivolgere alle autorità giudiziarie perché impossibilitate a pagare i debiti;
  • almeno 100mila minori sono costretti a lavorare per contribuire al bilancio domestico.

Inoltre, a dicembre 2011, il direttore dell’orfanotrofio di Atene denunciava che:

  • nel giro di poche settimane, si erano verificati 200 casi di malnutrizione tra neonati e bambini piccolissimi;
  •  si erano ripetuti i casi di bambini sentitisi male in classe per la fame e di insegnanti messisi in coda nei centri assistenziali per rimediare un pasto agli alunni.

Infine, dati OCSE ci dicono che la Grecia ha il numero più elevato di bambini sottopeso fra i paesi dell’Organizzazione.

Vengono in mente La situazione della classe operaia in Inghilterra di Engels e Il popolo dell’abisso di Jack London. E la Grecia è vicina, molto vicina…

Da parte sua, Le Monde del 4 maggio offre dati impressionanti sulla disoccupazione nella “Zona Euro”, diffusi dall’Ufficio statistiche europee (Eurostat):

  • 17,3 milioni di senza lavoro in marzo (ammontanti al 10,9% della popolazione attiva – “un record a partire dalla creazione della moneta unica”);
  •  le percentuali per i principali paesi (riferite al marzo 2012 e tutte in crescita rispetto al marzo 2011): Spagna (24,1%), Grecia (21,7%), Portogallo (15,3%), Francia (10%), Italia (9,8%) – “si salva” la Germania (5,6%), che però già in aprile vedeva salire il tasso al 6,8%;
  • a partire dal giugno 2011 la crescita della disoccupazione è stata violenta e continua in tutt’Europa.

Lasciamo pur perdere le “ricette”, le “ipotesi”, le “polemiche”, con cui esperti, tecnici e politici vorrebbero cercare una soluzione al “problema” (la “crescita”, parolina magica di oggi; il ruolo delle PMI; la flessibilità del mercato del lavoro; la “razionalizzazione” delle assunzioni, ecc.). E riportiamo piuttosto, senza commenti superflui, le parole di uno degli economisti interpellati dal quotidiano francese (Mathieu Plane, dell’Osservatorio Francese sulle Congiunture Economiche): “Senza un rilancio produttivo [ma non siamo in una crisi di sovrapproduzione di merci e capitali?!], la disoccupazione congiunturale diverrà strutturale. Quando si è senza lavoro da due anni, diventa difficile reinserirsi nel mercato del lavoro”.

Già, il migliore dei mondi possibili.

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°03 - 2012)

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