Riproponiamo anche due testi relativi ai primi mesi dell’attività del nuovo Partito, tratti da  ”L’Ordine nuovo” e ora nei volumi della nostra Storia della Sinistra comunista.

Contro la reazione

Le masse proletarie italiane sono vivamente emozionate e percorse da un caldo slancio di solidarietà per le vittime delle persecuzioni politiche, per gli incarcerati in seguito a reati di pensiero e ad accuse di complotto contro lo Stato, o comunque sottratti con un qualsiasi pretesto alla circolazione e alla loro attività di agitatori politici.

Malatesta, Borghi, Quaglino, detenuti da mesi, con la chiara intenzione di porli nella impossibilità di proseguire l'opera loro di dirigenti del movimento anarchico e sindacalista, hanno iniziato lo sciopero della fame per ottenere che ad essi venga almeno applicata la normale procedura di cui la stessa legalità borghese dovrebbe garantirli.

Questa notizia ha giustamente commosso i lavoratori di ogni tendenza e sfumatura politica che spontaneamente tendono ad esercitare una azione efficace per ottenere la liberazione dei perseguitati. Naturalmente il metodo borghese adottato con parzialità troppo sfacciata di assolvere ad occhi chiusi tutti i bianchi che nella loro azione antirivoluzionaria trovino comodo oltrepassare i limiti delle leggi e di cogliere ed inventare pretesti inammissibili per mettere dentro i sovversivi, ha causato un vivo fermento che tende ad organizzarsi in una agitazione generale nella quale la solidarietà dei comunisti non può mancare.

Noi d'altra parte siamo in larghissima misura vittime di questi metodi della reazione. Molteplici sintomi lasciano immaginare che questa si prepara a fare del nostro partito il suo preferito bersaglio, che la lotta tra noi ed essa diverrà sempre più serrata.

Non faremo qui l'elenco dei nostri compagni arrestati e in mille modi perseguitati. In intere plaghe, in intere province imperversa una vera orgia di persecuzioni contro i comunisti, le loro associazioni, le loro sedi, i comuni da essi amministrati. In molti posti i capi sono stati direttamente colpiti. Dobbiamo ricordare l'assassinio di Lavagnini? Dobbiamo rinnovare l'espressione della nostra indignazione per quanto si compie a danno di Tuntar e dei suoi compagni di Trieste, che anche stanno conducendo lo sciopero della fame? Dobbiamo narrare ancora la incredibile odissea di Edmondo Peluso, oggi relegato senza motivo nello scoglio di Santo Stefano? Degli episodi di Milano e del diretto attentato alle sedi del nostro partito e di tutti i nostri organismi centrali diciamo, con serenità di spirito, altrove [l’assalto compiuto dalle forze di polizia e da reparti di bersaglieri alla sede centrale del PCd’I a Milano, nella palazzina del Dazio a Porta Venezia – NdR]. I mille episodi di lotta contro il fascismo, dai nostri valorosamente sostenuta, hanno lasciato strascichi di persecuzione. Un'altra figura che i proletari italiani non devono dimenticare è quella di Ersilio Ambrogi di Cecina, uno dei nostri uomini più coraggiosi e coscienti, che è tuttora detenuto per i fatti di Cecina sotto la gravissima imputazione di omicidio; e al processo del quale si frappongono tutti i mille ostacoli procedurali in cui gli agenti del governo borghese sono provetti.

Si tratta dunque di manifestazioni di un fatto generale, che va anche al di là dell'adozione di un particolare indirizzo politico da parte di un governo.

Ed appunto il Partito Comunista vuole influire perché questo problema sia affrontato a sangue freddo e a ragion veduta, con tutto il corredo indispensabile della nostra esperienza critica e sulla traccia sicura dei nostri metodi di azione, anziché affidarne la soluzione, secondo il metodo tradizionale, alle facili influenze del sentimentalismo, e ricadere in vecchissimi e deplorevoli errori.

Agitiamoci, sì; operiamo, sì, per ottenere l'obiettivo di recare il doveroso aiuto ai compagni nostri che più si sacrificarono, per restituire al movimento delle masse i suoi dirigenti. Ma evitiamo l'errore di considerare l'azione che questo risultato deve conseguire come cosa avulsa da tutto il restante quadro della nostra azione quale essa viene ad intrecciarsi con l'attuale situazione e le vaste e profonde cause che l'hanno determinata. È una illusione quella di credere che si possa indurre la classe dominante ed il suo governo a ritornare ad un regime normale, a rispettare quelle garanzie che i suoi istituti giuridici lasciano alla libertà di agire degli individui e delle collettività.

Non interpretiamo il problema come quello di riportare l'avversario nella legge, nella sua legge. Questo vorrebbe dire avvalorare l'illusione controrivoluzionaria che l'ambiente della legalità borghese si presti alla lotta di emancipazione delle masse, e se per poco nella nostra azione noi accettassimo di unirci a quei movimenti che hanno come loro patrimonio di teoria e di tattica quel fondamentale errore, noi rovineremmo tutta la nostra propaganda tra le masse, noi cadremmo nell'equivoco di mostrare di assumere o di lasciare assumere l'impegno che, se la borghesia rispetterà i limiti delle sue leggi, noi faremo dal canto nostro altrettanto. Ciò vorrebbe dire che l'imperio dell'attuale sistema costituzionale è per noi una situazione desiderabile, vorrebbe dire dimenticare che, secondo la critica marxista, la libertà che esso ostenta di concedere non è che una turlupinatura ed una risorsa conservatrice.

Ora, in bocca ai comunisti non devono trovarsi le frasi stereotipate e ridicole di libertà di opinione, di diritto individuale, e simili giaculatorie, care alla democrazia borghese e all'opportunismo socialistoide. Noi dobbiamo anche evitare di incoraggiare la tendenza in taluni elementi, prossimi ai nostri cugini sindacalisti ed anarchici, a cadere nell'abuso piccolo-borghese di quelle frasi, credendo di fare con ciò del puro estremismo.

I comunisti sono su ben altro terreno. Essi sanno che nei limiti convenzionali della legalità borghese non si ritornerà più. Essi dichiarano che la storia ha universalmente posto questo dilemma: o se ne esce per realizzare la dittatura aperta della controrivoluzione, o per fondare la dittatura rivoluzionaria del proletariato. Essi non si pongono come obiettivo di riaprire il periodo dei rapporti normali, politici e giuridici - che sarebbe, ove non fosse assurdo, il periodo del ristabilimento pacifico dei poteri e dei privilegi capitalistici - ma di sospingere il trapasso da esso al periodo del potere rivoluzionario del proletariato. I comunisti non dicono alla borghesia: bada che se non rientri nella tua legalità, faremo la rivoluzione... per conseguirla. Essi si propongono invece di varcare i limiti del potere borghese con la loro azione rivoluzionaria. Chi, come i socialdemocratici, intende restare sul terreno delle lotte civili, non sarà mai un nostro alleato.

Per lottare contro i sistemi della reazione non c'è dunque altra via che organizzarsi per spezzarli, lottando contro di essa senza esclusione di colpi. Occorre dare alla nostra azione un andamento che la renda indipendente dalle facili sanzioni del potere borghese, che colpisca più addentro e più sicuramente il sistema avversario. E quindi a ciò si ricollega tutto il problema del metodo rivoluzionario, nel quale noi non siamo coi socialdemocratici che credono di poter fare a meno dell'infrangimento della legalità borghese, non siamo coi libertari che credono che ad uno sforzo che infranga il vecchio sistema non debba seguire il costituirsi di un nuovo sistema di potere, di organizzazione disciplinata, di militarismo ed anche di polizia, ed anche di reazione contro la classe borghese.

Il problema delle vittime politiche e della lotta contro la reazione non è dunque problema incidentale e negativo, ma si riconduce al problema positivo e generale dell'azione contro l'attuale ordine di cose. Chi pensa che si possa affrontarlo al fianco dei socialdemocratici, lo pone in modo controrivoluzionario, ed opera con analogo effetto, anche se di quelli dice di essere agli antipodi.

Il partito comunista lotta contro la reazione perché lotta contro il potere borghese, anche quando questo non ecceda dalle sue funzioni "legali". Esso conduce questa lotta organizzando in tale direzione la coscienza e la forza proletaria; accettando di portarsi sul terreno della illegalità e della violenza, non perché l'abbia scelto la borghesia, ma perché è l'unico che con vantaggio possa scegliere il proletariato per accelerare il dissolversi della legalità borghese verso il momento in cui sulla sua disfatta si istituirà formidabile la legalità proletaria, alla quale non occorre legare preventivamente le mani per velleità fraseologiche. Precisamente quindi tutte le ragioni per cui il Partito Comunista è sorto e quelle che lo conducono a fissare i suoi metodi, vengono in campo quando si pone il problema di affrontare la reazione. La reazione è il potere stesso della borghesia; mai ci troveremo di fronte l'avversario con diverse e più vulnerabili armature.

È per questo che i comunisti scendono in lotta contro le prepotenze e le violenze avversarie con tutta la precisa fisionomia della loro organizzazione e della loro tattica di Partito.

 

Amadeo Bordiga, "L'Ordine Nuovo", 26 marzo 1921

(da Storia della Sinistra Comunista, Vol. III: sett.1920-giugno 1921, pp.476-478)

Contro l'offensiva della reazione

 

Lavoratori, compagni!

Il ripetersi di gravi avvenimenti dimostra che è ben lungi all'arrestarsi l'offensiva reazionaria delle bande armate borghesi. Le violenze del fascismo, la reazione larvata o aperta dell'autorità statale, non sono che uno degli aspetti del movimento generale antiproletario, che nel campo economico si manifesta con il tentativo di ridurre il salario agli operai e di inasprire le condizioni di lavoro con licenziamenti e serrate attraverso tutta una campagna di insidie e di violenze contro le organizzazioni dei lavoratori.

Più volte il nostro Partito ha dichiarato innanzi alle masse come tutto questo confermi la irreparabilità della crisi della società presente, che spinge la stessa classe dominante a provocare e sfidare il proletariato all'urto supremo. Dinnanzi al moltiplicarsi degli episodi di aggressione borghese, il Partito Comunista riconferma così questa visione generale della situazione come la tattica di cui i suoi militi già hanno tradotto e traducono in atto la parola d'ordine: rispondere colpo per colpo, con tutti gli stessi mezzi dell'avversario, combattendo l'invocazione ipocrita e la perniciosa illusione del ristabilirsi, nei quadri delle attuali istituzioni, di rapporti pacifici di convivenza delle opposte classi sociali, denunziando le pretese pacificazioni come atti di complicità con i dominatori e con gli aggressori.

Nello stesso tempo il Partito Comunista addita al proletariato, come unica via d'uscita da una situazione che ogni giorno più si inasprisce ai suoi danni e che deve essere affrontata nella sua complessità di fatto economico, sociale e politico, l'azione di tutto il proletariato, condotta realizzando il fronte unico di tutte le categorie e di tutti gli organismi locali della classe lavoratrice. A tale scopo, mentre ci atteniamo al nostro programma politico che stabilisce i capisaldi della lotta di emancipazione proletaria nell'abbattimento dello Stato borghese e nell'instaurazione della dittatura proletaria, abbiamo, per mezzo del Comitato Sindacale comunista, proposto i chiari termini e gli obbiettivi di un'azione di tutto il proletariato italiano, da perseguirsi con la proclamazione dello sciopero generale d'intesa tra i grandi organismi nazionali-sindacali. Il preciso invito da noi rivolto alla Confederazione del Lavoro, all'Unione Sindacale e al Sindacato Ferrovieri Italiani per la convocazione dei loro Consigli nazionali per discutere la precisa proposta comunista ed impostare, d'accordo tra loro, l'azione generale del proletariato, mentre ha sollevato ampia eco favorevole tra le masse, non è ancora riuscito a scuotere i dirigenti.

Il nostro Partito concreta in questa proposta il programma d'azione immediata del proletariato. Gli avvenimenti che incalzano ne mettono in evidenza la giustezza e l'efficacia. Gli altri partiti che si richiamano al proletariato, e soprattutto il Partito Socialista, oggi atrocemente colpito, malgrado le sue proteste di disarmo ideale e materiale, nella persona di un suo deputato, non esprimono alcun parere sulla nostra proposta; né d'altra parte prospettano altri programmi d'azione proletaria.

Lavoratori!

Le gesta sanguinarie delle bande bianche, che sollevano l'onda della vostra indignazione, mentre lo spettro della fame incombe su voi e sulle vostre famiglie, vi inducano a guardare in faccia la situazione.

Convocatevi nei vostri organismi per discutere ed accettare la proposta del Comitato Sindacale Comunista.

Chiedete la convocazione dei Consigli nazionali dei grandi organi proletari economici per deliberarne l'attuazione.

Esigete dai partiti e dagli uomini politici, che vi parlano degli interessi dei lavoratori sfruttati, oltraggiati e aggrediti, che si pronuncino chiaramente sullo scottante problema, che dicano il loro pensiero sull'azione che deve svolgere il proletariato.

La vostra salvezza è solo in un'azione generale diretta delle masse, che non si prefigga un'assurda conciliazione dei vostri interessi con quelli della borghesia, ma la lotta a fondo contro di questa: non il ristabilimento, ma l'abbattimento dell'ordine legale borghese.

Solo così vi salverete dalla fame, dalla reazione, dall'oltraggio, dall'aggressione che oggi infieriscono contro di voi.

Viva l'azione generale di tutto il proletariato contro l'offensiva capitalista, verso la finale vittoria rivoluzionaria!

II Comitato Esecutivo

"L'Ordine Nuovo", 28 settembre 1921

 (da Storia della Sinistra Comunista, Vol. IV: luglio 1921-maggio 1922, pp.139-141)

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