Colombia: almeno 21 morti e 24 feriti, nel crollo d’una miniera d’oro a Suarez, nella Colombia sud-orientale. Si tratta di una piccola miniera “spontanea” come ce ne sono molte nella zona: vecchie miniere riaperte dalla popolazione locale, nella speranza del “colpo di fortuna”, ma prive delle più elementari misure di sicurezza – trappole mortali per i disperati e gli affamati.

 

Italia: continua inesorabile lo stillicidio delle morti sul lavoro, mentre i media si occupano di delitti sensazionali, di beghe interne a questo o quel partito di farabutti e di sicurezza nelle metropoli. In un sol giorno, ormai, se ne contano quattro o cinque. Il 5 novembre, una lavoratrice di 46 anni è morta schiacciata da un macchinario alla Feger, fabbrica di prodotti conservieri di Angri (Salerno); un contadino è morto a San Pietro (Alto Adige); un operaio stradale è stato schiacciato da un rullo per la compattazione dell’asfalto, a Bragantino (Rovigo); un operaio edile è rimasto folgorato a Mirto Crosia (Cosenza); un lavoratore dei cantieri della metropolitana leggera è rimasto schiacciato da un escavatore a Brescia (è il secondo che vi perde la vita). Altri gravi incidenti il 9/11: a Milano, all’ospedale Niguarda; a Bolzano; a San Giorgio di Rovereto. Ma quella dei morti sul lavoro è una lista che si allunga giorno dopo giorno e a cui non si riesce letteralmente a star dietro.

 

Mar Nero: quattro navi (due petroliere e due imbarcazioni addette al trasporto di zolfo e di minerali ferrosi: autentiche carrette progettate per navigare fiumi e sotto costa e non per il mare aperto, che da anni mettono in pericolo le rotte della regione) affondano tra il Mar Nero e il Mar d’Azov, sotto i colpi di una violenta tempesta – petrolio sparso à go-go, inquinamenti micidiali, e via di seguito. E almeno venticinque marinai dispersi (e probabilmente, viste le condizioni del mare e del tempo, destinati a morte certa).

 

Dubai: mentre continua lo sciopero degli operai edili, di cui diamo notizia qui di fianco, è crollato un ponte in costruzione e dei quaranta operai al lavoro otto sono morti e tredici sono rimasti feriti, di cui nove in maniera molto grave.

 

Ukraina: dopo le tragedie dei mesi scorsi negli Stati Uniti e in Cina, nella grande miniera di carbone di Zasiadko, nel Donez (regione carbonifera per eccellenza), a mille metri di profondità, per un’esplosione dovuta al grisù, sono morti almeno settanta minatori e altri trenta risultano dispersi con scarsissime probabilità di sopravvivenza. Nella stessa miniera, erano morti 55 minatori nel 2001 e altri 50 nel 1999. Sono 4700 i minatori uccisi in Ukraina negli ultimi quindici anni: un bollettino di guerra, pura e semplice carne da cannone.

 

 Sono pochi, sparsi esempi, di altre, quotidiane vittime del capitalismo. E pensare che, mentre i proletari continuano a morire esattamente come un secolo fa, c’è chi continua a gingillarsi con le teorie sul “post-fordismo” e sul “post-industriale”!

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°06 - 2007)

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