Non scomodiamo certo, come invece fa l’autore dell’articolo sul Manifesto del 5 gennaio, il padre della nazione cinese Mao, per il quale le masse, anche se talvolta sbagliano, portano comunque stampata nel DNA la... “ragione rivoluzionaria”.

Perché la metafora? Perché i becchini delle lotte operaie, quella stessa Fiom che ha tempo fa ha contestato la linea “poco democratica” della Cgil, usano ora la “pala democratica” per seppellire la lotta operaia. Si sono scontrati, infatti, con gli stessi operai della Powertrain di Mirafiori contestando il risultato negativo ottenuto (55% di no) nel referendum proposto dalla stessa Fiom.  Ricordiamo brevemente i fatti. Saltando pari pari i delegati di fabbrica, quelli della Fiom avevano concordato con la direzione Fiat di regolarizzare la condizione di 250 interinali, facendoli passare attraverso un contratto di apprendistato di due anni (due anni!?), invece dell’attuale “usa e getta” di fine settimana. In cambio, si accettava un aumento del numero dei turni settimanali da 15 a 17. Viste le resistenze degli operai, si ricorre al referendum. E il referendum boccia l’accordo. Apriti cielo! La Fiat che fa, vista la mala parata? Si unisce al coro della Fiom (che taccia gli operai di “egoismo”, “corporativismo”, “difesa dei propri privilegi”), licenzia 70 degli interinali e richiama da Verrone altrettanti lavoratori, che fanno i cambi per Pomigliano, fermi perché la loro fabbrica è momentaneamente chiusa. Pare che non ci sia verso di far capire (una lettera in tal senso viene spedita al Manifesto, proprio per respingere le accuse) che 17 turni sono troppi, che si vogliono il sabato e la domenica liberi per riposare e stare in famiglia, che il salario concordato contrattualmente è un salario di merda, che si può e si deve lottare perché i giovani rientrino in fabbrica, con un contratto a tempo indeterminato. L’accusa che viene rivolta agli “egoisti” (!) è che i 17 turni alcune centinaia di lavoratori “ pipistrelli” già li fanno di notte come straordinari, e che in realtà si vuole così impedire la regolarizzazione dei turni, in quanto il salario del sabato non avrebbe più maggiorazione. Altra accusa (ancor più grave!) è che i lavoratori hanno preteso di non far votare gli impiegati e i lavoratori interinali. Scandalo indicibile di “lesa democrazia operaia”!

Ritornando alla metafora, da che parte sta la “ragione rivoluzionaria”? Dalla parte della Fiom che si propone di scambiare posti di lavoro “sicuri” (?) con un aggravio della pena di lavoro, aumentando il numero dei turni? che si propone di condannare all’apprendistato per altri due anni i giovani lavoratori interinali, che già svolgono attività quando la fabbrica ne ha bisogno (al punto che, licenziati i primi, la Fiat ha trovato subito i sostituti, non apprendisti)? che consente, con i contratti passati e presenti, salari di merda, costringendo a turni straordinari per aumentare il salario, imponendo stress ed esaurimenti fisici, in attesa del prossimo “incidente” mortale? che si accoda alla denuncia dei padroni e dei media, invece di indire uno sciopero a tempo indeterminato per impedire i licenziamenti? che accusa di lesa democrazia qui lavoratori che hanno afferrato il senso dell’imbroglio democratico (perché estendere il voto a elettori “meno coscienti” come gli impiegati e gli interinali significa essere sconfitti in partenza).

 

E, allora, la “ragione rivoluzionaria” sta dalla parte dei lavoratori della Powertrain? Certo che no: essi non hanno ancora preso coscienza e realizzato che gli apparati di controllo sindacali e aziendali lavorano di concerto con lo scopo di impedire, ostacolare, combattere ogni possibilità di lotta e di difesa delle proprie condizioni di vita e di lavoro, legandoli dei proletari, legando questi ultimia vincoli, da una parte illusori  (la democrazia operaia, ad esempio), perché non si accorgano del cappio stretto intorno al collo), e dall’altra sempre più rigidi che sorreggano a sorreggere la corda. Il mezzo più diretto per prendere coscienza è quello di battersi per obiettivi di classe che portino allo smantellamento dell’intera macchina di controllo, ricostruendo ex novo le strutture organizzative di lotta, indipendenti dalla borghesia e dai suoi servi.        

 

 

Partito Comunista Internazionale
(il programma comunista n°01 - 2008)
  

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