Capitalismo è guerra”: non abbiamo mai smesso di insistere su questo punto e soprattutto sulla conclusione che ne deriva – che cioè, fin dalla fine del Secondo massacro mondiale, se ne prepara un Terzo. Quando, ottant'anni fa, affermavamo ciò, la risposta era sempre quella: “Ma voi state sulle nuvole! Siete degli inguaribili catastrofisti! Questo è pur sempre il migliore dei mondi possibili”.

E invece, nella realtà del capitale, non solo le guerre non sono mai mancate, sull'arco di questi ottant'anni, come rilevavamo nell'editoriale del n.5-6/2023 di questo giornale (“Combattere la ferocia dell'imperialismo”), ma esse mostravano che la preparazione di un terzo conflitto mondiale (si badi: preparazione non consapevole, non pianificata a tavolino, ma inscritta nelle leggi di funzionamento del modo di produzione capitalistico) era nella realtà delle cose: sul piano militare, oltre che su quello economico, sociale e ideologico. Le recentissime vicende d'Ucraina e di Palestina stanno a dimostrarlo.

Ora, la faccenda si fa ancor più esplicita. Apprendiamo, infatti (v. La Repubblica e The Guardian, del 25/1), che il generale in capo dell’esercito inglese, Sir Patrick Sanders, se n’è uscito con una serie di affermazioni che parlano chiaro: “Il Regno Unito deve reclutare e addestrare un esercito di cittadini pronti alla battaglia”. E, ricordando che altri paesi dell’Est e del Nord Europa si stanno orientando in quella direzione, ha dichiarato che “una mobilitazione nazionale [...] servirebbe anche a noi”, perché “l’aeronautica non basta. Dobbiamo essere credibili anche riguardo alla nostra forza via terra. Nei prossimi tre anni, dobbiamo arrivare a un esercito britannico di almeno 120mila unità. E comunque non basta”. Da parte sua, pochi giorni prima, il Ministro della Difesa, Grant Shapps, aveva affermato che “bisogna rendersi conto che stiamo passando da un mondo post-bellico [sic!] a uno pre-guerra”, annunciando contemporaneamente l’invio di 20mila soldati per le più grandi esercitazioni NATO dopo la fine della Guerra Fredda e confermando la soglia minima del 2,5% del Pil nella Difesa. Più espliciti di così!

Ai due, ha fatto eco, dall’altra parte della Manica, il Ministro della Difesa tedesco, il socialdemocratico Boris Pistorius, che a proposito di leva obbligatoria ha dichiarato che “dobbiamo discuterne”, e lo si farà ad aprile, aggiungendo che Berlino potrebbe anche reclutare gli stranieri, visto che “Non saremmo il primo esercito in Europa a farlo”. Intanto, il cancelliere Scholz ha già annunciato una svolta nella difesa tedesca per rimettere in sesto la Bundeswehr, l’esercito tedesco.

Naturalmente, potevano tali e tante grida di “al lupo!” lasciare indifferenti le povere marionette nostrane che credono di fare la storia? Non sia mai! Ed ecco che l’italico Ministro della difesa Crosetto s’è “immediatamente attivato” (non si dice così in gergo militar-poliziottesco?) per dire la sua. In una intervista a La Stampa del 29/1/2024, rispondendo alla domanda “Deve cambiare il ruolo delle forze armate italiane?”, Crosetto ha infatti dichiarato: “abbiamo trasformato le forze armate con l’idea che non ci fosse più bisogno di difendere il nostro territorio e che la pace fosse una conquista di fatto irreversibile. Le forze armate, in questo quadro, al massimo partecipano a missioni di pace, senza arrivare a scontri veri e propri. Ora i recinti sono stati abbattuti, non ci sono più regole”. Ergo: è necessario affrontare “lo scenario peggiore”, “doversi difendere sul proprio territorio. Altra cosa che va prevista è intervenire in Paesi lontani per difendere gli interessi italiani”. Come? con una “riserva militare”, perché “Noi non vogliamo la guerra [!!!], i riservisti non servono per fare la guerra, ma per difendersi, in supporto alle forze armate regolari, e solo nel caso, poco probabile, di un attacco diretto. [...] volontari che, in caso di necessità, possono essere attivati [appunto!] per affiancare le forze armate. I militari dovranno specializzarsi sempre di più, ma poi serve un bacino più ampio”.

Può darsi che si tratti di quelli che un tempo si chiamavano ballons d’essai, modi per tastare il terreno – ma, più che di “tastare”, si tratta di preparare il terreno. E non abbiamo dubbi che altre proposte da parte di altri Paesi seguiranno, e sarà necessario osservare con attenzione gli sviluppi, nel campo dell'economia, della società, dell’ideologia, verso un nuovo conflitto che non sarà più regionale ma mondiale.Proletari, attenti! Si prepara un nuovo massacro. Non cadete nell'inganno della “Patria in pericolo” e dello “Sforzo per sostenere l'economia nazionale rivolta alla guerra”. Mobilitatevi fin da ora per operare in modo da impedire e sabotare questa prospettiva che, giorno dopo giorno, si fa drammaticamente più vicina.

febbraio 2024

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